Il rebranding di Twitter ha avuto inizio nel 2022, quando Elon Musk ha deciso di acquisire il colosso statunitense, che attraversava una forte crisi finanziaria.
Già durante il primo anno, la gestione da parte del miliardario sudafricano ha fatto discutere l’opinione pubblica per alcune scelte: il licenziamento di migliaia di dipendenti, il lancio dell’abbonamento per ricevere il badge del verificato e soprattutto il cambio del nome, passando da Twitter a X.
La scelta di un nome così anonimo si deve al passato di Elon Musk. Il CEO di Tesla aveva lanciato nel 1999 una delle prime banche online: X.com, che presto fu fusa con la rivale Confinity Inc., che lanciò Paypal. Musk ha acquistato di nuovo il dominio e ha scelto di rendere Twitter (rinominato X) la sua nuova everything app, capace di supportare non solo le discussioni, ma anche l’intelligenza artificiale, i pagamenti, lo streaming video e tanto altro.
Quello appena descritto non è stato l’unico cambiamento radicale, infatti il magnate ha scelto di eliminare l’iconico uccellino di Twitter e sostituirlo con una X bianca su sfondo nero. Il binomio tra i due elementi era semplice, ma geniale. Tweet significa cinguettio e si sposava molto bene con lo stemma dell’uccellino scelto in partenza. La forza di Twitter è stata quella di far entrare nel linguaggio neologismi come ”twittare” o “retwittare”, creando una brand identity solida in tutto il mondo.
Il rebranding di Twitter: le difficoltà di andare oltre la storia
Proprio la brand identity e la brand recognition sono un tallone d’Achille per X, che dopo due anni fa ancora fatica a trovare una sua identità. Queste difficoltà sono riscontrabili in più campi, con il social di Musk che talvolta viene nominato negli articoli specificando che si tratta dell’ex Twitter. All’interno del Google Play Store l’app è denominata “X (precedentemente Twitter)”, questo dimostra la forza persistente del brand Twitter, nonostante sia stato accantonato dal suo nuovo proprietario. Twitter permane anche nell’URL del social che fa coesistere il nuovo e il vecchio nome, dimostrando la difficoltà di raggiungere una transizione completa e convincente.
Gli utenti hanno accettato a fatica il rebranding, per divergenze politiche con Elon Musk, per scelte discutibili come l’obbligo della dark mode o semplicemente per il legame affettivo per quel social di microblogging nato nel 2006. Il feeling con i fedelissimi di Twitter non è mai decollato, infatti alcuni sondaggi dimostrano come solo poco più del 30% degli intervistati utilizzi il nome X.
Il sentiment negativo non riguarda solo gli utenti: analizzando 15.000 e-mail marketing di brand famosi si nota come addirittura il 90% di essi usi ancora il nome Twitter. Nello specifico Italia e Spagna sono tra i paesi più restii ad abbracciare il rebranding, mentre Svezia e Giappone hanno iniziato a utilizzare maggiormente la nuova dicitura.
In conclusione, l’amore tra X e i suoi utenti non sembra mai essere sbocciato. Inoltre, il social di Musk continua a collezionare gaffe con l’intelligenza artificiale Grok e a non riuscire ad arginare le fake news. Nonostante la grande ambizione dell’imprenditore sudafricano, sarà complicato riuscire a soppiantare un brand iconico come Twitter e tutto ciò che ha significato per gli utenti, indipendentemente da ogni innovazione ed evoluzione tecnologica.
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