La Lupa di Donatella Finocchiaro, da Verga | Recensione

La Lupa di Donatella Finocchiaro, da Verga | Recensione

Da Verga a una prospettiva attuale

Dal 5 al 10 marzo va in scena al Teatro San Ferdinando di Napoli La Lupa di Donatella Finocchiaro, la quale è sia regista che interprete della protagonista (Gnà Pina, La Lupa) della pièce. Il testo è tratto chiaramente dal tragico racconto dell’autore ottocentesco Giovanni Verga ed è riadattato nella sua versione drammaturgica da Luana Rondinelli. Oltre alla già citata rinomata attrice Finocchiaro, lo spettacolo prevede l’interpretazione di: Bruno Di Chiara (Nanni Lasca), Chiara Stassi (Mara), Ivan Giambirtone, Cosimo Coltraro, Alice Ferlito, Laura Giordani, Raniela Ragonese, Luana Rondinelli, Federica D’Amore, Roberta Amato, Giuseppe Innocente e Gianmarco Arcadipane.

La Lupa di Donatella Finocchiaro: per le donne di oggi

A proposito di La Lupa di Donatella Finocchiaro, quest’ultima commenta: «Non è uno spettacolo verista perché la Lupa è troppo erotica, troppo sessuale, troppo tutto per essere ottocentesca. Nell’adattamento del testo teatrale di Verga “usiamo” il personaggio per parlare di femminilità, di sensualità, di donne, donne con la D maiuscola e nel finale anche di femminicidio, del rapporto spesso malato tra uomo e donna, dove l’uomo si sente quasi giustificato a dover uccidere la tentazione, difendersi da questa sensualità eccessiva delle donne, percepite dall’uomo come diavoli tentatrici. In questo ritengo il testo di una contemporaneità agghiacciante».

Bisbigli maligni, sussurri ipocriti, mani che di giorno battono sul petto e di notte, in balia degli “spiriti della notte”, toccano il “peccato”: questo è il contesto attorno a cui ruota vorticoso l’universo de La Lupa di Donatella Finocchiaro, una donna allo stesso modo carnefice e vittima di un erotismo esternato liberamente, di una sensualità quasi ostentata con caparbietà secondo la volontà di viverla senza pregiudizi, a dispetto di quell’ambiente retrogrado.

Così, La Lupa di Donatella Finocchiaro è una donna che esce dalla sua scrittura ottocentesca e parla anche alle donne del presente, alle ipocrisie attuali, alla tossicità di come certe libertà vengano intese alla stregua di “tentazioni” da uccidere. Il suo è un gioco votato inevitabilmente al massacro, di sé stessa e di quanti la circondano per conseguenza ineluttabile: ella vive liberamente, che sceglie di denunciare quel finto e becero perbenismo vivendo autenticamente le proprie passioni in quanto essere umano e non meno tale solo perché donna, ma ne paga anche il prezzo finendo per costruirsi su misura una gabbia che la marchia e, alla fine, la uccide. In questo “gioco” trascina senza possibilità di salvazione tutti gli altri personaggi, nonché particolarmente Nanni Lasca, trasformando il tutto in un dramma collettivo, in una nocività che volente o nolente riguarda tutti, sia da oppressi e sia da boia.

La Lupa di Donatella Finocchiaro riesce a condensare questa dimensione tragica e, forse anche per sua definizione in quanto tale, comune anche nella resa scenica. La scenografia molto presente che definisce e amplia paradossalmente lo spazio in cui si muovono i personaggi, la Compagnia che prevede un numero degli attori effettivamente corposo, sono questi tutti elementi che si sviluppano sul palcoscenico restituendo quel senso contraddittorio di claustrofobia ed estensione dell’ambientazione della pièce. Tutto sommato, è un tipo di teatro che scarseggia sempre più oggi, differenziandosi di molto rispetto a quegli spettacoli al quale il pubblico ormai si è abituato che contano pochi attori e scenografie ridotte all’osso quasi inesistenti. Ma nonostante in virtù di ciò il ritmo sembra in alcuni punti calante, forse proprio perché si percepisce come un linguaggio-stile in un certo senso lontano, riesce a inserirsi in un disegno ben strutturato e calibrato e, soprattutto, riesce a sviluppare una tematica quanto mai attuale

Fonte immagine: Antonio Parrinello 

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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