L’evoluzione delle canzoni rap italiane: il rap è morto, viva il rap

Michele Monina, in un pezzo per Il Fatto Quotidiano, scriveva: “Il rap è morto, viva il rap”. Una formula che gioca sul motto relativo alla longevità del monarca, ma siccome il rap è stato ciclicamente dato per morto, almeno in Italia, ed è ciclicamente risorto, è diventato una specie di nuovo canone. Il che non è errato, se non fosse che si commette l’errore di vedere un genere solo in quanto tale, sottovalutando la sua costruzione e funzione sociale.

Periodo Caratteristiche principali Artisti Rappresentativi
Anni ’90 (Origini) Conflitto tra “Old School” (purezza Hip Hop) e “Posse” (impegno politico). Kaos, Sangue Misto, Frankie HI-NRG, Articolo 31.
Anni 2000 (Mainstream) Passaggio alle major, commercializzazione e “tradimento” della scena underground. Fabri Fibra, Mondo Marcio, Marracash.
Anni 2010 – Oggi Dominio del mercato, fusione con la pop music, specchio del disagio giovanile. Salmo, Nitro, Massimo Pericolo, Ernia.
Contemporaneità (Contro-narrazione) Recupero della violenza e della crudezza del racconto dal “ghetto”. Speranza.

Gli anni ’90: Old School contro Posse

Negli anni ’90 era evidente la differenza “ideologica” tra i rapper old school (Radical Stuff, Sean, Kaos, Dj Gruff) e le Posse con i centri sociali (Lions Posse, Radio Onda Rossa). Lo scontro nasceva da modi diversi di intendere il rap italiano. Con le Posse, il genere toccava temi marcatamente politici su una base hardcore/punk. L’Hip Hop nasce come movimento culturale con un suo codice in opposizione alla cultura preesistente. Ma accade che quei valori vengano assorbiti dal mainstream.

L’approdo al mainstream e il “tradimento”

Già negli anni ’90, alcune figure di spicco firmano con le major. Nel ’93, BMG distribuisce Verba manent di Frankie HI-NRG MC. E nel ‘97 il suo brano Quelli che benpensano conquista le radio. Lo stesso farà Neffa  con Aspettando il Sole e J-Ax con la Sony. Poco dopo, Fabri Fibra, nel 2006 firma con la Universal spopolando con Applausi per Fibra dall’album Tradimento. Il titolo non è casuale: si riferisce al fatto che “darsi” al mainstream viene visto come un tradimento. Lo stesso faranno Mondo Marcio, Fedez, Marracash e così via. Il rap non è più un genere di nicchia e ha sostituito i “conflitti” generazionali con i “lifting” generazionali. Le canzoni rap italiane sembrano essersi “svuotate” di contenuto.

Il punto non è considerare il rap un genere morto per la sua commerciabilità, ma perché vive attraverso essa. Il rap, oggi, è il sintomo che sponsorizza il “prodotto”. Già Kaos One nell’album Fastidio del ’96 avvertiva un cambiamento: “L’amore per l’Hip Hop era il legame […] Ma il tempo cambia tutto e il fuoco che bruciava adesso è spento (Per la vita). E ancora: “Spazi nuovi, nuovi stili, tutti a caccia di un contratto” (Centopercento). Fabri Fibra lo ha palesato: “Oggi il rap serve solo a diventare un po’ più ricchi” (Playboy).

Il rap oggi: tra caccia al contratto e disagio giovanile

Da una parte ci sono i “veterani” come Nitro, Noyz Narcos, Mondo Marcio, Salmo e Murubutu, e dall’altra Ensi, MadMan, Massimo Pericolo, Ernia, Achille Lauro, Jesto. Scavando nel genere, ci si rende conto di due questioni. Da un lato, le canzoni rap italiane sono il terreno di caccia per “un contratto”, dall’altra sono lo specchio del disagio giovanile e delle sue mode. E le due questioni sono fuse. Uno scenario non distante da quello già descritto in Insetto Infetto da Sean, Deda e Kaos One nel ’99: “Cliché attratto, non vi è contatto qua/Sembra siano finti pure gli scazzi/E troppa gente si fa meno cazzi suoi dei paparazzi”.

Una voce dal “ghetto”: il caso di Speranza

Eppure, al di là dei vari Fedez o Massimo Pericolo, questo tipo di rap urla ancora. Un chiaro esempio è il rapper italo-francese Speranza, come potevano esserlo sulla scena campana i Sangue Mostro o i Co’Sang. La base e i testi del rapper casertano colpiscono per la violenza, per la rabbia di chi cerca di raccontare ancora qualcosa. Il tutto è connesso a un flow ibrido tra dialetto campano e francese. Tutta la “quantità industriale” che ci investe, nei testi di Speranza sembra essere usata come merce in opposizione agli altri oggetti di consumo: non Nike o Adidas, ma Givova, tuta Zeus o Legea. Si tratta di una voce che viene dal “ghetto”, esposto violentemente per offrire al pubblico la fetta di un’altra realtà che risponde alla legge del “male che si combatte con il male”.

Fonte immagine: Pixabay 

L’articolo è stato aggiornato in data 26 agosto 2025.

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A proposito di Chiara Rotunno

Sono Chiara, psicologa, classe '91, iscritta all’Ordine degli Psicologi della Campania. Appassionata fin dalla prima adolescenza al mondo della psicologia, amo cogliere la complessità dell'essere umano e confrontarmi con realtà diverse. Le mie grandi passioni sono: i viaggi, i libri, la fotografia, il cinema, l'arte e la musica.

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