Lo sguardo maschile – male gaze – nella settima arte è preponderante e si nasconde tra le increspature di una cultura patriarcale talmente radicata da essere difficile da individuare. Il genere horror rientra perfettamente in questo quadro. Le donne nell’horror hanno subito una transizione nel tempo, in cui sono passate dall’essere vittime, alle final girls, fino ad arrivare ad essere loro stesse assassine, mostri e psicopatiche. Fin quando sono state sempre e solo vittime non hanno mai suscitato domande o confusione perché rientravano nella normalità sociale, ma quando hanno cominciato a sopravvivere, a rivalersi e ad essere puramente malvagie verso la controparte maschile, sono diventate dei mostri.
Le prime donne nell’horror come damsels in distress
Nei primi film horror intorno agli anni ‘30 e ‘60 le donne erano rappresentate con superficialità psicologica, non erano mai davvero approfondite come personaggi a tutto tondo e finivano per essere delle donzelle in pericolo incapaci di badare a loro stesse, troppo pure per difendersi e che gonfiavano l’ego maschile che ha sempre giocato il ruolo dell’eroe salvatore.

Esempi iconici del genere in questi anni sono Nosferatu, Dracula, White Zombie e Cat People. Tutti titoli che rappresentano una figura femminile passiva, oggetto del desiderio maschile e soggetta al potere di quest’ultimo per continuare ad esistere e funzionare.
L’avvento delle Final Girls
La final girl degli anni ‘70 e ‘80 è una figura femminile che, soprattutto nel sottogenere horror slasher, sopravvive per fronteggiare il killer alla fine della storia. Il termine è stato coniato dalla studiosa Carol Jeanne Clover nel suo saggio Men, Women, and Chainsaws: Gender in the Modern Horror Film e definisce una critica culturale del gender nel panorama horror, da un punto di vista femminista. Per quanto possa apparentemente sembrare una trasformazione positiva dalla damsel in distress, in realtà è sempre legata ad una visione patriarcale della donna, a come gli uomini vogliono che una donna sia.

Infatti una final girl deve guadagnarsi questo titolo con la propria superiorità morale: deve essere una donna pura e semplice, che ripudia il sesso, le droghe e qualsiasi altro atteggiamento aggressivo che invece i suoi giovani compagni e compagne della storia hanno assunto, venendo puniti con la morte. Vedasi film come Halloween, Silent Night Bloody Night e Non aprite quella porta.
Donne nell’horror moderno e contemporaneo
A partire dalla fine degli anni ‘90 le donne diventano protagoniste mostruose ricoprendo ruoli di assassine psicopatiche, figure possedute, madri crudeli e “mostre” assassine. È con protagoniste come nei film Misery, Baise-moi, Jennifer’s body e Gone girl (solo per citarne alcuni) che questa narrativa delle donne nell’horror arriva a concludere un cerchio che porta a galla numerose domande sulla reazione di chi guarda il mostruoso femminile sullo schermo. Il termine mostruoso femminile (in inglese monstrous feminine) viene utilizzato e ampiamente studiato dalla studiosa di cinema e femminista Barbara Creed nel suo saggio The Monstrous-Feminine: Film, Feminism, Psychoanalysis del 1993. Grazie al suo studio psicoanalitico oggi possiamo dire che la paura del femminile è talmente centrale nel panorama horror da poter essere considerata una colonna portante del genere.
La fonte primaria del turbamento che le donne nell’horror suscitano risiede nella sovversione dei ruoli sociali e di genere, la rappresentazione di tabù e la perdita di controllo sul corpo femminile.

Dalla stessa matrice patriarcale, quando un uomo è il protagonista violento di un racconto horror si fa un’associazione tra maschio, forza e violenza. Non ci si chiede mai come sia potuto succedere che il protagonista sia diventato un assassino. Mentre nel momento in cui la donna ruba la scena con la propria violenza e desiderio di fare del male, ci si chiede come sia possibile. Perché la donna viene associata a valori di dolcezza, sicurezza, bontà e accoglienza. Come può una persona così amorevole e pura fare delle cose così mostruose? E nel momento in cui la donna si riprende il potere di decidere del proprio corpo, cosa succede?
Come il critico cinematografico Robin Wood disse: «Il vero soggetto del genere horror è la lotta che fa emergere tutto ciò che la nostra società reprime ed opprime».
Le figure femminili che spaventano di più
Ci sono delle figure particolari che nella società la donna ricopre, che all’interno dei film horror vengono ribaltate. Parliamo della figura della madre, della seduttrice che diviene un’assassina, delle ragazzine, delle streghe.

La figura materna positiva che diventa pericolosa e violenta suscita sgomento e paura, così come la strega che rappresenta il femminile legato al potere e dunque al controllo che la donna ha su se stessa e sugli altri, sulla sua libertà. Fa paura anche la figura di una donna forte, seduttrice che finisce per uccidere una volta raggiunto il suo scopo perché è sessualmente libera, cosciente di sé e dei propri desideri. Le ragazzine sono spesso rappresentate durante il loro passaggio all’età adulta, durante il loro periodo di pubertà, che con il risveglio sessuale e le mestruazioni viene associato a qualcosa di negativo perché il passaggio dall’innocenza a tutto quello che la donna rappresenta agli occhi del mondo patriarcale è spaventoso e brutto. Non deve succedere. Emblema di questo concetto è il film L’Esorcista.
Rimanendo nella sfera sessuale, anche i genitali sono stati rappresentati spesso nei film di questo genere, sempre simboli di paura, proibito e perdita di controllo come nei film Alien e Teeth.

Basic Instinct, Hereditary, The Babadook, Revenge e tanti altri sono rappresentazioni perfette delle donne nell’horror contemporaneo che dimostrano il punto della teoria del mostruoso femminile.
Fonte immagine: IMDb