E pensare che c’entravamo tutti, Giancarlo Marino

Giancarlo Marino

Giancarlo MarinoE pensare che c’entravamo tutti è il nome dell’ultimo lavoro di Giancarlo Marino, pubblicato dalla casa editrice Homo Scrivens.

Il piano ideativo dell’opera, che si dipana in un insieme di immagini inquietanti, è leggermente fuorviante rispetto al vero contenuto di quella che è a tutti gli effetti una raccolta di racconti; Giancarlo Marino infatti crea sì una ragnatela di avvenimenti spaventosi che fanno accapponare la pelle, ma riuscendo comunque a discostarsi dal genere horror e a rendere E pensare che c’entravamo tutti un titolo godibile per chiunque.

Appurato dunque che il lavoro di questo autore non è un romanzo con una trama continuativa ma un insieme di racconti di lunghezza molto variabile (dalle due fino a quasi cinquanta pagine), si può comunque ricercare una sorta di filo conduttore tra tutti questi frammenti.

La volontà di Marino sembra quella di unificare il mostruoso con la cultura, il creare personaggi che possano citare i grandi poeti del passato ma che allo stesso tempo siano capaci di delitti atroci.

L’Autore non riesce a cadere nella bassezza neanche dei personaggi più squallidi, conferendogli con il tono utilizzato una sorta di nobiltà anche nelle mansioni più umili e nei gesti più gretti.

Un’opera avvincente, E pensare che c’entravamo tutti di Giancarlo Marino tiene viva l’attenzione fino all’ultima pagina.

Il secondo filo conduttore è proprio in quel “tutti” annunciato dal titolo (sia del libro sia di uno dei racconti centrali della raccolta): questa parola non è un’ammissione di una qualche colpa collettiva, quanto più un grido unanime di aiuto.

Nell’opera di Giancarlo Marino nessuno si salva, nessuno ha scampo, in questi enormi barattoli pieni di distruzione ci entriamo proprio tutti, e nessuno per caso. Le tragedie dei personaggi sono ricercate dagli stessi, sono causate da un loro comportamento sbagliato, anche se spesso appaiono incomprensibili a chi legge.

I racconti si susseguono in modo più o meno equilibrato in base alla lunghezza, sono coinvolgenti e lasciano il lettore con il fiato sospeso e con un desiderio impellente di controllare se qualcuno sia alle sue spalle.

L’unico neo è forse nelle storie più lunghe, che – a causa dello stile leggermente prolisso dell’Autore – risultano per la loro lunghezza un po’ avulse da quella che si prefigge di essere una raccolta di racconti, essendo carichi di descrizioni e con uno svolgimento lento della trama.

Nonostante questo E pensare che c’entravamo tutti è un lavoro più che riuscito, assolutamente da consigliare ad amanti del genere e non!

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A proposito di Camilla Brancaccio

Venti anni, nata a Napoli, frequento il terzo anno di lettere moderne e spero di lavorare come editor di testi, un giorno. Ho la passione per la lettura e la scrittura, per il teatro e il cinema, e adoro fare nuove esperienze.

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