Myricae di Pascoli: analisi, poesie e temi

myricae di Pascoli

La  raccolta Myricae di Pascoli è frutto di una lunga elaborazione, che si protrae per oltre 20 anni.

La prima edizione della raccolta Myricae di Pascoli  risale al 1891 in occasione delle nozze di un amico. Negli anni seguenti, il numero dei testi aumenta fino a un totale di 156 liriche suddivise in 5 sezioni.  Le sezioni spesso sono in opposizione tra loro: le pene del poeta / le gioie del poeta / dolcezze e tristezze.

Il titolo Myricae di Pascoli  viene da un verso del poeta latino Virgilio, che in una sua opera scrisse: «non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici». Pascoli riprende e apre la sua raccolta con questa citazione. Il verso iniziale tende a sottolineare il carattere umile e semplice di una poesia incentrata sulle piccole cose della campagna.

Myricae si presenta come una sorta di diario, di impressioni e al tempo stesso come un romanzo autobiografico. Pascoli, poeta della natura, si sofferma a descrivere con molta precisione i lavori nei campi, il canto degli uccelli e tutti gli aspetti più umili e minimi della vita quotidiana. Il suo scopo in Myricae è quello di evocare nel lettore stati d’animo e sensazioni più profonde attraverso una dimensione simbolica.

In tutta la raccolta è presente il doloroso ricordo dei lutti familiari del poeta, infatti non a caso il testo d’apertura viene intitolato Il Giorno dei Morti. Sul piano formale la raccolta Myricae di Pascoli presenta importanti innovazioni stilistiche, restando però sempre fedele alla tradizione letteraria precedente. Nella metrica Pascoli utilizza frequentemente gli enjambements e una punteggiatura che tende a spezzarsi in unità minori, creando in questo modo un ritmo frantumato e innovativo.

Inoltre Pascoli ricorre spesso a una sintassi nominale, ossia a frasi in cui manca il verbo, e utilizza frequentemente metafore, analogie e sinestesie. Il tema principale nella poetica pascoliana è il fanciullino: l’autore utilizza questa metafora ripresa da Platone per affermare che nell’animo di ogni uomo vive un fanciullino. Secondo Pascoli, mentre la maggior parte degli uomini crescendo abbandona questa dimensione infantile, il poeta resta un bambino, ossia è l’unico capace di guardare il mondo con una stupita meraviglia. Pascoli infatti con i poeti simbolisti francesi (Mallarmé, Rimbaud e Verlaine), considera la poesia una forma di conoscenza intuitiva.

La prospettiva del poeta fanciullino presente in Myricae di Pascoli  spinge il poeta a privilegiare una poesia in apparenza semplice incentrata sulle piccole cose della natura che però assumono un valore simbolico e diventano lo specchio della sensibilità inquieta. L’ottica del “fanciullino” e il richiamo dell’infanzia spiegano la predilezione di Pascoli per una poesia in apparenza semplice, incentrata sugli aspetti più quotidiani e sui particolari più minuti del paesaggio naturale: gli alberi, gli uccelli e i lavori agresti descritti con esattezza e precisione lessicale.

Questa attenzione per i dettagli serve a restituire alle singole cose il loro aspetto più autentico e arricchirle di un valore simbolico. Il mondo esterno e interpretato in chiave soggettiva. Nella poesia di Pascoli la rappresentazione della natura assume un significato ambivalente: da un lato il paesaggio è un rifugio sicuro dalle minacce del mondo esterno; dall’altro però esso è fitto di echi funebri che rinviano a lutti e sofferenze. Nella raccolta Myricae ogni particolare naturale si carica di richiami misteriosi e inquietanti: la luce degli uccellini, ad esempio, sembra rimandare alla possibilità di una comunicazione tra i vivi e i defunti, mentre i fenomeni atmosferici alludono all’incombere di una violenza senza scopo né fine.

Al vertice di questa fitta presenza di simboli, si pone il ricordo incancellabile del padre morto che diviene ha gli occhi di Pascoli emblema tangibile della violenza che pervade il mondo.

Immagine: Wikipedia

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