L’orrore della guerra: 6 poesie per non dimenticare

poesie sulla guerra

Miliardi di persone nel mondo non hanno vissuto l’orrore di una guerra, ma per molti altri questo non è un privilegio. La letteratura, e in particolare la poesia, ha da sempre il compito di dare voce a questo dolore, trasformando la sofferenza in un monito universale. Le seguenti poesie sulla guerra sono state scelte per rafforzare la consapevolezza che vede nella pace una condizione attiva, da rinnovare ogni giorno attraverso le nostre azioni.

Le prospettive della guerra in poesia

Ogni poesia offre una lente diversa attraverso cui osservare la tragedia del conflitto.

Autore e opera Prospettiva sul conflitto
G. Ungaretti, San martino del carso La distruzione totale del paesaggio e dell’anima, il dolore intimo.
E. Montale, Valmorbia La memoria sospesa e quasi onirica di un momento di quiete nella guerra.
A. Goran, Io vado, madre Il sacrificio del combattente per la libertà come seme per il futuro.
S. al-Qasim, Fino a quando avrò La resistenza culturale e l’identità come forma di lotta contro l’oppressione.
G. Rodari, Promemoria L’appello universale e semplice alla pace, rivolto all’infanzia e all’umanità.
B. Brecht, Generale, il tuo carro armato La critica al potere militare e la celebrazione del pensiero umano come sua debolezza.

1. San Martino del Carso – Giuseppe Ungaretti

Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

È il mio cuore
il paese più straziato.

Analisi: scritta nel 1916 durante la Prima Guerra Mondiale, questa poesia è un manifesto dell’Ermetismo. Giuseppe Ungaretti usa parole scarnificate per descrivere una doppia distruzione: quella fisica del paese e quella, ancora più profonda, degli affetti e dell’anima. Il dolore non è urlato ma interiorizzato, rendendo il cuore del poeta il vero epicentro della devastazione. La corrispondenza tra il paesaggio distrutto e il dolore interiore è totale.

2. Valmorbia – Eugenio Montale

Valmorbia, discorrevano il tuo fondo
fioriti nuvoli di piante agli asòli
Nasceva in noi, volti dal cieco caso,
oblio del mondo.

Tacevano gli spari, nel grembo solitario
non dava suono che il Leno roco.
Sbocciava un razzo su lo stelo, fioco
lacrimava nell’aria

Le notti chiare erano tutte un’alba
e portavano volpi alla mia grotta.
Valmorbia, un nome, e ora scialba
memoria, terra dove non annotta.

Analisi: Eugenio Montale rievoca un’esperienza della Grande Guerra con un tono quasi sognante. La poesia descrive un momento di tregua, un “oblio del mondo” in cui la natura sembra prendere il sopravvento sul rumore delle armi. Il ricordo di quel luogo, “Valmorbia”, è però “scialba”, sbiadita dal tempo, ma allo stesso tempo eterna (“terra dove non annotta”). È la memoria di un istante di pace surreale nel mezzo dell’orrore.

3. Io vado, madre – Abdulla Goran

Io vado, madre.
Se non torno,
sarò fiore di questa montagna,
frammento di terra per un mondo
più grande di questo.
[…]
Se non torno,
la mia anima sarà parola …
per tutti i poeti.

Analisi: Abdulla Goran è considerato il padre della poesia curda moderna. Questo testo è un commovente commiato di un combattente alla madre. La morte non è vista come una fine, ma come una trasformazione: il corpo diventa parte della terra per cui si lotta, e lo spirito diventa “parola”, ispirazione per le generazioni future. È un manifesto del sacrificio per la libertà, dove la lotta individuale assume un valore collettivo e immortale.

4. Fino a quando avrò – Samih al-Qasim

Fino a quando avrò pochi palmi della mia terra!
[…]
Fino a quando nel mio paese ci saranno parole arabe…
e canti popolari!
[…]
la dichiarerò… una guerra terribile
in nome degli spiriti liberi

Analisi: Il poeta palestinese Samih al-Qasim esprime il concetto di resistenza culturale. La lotta non si combatte solo con le armi, ma con la salvaguardia della propria identità, della lingua, delle tradizioni e della memoria. Finché esisteranno questi elementi, esisterà il popolo. La poesia diventa essa stessa un’arma, una dichiarazione di esistenza contro chi vorrebbe cancellarla.

5. Promemoria – Gianni Rodari

Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
[…]
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra.

Analisi: Con la sua tipica e geniale semplicità, Gianni Rodari crea un potente messaggio pacifista. Inserendo “la guerra” in un elenco di divieti assoluti, dopo una routine di azioni quotidiane e positive, la rende un’azione innaturale, un’aberrazione da escludere dalla condizione umana. Come confermato da fonti autorevoli come il sito dedicato al centenario della sua nascita, la sua opera è un invito a educare alla pace fin dall’infanzia.

6. Generale, il tuo carro armato – Bertolt Brecht

Generale, il tuo carro armato è una macchina potente
spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
[…]
Generale, l’uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.

Analisi: Bertolt Brecht, maestro del teatro epico, smonta la retorica del potere militare con una logica disarmante. Le macchine da guerra più potenti sono inutili senza le persone che le guidano. E la più grande “debolezza” dell’essere umano, dal punto di vista del potere autoritario, è la sua capacità di pensare. Il pensiero critico è l’arma più forte contro la guerra e l’oppressione, perché permette di mettere in discussione gli ordini e riconoscere la comune umanità.

Fonte immagine: Pixabay

Articolo aggiornato il: 19/10/2025

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A proposito di Salvatore Toscano

Salvatore Toscano nasce ad Aversa nel 2001. Diplomatosi al Liceo Scientifico e delle Scienze Umane “S. Cantone” intraprende gli studi presso la facoltà di scienze politiche, coltivando sempre la sua passione per la scrittura. All’amore per quest’ultima affianca quello per l’arte e la storia.

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