I resti di quello che fu | Concerto teatrale all’Ex Asilo Filangieri

I resti di quello che fu | Concerto teatrale

Giovedì 26 maggio nel centro culturale Ex Asilo Filangieri va in scena I resti di quello che fu. Un concerto teatrale sperimentale capace di tradurre in musica e parole la rabbia, l’ossessione, la fine di una generazione, ma anche e soprattutto l’amore.

Marta Bevilacqua, Elio D’Alessandro e Giorgio Canali ci raccontano una storia di terrore e innumerevoli ingiustizie, mai caduta nell’oblio, ma che ci segue ancora e si insinua nelle menti come un pensiero intrusivo.

Lo spettacolo è scritto da Marta Bevilacqua e diretto da Francesca Cassottana. Lo scambio di rapide e taglienti battute, accompagnate da suoni disturbanti, crea un cortocircuito tra l’animo punk rock, rosso-fuoco, incarnato da Giorgio Canali, e la tenerezza di cuori innamorati e sognanti.

Nel concerto teatrale restano un amore e un’idea, che non si dileguano ma nell’aria si disperdono e ancora fecondano

I due protagonisti, illuminati da una luce calda, in uno stato di torpore, pronunciano le prime parole a metà tra il monologo interiore e una discussione di coppia. «Voglio raccontarti una storia, ma tu non la capirai»: questa è una delle prime frasi che sembrano risuonarci dentro. Il dialogo iniziale, portato avanti senza mai guardarsi negli occhi, riesce a comunicare la sensazione di solitudine e abbandono che prova chi ci ha sempre creduto e ancora ci crede, di contro a chi, disilluso, si è arreso e cammina per la sua strada, cieco.

Il G8, la fine di un rapporto, i disagi del singolo in una società contaminata, queste le tematiche affrontate dal trio di artisti ben assortito sul palco dell’Asilo. Gli orrori e le violenze – per sempre legati al ricordo di Genova nel lontano 2001 – vengono rievocati attraverso la lettura di un reportage di quegli eventi, non solo come testimonianza di cronaca nera, ma anche sotto forma di una più recente analisi antropologica. Quei giorni di acceso fervore politico, come tante altre lotte impegnate al miglioramento del pianeta, segnano la fine di un gruppo di giovani militanti, aggrappato agli ideali come a un bene comune. I tre interpreti del concerto teatrale si presentano come l’incarnazione vivente di un movimento generazionale, che, seppur inflitto da duri colpi, conserva l’audacia e il sogno.

L’unica donna sul palco alterna la durezza delle affermazioni con la delicatezza delle movenze. Così riesce a dar vita a un’armoniosa performance in grado di cullare gli spettatori come in uno stato di dormiveglia, e di risvegliare d’improvviso un senso di rivalsa e di lotta, ormai realizzabile solo sul piano individuale o piccolo-collettivo. Il 10% della popolazione è quella superstite, l’unica porzione non impegnata nella prevaricazione sull’altro. Il messaggio – in linea con quello dello spazio in cui si svolge la rappresentazione – è chiaro e diretto: salvaguardiamo questa minoranza e facciamola crescere.

I due attori-amanti con veemenza si scontrano in una gara di paure. Vince chi ha le più terrificanti o chi è il più coraggioso? Se è vero che, «secondo un attento studio scientifico», oggi siamo adulti pieni di traumi e fantasmi, dietro l’ombra dei nostri corpi fatiscenti si può scorgere una luce?

Cosa significa fine? È una semplice parola o un vero limite? Forse la fine non esiste se risuona ancora come un’ eco nelle note della chitarra di Giorgio Canali, nelle storie d’amore reali o immaginarie che noi tutti viviamo.

I tre sognatori non utopisti, in questo concerto teatrale, tirano fuori tutta l’ira e lo sconforto di chi ha dedicato la giovinezza ad amare il mondo, gli altri e le cose e non abbastanza è stato amato. Questa è la Storia che rigenera e ridesta dal sonno. Forse non tutti possono comprenderla, ma deve essere raccontata, «ad ogni costo».

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A proposito di Chiara Aloia

Chiara Aloia nasce a Formia nel 1999. Laureata in Lettere moderne presso l’Università Federico II di Napoli, è attualmente studentessa di Filologia moderna.

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