Un futuro dove la guerra ha devastato il mondo, e l’unica speranza sembra essere racchiusa in città modello, create per garantire ordine, sicurezza e benessere assoluto. No.6, prodotta dallo studio Bones nel 2011, è una serie che in appena 11 episodi riesce a tracciare i contorni inquietanti di una società che ha barattato la libertà con il controllo, e l’imprevedibilità della vita con la perfezione programmata. Tratto da una serie di romanzi scritti da Atsuko Asano, No.6 ha saputo conquistarsi nel tempo un seguito fedele grazie a una narrazione essenziale, intensa, e una rara capacità di far riflettere. E oggi, con l’annuncio del sequel No.6: Reunion previsto per il 2025, l’interesse intorno a quest’opera è tornato a crescere, alimentando la curiosità di chi non l’ha mai dimenticata.
Trama e critica dell’anime No.6
Siamo nel 2013, in un mondo ricostruito attorno a megalopoli completamente autonome: la città di No.6 è un esempio di efficienza e progresso, dove ogni cosa è pianificata e ogni cittadino viene cresciuto secondo criteri rigidissimi. È un mondo pulito, quasi sterile, in cui l’idea stessa di conflitto è stata rimossa; ma come accade in ogni utopia, qualcosa non torna. Poco alla volta, iniziano a emergere verità che il sistema ha cercato di nascondere con ogni mezzo: malattie misteriose e sparizioni inspiegabili; tutto ciò che è scomodo viene spinto ai margini, cancellato o dimenticato. La narrazione si snoda tra l’inquietudine e la scoperta, mentre i confini tra ciò che è giusto e ciò che è legale iniziano a sfumare. Eppure, proprio nella sua corsa verso la verità, l’anime sembra inciampare sul traguardo: il finale, pur carico di tensione, appare troppo affrettato e lascia molte domande aperte. Per questo moltissimi fan attendono il sequel con ansia. Visivamente, l’animazione è curata e le scenografie urbane sono suggestive; anche il comparto sonoro contribuisce in modo significativo all’atmosfera, con musiche ben scelte e un’ending, in particolare, che resta impressa per la sua delicatezza malinconica. Ma la vera forza dell’opera sta nei temi: il controllo sociale, la manipolazione dell’informazione, la paura del diverso, la ribellione. No.6 preferisce scavare nell’intimità del conflitto interiore, nella scoperta graduale che il mondo perfetto forse non è altro che una bella bugia. Come spesso accade con gli anime tratti da opere lunghe, No.6 paga il prezzo di una durata troppo ridotta: gli 11 episodi riescono solo a sfiorare parte del materiale dei romanzi originali, lasciando indietro intere sottotrame e ignorando lo sviluppo di alcuni nodi narrativi cruciali.
Un incontro che cambia tutto
Il rapporto che nasce tra i due protagonisti principali, trasforma il contesto distopico e freddo in un racconto fatto di emozioni e fragilità condivise. I due provengono da mondi completamente opposti: Shion vive nella sicurezza e nell’ordine rigido della città di No.6, mentre Nezumi sopravvive ai margini, dove la vita è più dura. Questo incontro non è una semplice casualità, ma il momento in cui la routine perfetta di Shion viene scossa dalle verità nascoste di Nezumi. Da qui nasce un rapporto che diventa sempre più intenso, qualcosa di profondo e complesso che lascia spazio all’interpretazione senza mettere etichette precise, ma è chiaro che c’è qualcosa di molto speciale tra loro. Riescono a costruire, poco alla volta, un legame fatto di fiducia e, anche se tutto sembra remargli contro, ogni difficoltà diventa un’occasione per capirsi un po’ di più.
Differenza tra manga e anime
Quando si parla di No.6, notiamo come manga e anime raccontino sì la stessa storia, ma in modi piuttosto diversi. Il manga in particolare, si prende più tempo per approfondire i dettagli, le atmosfere e le riflessioni dei personaggi, cosa che l’anime, a causa della durata limitata, tende a semplificare. L’anime procede con un ritmo più serrato, e questo rende la visione più immediata e scorrevole, ma a volte perde quei dettagli e quelle sfumature che nel manga fanno la differenza. Nel manga, il tema del controllo sociale e della disparità tra ricchi e poveri è esplorato in modo molto approfondito; l’anime invece si concentra soprattutto sul legame tra i due protagonisti e sulle loro emozioni. Questo non significa che i temi sociali spariscano, ma vengono raccontati in modo più sintetico; è una scelta che rende la storia più coinvolgente sotto il profilo emotivo, ma che sembra lasciare indietro il tema centrale della disuguaglianza. Dal punto di vista estetico, entrambi hanno i loro punti forti: il manga, con i suoi disegni in bianco e nero, crea un’atmosfera più cupa e malinconica; le ombre e i contrasti sono pensati per far sentire il lettore dentro un mondo distopico. L’anime, invece, trasforma questa atmosfera con il colore, l’animazione, la musica e il doppiaggio. La colonna sonora e le voci aggiungono un livello di emozione che la carta non può dare, dando un tocco di calore alle scene più drammatiche.
Dopo undici episodi, il finale arriva con il giusto carico emotivo, tra cambiamento, perdita e speranza. Tuttavia, bisogna essere onesti, non tutto si chiude perfettamente. Alcuni aspetti rimangono sospesi e il mondo di No.6, così interessante e complesso, resta in parte inesplorato. Sembra quasi che l’anime abbia voluto correre verso la fine, perdendo per strada alcuni pezzi importanti, ma nonostante questo insegna che il cambiamento è possibile anche nel posto più corrotto, e che due persone, incontrandosi, possono davvero fare la differenza. Consigliato a chi ama i mondi distopici e le opere che non danno tutto per scontato, No.6 merita davvero una riscoperta.
Fonte immagine: Crunchyroll