Dopo la Seconda guerra mondiale, il conflitto tra Unione Sovietica e Stati Uniti d’America era più acceso che mai e, per l’opinione pubblica, la paura di una guerra molto più distruttiva di quella da poco terminata era più che motivata. In realtà, però, non parliamo di un vero e proprio conflitto a fuoco, caratterizzato da bombardamenti e distruzione, ma di una guerra che viene definita fredda e che, quindi, non prevede il coinvolgimento di armi. Questa lotta si basa soprattutto sullo scontro ideologico e geopolitico per l’influenza globale: la guerra psicologica, lo sviluppo di armi da esibire, la rivalità sportiva, la corsa allo spazio, spionaggio, embarghi ed esperimenti. È proprio un esperimento in particolare, realizzato negli Stati Uniti d’America, l’oggetto di questo articolo: il cosiddetto progetto MKULTRA e le relative tecniche per il controllo mentale.
La nascita del progetto MKULTRA
Agli inizi degli anni ’50, con la Guerra fredda, la competizione tra URSS e Stati Uniti si affermò soprattutto nel campo dello spionaggio. Un evento particolare, che ebbe luogo a Mosca, suscitò l’interesse della neonata CIA, un ente di spionaggio: nella capitale sovietica ebbero luogo dei processi in cui tutti gli imputati si dichiaravano colpevoli e chiedevano di essere condannati a morte.
Gli americani, inquieti e perplessi di fronte a questa strana situazione, iniziarono a considerare che i sovietici, in qualche modo, avessero trovato una via per manipolare la mente degli individui, in maniera tale da controllarli a proprio piacimento: secondo la CIA, l’utilizzo di specifiche tecniche e di farmaci potevano indurre i sovietici ad avere controllo sugli imputati, al punto da fargli confessare ciò che loro volevano e, di conseguenza, poterli condannare a morte.
Si pensava che l’obiettivo fosse quello di creare dei falsi testimoni nei tribunali, ma quello che gli statunitensi temevano di più, era la possibilità da parte sovietica di creare delle vere e proprie spie, riuscendo a modellare la personalità dei soggetti ed utilizzarli per fare omicidi, compiere missioni o attentati.
Come risposta a questi eventi bizzarri, il capo della CIA, Allen Dulles, ottenne il permesso di realizzare un nuovo progetto che, anche in questo caso, avrebbe dovuto tenere testa all’Unione Sovietica: il progetto MKULTRA.
Qualche anno prima, tramite l’operazione Paperclip, il neopresidente americano Harry Truman reclutò i migliori medici nazisti e giapponesi, in particolare quelli dell’unità 731, e, soprattutto, poté accedere a tutte le informazioni di cui essi disponevano, perquisendo anche quelle che avevano sul controllo della mente, in cambio dell’immunità da parte degli Stati Uniti.
Il progetto fu avviato e si iniziò a ricercare, in qualsiasi modo e tramite qualsiasi droga, il modo di esercitare controllo sulla mente dei soggetti: negli esperimenti, venne approvato l’uso di uno specifico allucinogeno all’epoca poco conosciuto, una sostanza psichedelica che sembrava in grado di rendere i soggetti molto controllabili, oggi identificato come LSD.
Iniziò, quindi, un reclutamento di volontari che si sottoponevano a questi esperimenti. I test, però, non soddisfacevano la CIA: sapendo di esserne vittime, i risultati erano in qualche modo alterati dalla loro consapevolezza di assumere sostanze allucinogene. Di conseguenza, compresero che servivano soggetti ignari, persone che non sapevano di essere utilizzati per un esperimento. Così facendo violavano il documento da loro stessi siglato, il trattato di Norimberga, che non permetteva a medici e scienziati di realizzare studi su persone ignare di prendervi parte. Lo studio divenne del tutto illegale.
Gli esperimenti iniziarono ad essere realizzati, quindi, su persone inconsapevoli, che difficilmente avrebbero potuto ribellarsi: galeotti, prigionieri e tossicodipendenti. Ovviamente, nel caso in cui uno di questi individui avesse protestato sarebbe stato difficilmente creduto, in quanto pazzo, ubriaco o tossicodipendente e, di conseguenza, i medici e gli scienziati avrebbero potuto avere via libera nel mettere in atto i loro studi.
Uno di questi studi fu denominato operazione Midnight Climax e prevedeva la complicità di prostitute, all’interno di diversi bordelli, che fornivano ai malcapitati dei drink in cui vi erano disciolte potenti dosi di LSD, in modo da verificarne gli effetti. Non ancora contenti, il passo successivo degli scienziati fu quello di realizzare esperimenti sugli agenti governativi stessi, membri della CIA o agenti segreti.
Un caso specifico, però, richiamò l’attenzione sul progetto e sulle attività della suddetta organizzazione: un certo Frank Olson, un biologo statunitense coinvolto nelle attività dell’intelligence, aveva assistito a molti interrogatori estremi e ne rimase fortemente scosso, ragion per cui voleva abbandonare il progetto.
Gli atti ufficiali dicono che, come ritorsione, in una riunione del 1953, egli fu drogato con una forte dose di LSD: lo shock che subì fu tale che egli non ne venne mai fuori. Trasferito a New York dagli stessi membri della CIA per poter curare le problematiche mentali, che in seguito all’assunzione della sostanza lo avevano reso paranoico, egli si suicidò lanciandosi da un grattacielo.
Questa è la versione ufficiale fornita, anche se i familiari dello stesso Olson sostengono che egli sia stato ucciso dalla CIA e successivamente lanciato dalla struttura, poiché «sapeva troppo». Peraltro, questi ultimi avrebbero fatto credere che si trattò di un «suicidio indotto dallo stato di alterazione proveniente da assunzione di LSD». Nonostante la risonanza mediatica della vicenda, il progetto continuò.
Gli esperimenti
Ma adesso arriviamo, forse, alla parte peggiore del progetto MKULTRA, quella più cupa, che gli agenti segreti hanno cercato in tutti i modi di occultare: gli esperimenti effettivamente realizzati sui pazienti.
Dopo la vicenda di Olson, nel 1967 fu emanato il Freedom of Information act, la divulgazione di documenti riservati che includeva, tra le tante cose, informazioni sul progetto. Grazie a queste documentazioni, veniamo a conoscenza dei diversi test realizzati: i dottori sostenevano che, per poter guarire i pazienti malati di mente, bisognasse cancellarne la memoria e ricostruirla completamente, una vera e propria spersonalizzazione e riprogrammazione del cervello. Per fare ciò, gli esperimenti furono realizzati in Canada, anche per non attirare troppa attenzione mediatica e, a loro insaputa, su cavie come pazienti psichiatrici, malati di mente, tossicodipendenti, senzatetto, bambini rimasti orfani e donne.
Questi test includevano l’uso di tecniche di ipnosi, la privazione del sonno, l’utilizzo di onde sonore ed elettromagnetiche, l’uso di sostanze psicotrope (soprattutto LSD), la lobotomia, l’elettroshock fino ad aborti forzati, traumi e torture. Come detto, coloro che vi prendevano parte come “pazienti” erano, in realtà, delle vere e proprie cavie su cui gli scienziati potevano quasi del tutto agire indisturbati.
Era lo stesso concetto che i nazisti, durante i loro esperimenti, adottavano nei lager: i pazienti erano delle vittime utilizzate per implementare la conoscenza tedesca nel campo della medicina; persone le cui vite erano considerate indegne di essere vissute e che, pertanto, erano utilizzate come cavie da laboratorio.
Ufficialmente, a causa della piega che gli eventi avevano preso, gli esperimenti si sono fermati a metà degli anni ’60, per cui tutto quello che sappiamo deriva dalla documentazione in parte rivelata dal Freedom of Information act del 1967, anche se molti diffidenti sostengono che questa sia solo la punta dell’iceberg e che ci sia molto altro ancora da scoprire riguardo il progetto MKULTRA.
Fonte immagine: Freepik