Poesie di Salvatore Quasimodo: le 5 più belle (testo e analisi)

poesie di salvatore quasimodo

Salvatore Quasimodo (1901-1968), esponente di rilievo dell’ermetismo, è stato un poeta, scrittore e traduttore italiano, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1959. Nelle sue opere si avverte una nostalgia per l’infanzia e l’alienazione dell’uomo moderno. La sua poesia, caratterizzata da un linguaggio intenso e simbolico, esprime il disagio esistenziale e l’aspirazione alla bellezza. Ecco le 5 poesie più belle di Salvatore Quasimodo.

Le 5 poesie in sintesi

Poesia Tema principale
Ed è subito sera La solitudine universale dell’uomo e la fugacità della vita, racchiuse in tre versi fulminanti.
Ora che sale il giorno La nostalgia per un amore lontano, evocata attraverso il paesaggio siciliano e la luce dell’alba.
Già la pioggia è con noi La malinconia per il tempo che passa inesorabile, senza che l’uomo riesca a incidere veramente sul proprio destino.
Tramontata è la luna Una traduzione da Saffo che esprime il tormento d’amore e la solitudine di fronte allo scorrere del tempo.
Uomo del mio tempo Una potente denuncia della violenza e della barbarie della guerra, un appello alle nuove generazioni a rompere il ciclo dell’odio.

1. Ed è subito sera

Questa breve lirica è una delle poesie più famose di Quasimodo e parla della profonda solitudine dell’uomo. In soli tre versi, il poeta condensa la fragilità della condizione umana: ognuno è solo, illuminato per un breve istante dalla vita (un “raggio di sole”), prima che cali la sera della morte.

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.

2. Ora che sale il giorno

Questa poesia parla della solitudine e dei ricordi, in cui emerge un amore ormai lontano. Quasimodo evoca immagini della sua terra natale, la Sicilia, mescolandole con la nostalgia per un amore perduto. La luna, simbolo di irraggiungibilità, rappresenta la distanza incolmabile tra il poeta e la donna amata.

Finita è la notte e la luna
si scioglie lenta nel sereno,
tramonta nei canali.

È così vivo settembre in questa terra
di pianura, i prati sono verdi
come nelle valli del sud a primavera.
Ho lasciato i compagni,
ho nascosto il cuore dentro le vecchi mura,
per restare solo a ricordarti.

Come sei più lontana della luna,
ora che sale il giorno
e sulle pietre bette il piede dei cavalli!

3. Già la pioggia è con noi

Questa lirica parla della brevità della vita. Quasimodo utilizza immagini della natura, come la pioggia e le rondini, per evocare il tema del tempo che scorre inesorabile. La poesia è un invito a vivere il presente con consapevolezza, sottolineando la malinconia di un altro anno trascorso “senza un lamento”.

Già la pioggia è con noi,
scuote l’aria silenziosa.
Le rondini sfiorano le acque spente
presso i laghetti lombardi,
volano come gabbiani sui piccoli pesci;
il fieno odora oltre i recinti degli orti.

Ancora un anno è bruciato,
senza un lamento, senza un grido
levato a vincere d’improvviso un giorno.

4. Tramontata è la luna (da Saffo)

Questa è in realtà la traduzione di una poesia di Saffo, in cui si vede quanto la poesia di Quasimodo sia ancorata ai classici. La sua traduzione rende omaggio alla bellezza della poetessa greca, esprimendo con intensità il desiderio amoroso e la malinconia per la giovinezza che svanisce, in un letto ormai vuoto.

Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte;
anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto resto sola.

Scuote l’anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce,
e scioglie le membra e le agita,
dolce amara indomabile belva.

Ma a me non ape, non miele;
e soffro e desidero.

5. Uomo del mio tempo

Questa poesia, scritta dopo la Seconda Guerra Mondiale, parla del costante ritorno della violenza. Quasimodo lancia un appello alle nuove generazioni affinché rompano il ciclo dell’odio ereditato dai padri e costruiscano un mondo basato sull’amore e non sulla distruzione, una delle sue poesie più impegnate civilmente.

Sei ancora quello della pietra e della fionda;
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
-t’ho visto- dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
“Andiamo ai campi!”. E quell’eco fredda, tenace
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

Fonte immagine: Wikipedia


Articolo aggiornato il: 27/08/2025

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