Maurizio Vicedomini, la sua indagine sul racconto

Maurizio Vicedomini, la sua indagine sul racconto

Esce per la casa editrice Les Flâneurs Sul racconto. Da Calvino a Wallace, di Maurizio Vicedomini, uno studio sulla forma breve

«Di cosa parliamo quando parliamo di racconti». L’espressione, usata da Antonio Esposito in prefazione e mutuata da uno dei geni della forma breve della contemporaneità, Raymond Carver, è la felice sinossi di un lungo studio della forma breve perseguito da Maurizio Vicedomini fin dai tempi dell’università. Un progetto audace quello della ricostruzione della genealogia della forma racconto, che trova espressione nel libro Sul racconto. Calvino, Cortázar, Hemingway, James e Wallace.

Una sacra verità: in letteratura non esistono forme pure. Ebbene, si può comprendere quanto lo studio di Maurizio Vicedomini sia stato lungo e articolato. Approdato a noi in un volume fresco, veloce e di immediata fruibilità, Sul racconto pone un quesito decisivo: «ci basta?». Insita nella domanda un’innata tensione all’esattezza, allo sfatamento dei miti della critica tradizionale, alla destrutturazione e alla conseguente (e necessaria) ricostituzione di una storia ai limiti del surreale.

«L’abitudine di studiare i testi letterari solo in quanto opere di autori illustri ha oscurato per secoli la tradizione della novella». Scriveva così Gianni Celati ne Lo spirito della novella, ricordando come la fama dell’autore spesso oscuri un necessario percorso ermeneutico, forma di allenamento primaria per la quale non si è mai troppo giovani.

Rivitalizzare la forma breve con un progressivo ma chiaro metodo maieutico è sicuramente il colpo di genio di Maurizio Vicedomini. «L’imperativo categorico di ogni scrittore che si rispetti è la cura nell’utilizzo delle parole». L’esordio di Sul racconto è il manifesto programmatico di un percorso in quattro sezioni: dalla definizione impossibile al peso della ricezione; dai racconti d’autore al close reading di David Foster Wallace.

Sul racconto: il viaggio sentimentale di Maurizio Vicedomini

Maurizio Vicedomini conosce il peso delle parole, quelle con cui intesse il filo del discorso in ambito saggistico (si ricordi il suo contributo a Il romanzo in Italia, edito da Carocci e curato da Giancarlo Alfano e Francesco de Cristofaro), così come nella narrativa. Studente, autore di racconti e saggista. Tutto confluisce in Sul racconto, dove i cenni all’esperienza di ricerca sono efficaci alla comprensione del faticoso percorso intrapreso nello studio della forma breve.

Ci si interroga dunque, interpellando le voci più autorevoli, sul ruolo del critico. Che fare di fronte al racconto? Se si definisce – e Maurizio Vicedomini ci ricorda spesso quanto sia questo un termine pericoloso – forma breve, allora in cosa differisce dalla forma lunga? A mano a mano che si procede, si opera una demistificazione di quelle teorie fondate sul principio di un ottuso manicheismo. La critica letteraria si fonda sul gradiente dal momento che, come ricorda Vicedomini, gli scrittori quando impugnano la penna lasciano nel cassetto le rigide categorie narratologiche.

Non per questo allora bisogna riporre la sonda. Dall’analisi delle condizioni sufficienti, con testimoni alla mano, si opera una ricerca delle condizioni necessarie a un inquadramento della forma breve in tutte le sue sfaccettature. Così si passa da un’apertura teorica alla decostruzione articolata in arguti giochi comparatistici, fino allo studio delle voci illustri del panorama nazionale e internazionale: Italo Calvino, Julio Cortazár, Henry James, Ernest Hemingway, David Foster Wallace.

Sul racconto è un’indagine avvincente tra le pieghe di una forma dai confini tutt’altro che definiti. «La critica della forma breve è sconfitta in partenza» ammette Maurizio Vicedomini. Una sconfitta dolce però, una prova ulteriore di quanto la letteratura sia multiforme, perché multiforme è l’umano. Non resta che divincolarsi da una categorizzazione violenta e continuare a interrogarsi. In fin dei conti, non basterà mai.

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A proposito di Carolina Borrelli

Carolina Borrelli (1996) è iscritta al corso di dottorato in Filologia romanza presso l'Università di Siena. Il suo motto, «Χαλεπὰ τὰ καλά» (le cose belle sono difficili), la incoraggia ogni giorno a dare il meglio di sé, per quanto sappia di essere solo all’inizio di una grande avventura.

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