Pelle nera, maschere bianche di Frantz Fanon | Recensione

Pelle nera, maschere bianche di Frantz Fanon | Recensione

Pelle nera, maschere bianche è un’opera saggistica dello psichiatra, antropologo e filosofo martinicano Frantz Fanon. Egli, sebbene fosse nato nella colonia francese della Martinica, ha compiuto i suoi studi in Francia e passato gli ultimi anni della sua vita in Algeria, a fianco del fronte di liberazione nazionale, e negli Stati Uniti, dove si spense precocemente nel 1961, a soli 36 anni, a causa di una leucemia. Le sue opere saggistiche si muovono nel grande spazio della decolonizzazione, ma più che da un punto di vista politico-culturale, Fanon cerca di guardare al tema da una prospettiva antropologica, filosofica, psichiatrica. I dannati della terra, la sua opera più conosciuta, e pubblicata post morte nel 1961, tratta della lotta anticoloniale e soprattutto del concetto del Terzo Mondo, nella speranza e volontà di una sua emancipazione.

Pelle nera, maschere bianche di Frantz Fanon: i contenuti

Pelle nera, maschere bianche di Frantz Fanon | Recensione

Con il titolo in lingua originale Peau noire, masques blancs, Pelle nera, maschere bianche è si un’opera saggistica, ma è innanzitutto una completa e approfondita autoetnografia di Fanon stesso. Per autoetnografia intendiamo uno studio etnografico di sé stessi, ed è quello che Fanon, dal suo punto di vista medico-psicologico, da buon psichiatra, attua nella sua scrittura. Il saggio è suddiviso in capitoli, ognuno concernente un aspetto peculiare dell’impatto avuto dal colonialismo e dalla reggenza francese sulla psiche e vita di Fanon; alcuni di essi sono più incisivi di altri, portando alla luce le problematicità cardine “dell’essere nero”, come il primo fra tutti, Il Nero e il linguaggio, o il capitolo sei, Il Nero e la psicopatologia. Altri sono derivanti da dirette e crude esperienze del filosofo-psichiatra, come il secondo La donna di colore e il Bianco, ma soprattutto il terzo, L’uomo di colore e la Bianca, in cui Fanon spiega il difficile rapporto “interraziale” nella coppia, e fa riferimento esplicito alla sua condanna di essersi interessato e uscito con una donna bianca. La sua A mo’ di conclusione, si apre con una citazione di Karl Marx, posta come epigrafe, nel significato più puro e veritiero che Fanon volesse veicolare per un’agognata rivoluzione sociale, e conclude definitivamente ribadendo la sua costante volontà e desiderio nell’interrogarsi sempre, come medico, filosofo, ma prima di tutto come uomo.

Pelle nera, maschere bianche: un’analisi sull’altro

Frantz Fanon ci dona Pelle nera, maschere bianche non solo per rendere partecipi dei suoi studi da medico psichiatra sulla questione della razza e della controversa psicologia innescata dal colonialismo, ma anche e in modo particolare per rendere consapevoli, consci sul dovere di autoanalisi e interrogazione costante di sé stessi. Con una scrittura diretta, semplice, ma di forte impatto, e con molteplici rimandi ad una letteratura mondiale di annoverati scrittori e pensatori di varie epoche, Fanon innesca a chiunque lo legga una miccia inarrestabile, un colpo al petto durissimo, che continua a far male anche dopo averlo finito di leggere, e che resta impresso nella memoria. Il colonialismo presente all’interno del saggio è il nemico da combattere, è la pianta cattiva da estirpare, è lo snodo cruciale che fa nascere la cosiddetta “nevrosi collettiva” da abbattere; tutto il pubblico delle lettrici e lettori è semplicemente chiamato a ragionare, pensare, riflettere e analizzare il fenomeno, e cercare quantomeno, come Fanon e molti altri, la via più sicura e attualizzabile di una riuscita considerevole per uno sdoganamento di secoli e secoli di indottrinamento verso un’inferiorità infondata, “dell’altro”.

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