Wide Sargasso Sea di Jean Rhys | Recensione

Wide Sargasso Sea (tradotta in italiano come Il grande mare dei Sargassi) è una delle più importanti opere di riscrittura postcoloniale scritta dalla dominicense, Jean Rhys, pubblicata nel 1966. Il romanzo sfida il canone letterario in quanto il suo scopo principale è quello di riscrivere la vita di un personaggio, una subalterna, Bertha Mason. La realizzazione di quest’opera scaturisce dalla lettura di un altro grande romanzo, Jane Eyre, scritto nel 1847 da Charlotte Brontë.

La riscrittura del canone
Per comprendere meglio l’opera di Jean Rhys e il motivo per cui si parla di riscrittura, potrebbe essere utile fare un passo indietro e definire il significato del termine “canone” all’interno del contesto letterario. Il canone racchiude tutti i classici, le opere e gli autori che rappresentano dei modelli con cui misurarsi. All’interno di un canone letterario rientrano tutte le opere che condividono determinati criteri di rappresentazione della realtà esterna, del pensiero collettivo e dei valori. Opere che riflettono l’identità di un pubblico vasto di lettori, in grado di riconoscersi all’interno dei suddetti classici.

Tornando quindi all’opera di Charlotte Brontë, essa viene riconosciuta come un capolavoro della letteratura inglese dell’Ottocento, inserendosi così all’interno di un canone letterario fondamentalmente eurocentrico, che non tollera l’idea di alterità. Tale canone è fondato, cioè, sull’esclusione di voci silenziate ed è proprio per questo che Jean Rhys decide di scrivere Wide Sargasso Sea, ovvero per ridare voce a una donna, Bertha Mason, la quale viene privata ingiustamente della propria vita, oltre che dell’identità e della dignità all’interno del romanzo di Charlotte Brontë.

In Jane Eye non abbiamo modo di conoscere Bertha Mason se non attraverso le parole e gli occhi di altri personaggi, compresa Jane. È evidente che l’unico sguardo attraverso cui viene osservato il personaggio di Bertha Mason è quello di una cultura dominante, europea e bianca. Non sorprende, dunque, che all’interno del romanzo di Brontë l’unico ruolo attribuibile a Bertha Mason, una donna bianca creola proveniente dalla Dominica, una colonia inglese, sia quello di subalterna. È una straniera, quindi non può che rappresentare l’idea che la cultura eurocentrica ha dell’altro, ovvero un mostro, un animale, una subalterna in quanto donna e, oltretutto, pazza che ostacola la relazione amorosa tra Jane e Rochester. Solo la sua morte può garantire il lieto fine. Non ha modo di parlare di sé e per sé, sono gli altri a parlare di lei al lettore. L’unica caratteristica che le conferisce delle sembianze umane sono gli indumenti che indossa, ma per il resto Bertha comunica e agisce come un animale selvaggio e pericoloso e, in quanto tale, viene rinchiusa e nascosta.

Jean Rhys riscrive la storia di Bertha Mason: Wide Sargasso Sea

Jean Rhys non accetta tutto questo e decide di dedicare a questa donna, Bertha Mason, un’intera opera, partendo dall’inizio, ma lascia che la storia venga raccontata attraverso lo sguardo dell’Altro, o meglio, attraverso gli occhi e le parole di Antoinette Cosway. È questo, infatti, il nome con cui nasce, ma la sua non è un’infanzia felice. Le cose migliorano quando la madre, Annette, sposa un ricco inglese, Mr. Mason, ma quest’ultimo non dà importanza ai timori della moglie, la quale avverte l’odio della popolazione nera del posto e propone di allontanarsi. In una sola notte Antoinette vede bruciare la propria casa, perde il fratello, perde Tia, la sua migliore amica e verrà allontanata dalla madre. Annette, infatti, non è in grado di reagire alla tragedia e perde del tutto il senno. Non riconosce più la figlia, viene rinchiusa in una casa con un uomo che fa di lei tutto ciò che vuole e una donna che non fa nulla per impedirlo.

Antoinette è sola, bellissima, ricca. Le resta solo il legame con la sua terra. È a questo punto che conosce l’uomo che diventerà suo marito. Di quest’uomo non viene specificato il nome, ma sappiamo che viene dall’Inghilterra e che l’unica cosa che lo spinge a sposare Antoinette sono i soldi. Riconosce la sua bellezza, ma non riesce a vedere oltre quella e i soldi ereditati.

Jean Rhys non vuole che sia Antoinette a parlarci di suo marito, bensì sarà lui stesso a raccontare in prima persona la realtà percepita attraverso il suo personale punto di vista. Questo perché la scrittrice non vuole cambiare la storia, ma offrire al suo pubblico di lettori un altro modo di vedere le cose e lasciare che siano loro a trarne delle conclusioni. Le riscritture postcoloniali, infatti, danno modo di ripensare l’Altro, di ripensare la storia senza cambiarla. Il lettore sa com’è realmente Antoinette e sa come la vede suo marito.

Non bisogna attendere molto, infatti, affinché emerga quella sensazione di disagio e inadeguatezza da parte di un uomo incapace di adattarsi alla realtà che lo circonda, una realtà in cui “everything is too much”. All’incapacità di adattamento, segue ben presto il rifiuto, non solo nei confronti del luogo in cui si trova, bensì anche della donna che ha sposato. Non riesce ad accettare la sua diversità estetica e culturale. Si sente come in trappola, spaventato, confuso e la via di fuga arriva nel momento in cui riceve una lettera da parte del fratellastro di Antoinette, il quale lo mette in guardia dal gene della pazzia che la donna avrebbe potuto ereditare da sua madre. La lettera non cambia il suo modo di vedere le cose, ma gli offre un’ulteriore chiave di lettura e un motivo in più per iniziare a mettere in atto il suo piano di fuga da quel posto e ritrovare la serenità nell’unico luogo a cui sente di appartenere, l’Inghilterra.

L’uomo ha bisogno che Antoinette sia pazza, ha bisogno che lei diventi un’altra donna, ha bisogno che lei diventi Bertha Mason, perché solo riconoscendola come pazza, diversa, “Altra”, può esercitare un potere su di lei. È nel momento in cui Antoinette viene privata di ogni affetto, di ogni certezza, della sua terra, delle sue radici, della sua identità, che realmente diventerà pazza.

La storia non può essere cambiata

Nel momento in cui tornano in Inghilterra, Jean Rhys sembra volersi ricollegare al romanzo di Charlotte Brontë. Antoinette, infatti, non si riconosce più. Viene rinchiusa in una stanza e sorvegliata notte e giorno, proprio come Bertha Mason. A tratti sembra essere cosciente, altre volte viene a conoscenza delle sue azioni solo attraverso i racconti di Grace Poole, la donna pagata per controllarla.

Il racconto oscilla continuamente tra Antoinette e Bertha Mason, così come la donna oscilla tra veglia e sonno. Il lettore è confuso e quando sembra sul punto di afferrare la verità, Antoinette si risveglia da quello che era stato soltanto un sogno e ci lascia senza una risposta, perché la storia non può essere cambiata.

Fonte immagine:  W W Norton & Co Inc editore

A proposito di Angela Ferraro

Vedi tutti gli articoli di Angela Ferraro

Commenta