Manutsa vince il Rosa Balistreri: a settembre il nuovo album MUTA

Manutsa

Manutsa è una cantautrice che ha scelto di usare la musica come strumento di consapevolezza, per raccontare ciò che troppo spesso viene relegato ai margini: storie di donne, di dolore e di resistenza. Le sue canzoni nascono da esperienze vissute, da ferite collettive e da realtà che la toccano da vicino, trasformandosi inevitabilmente in spazi di riflessione e memoria. Ogni parola che scrive ha infatti una direzione ben precisa, un’urgenza autentica.

L’autrice e interprete palermitana Manuela Di Salvo, in arte Manutsa, ha da poco ricevuto il Premio Rosa Balistreri, un riconoscimento di grande rilevanza, carico di storia e significato. Rosa Balistreri, considerata una delle prime cantautrici italiane, ha dato voce all’insoddisfazione delle donne della sua terra, quelle costantemente emarginate, ferite e dimenticate. Oggi Manutsa raccoglie il testimone, con la stessa necessità e determinazione.

Il suo nuovo album electro-folk si intitola MUTA e uscirà a settembre. Il titolo stesso è un manifesto: muta non come silenziosa e sottomessa, ma come chi sceglie di trasformarsi e di agire, anche nel silenzio, lontano dalle dinamiche dominanti. Dopo il successo di Parru cu tia – La voce delle donne e del brano Sula – ti dissi no, ispirato a una vicenda tragica e purtroppo reale, MUTA segna un cambio di rotta, più radicale anche nel suono, ma sempre fedele a una visione artistica che è, prima di tutto, lotta e presa di posizione.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Manutsa per parlare di musica, di ferite che diventano canzoni, di dialetto, collaborazioni e battaglie ancora aperte.

Intervista a Manutsa

Ricevere il Premio Rosa Balistreri è un riconoscimento speciale, soprattutto per un’artista come lei, che dà voce alle donne e alle loro battaglie. Cosa ha provato quando ha saputo di averlo vinto? E in che modo sente di raccogliere l’eredità di Rosa Balistreri?

Certamente oltre la grande emozione ho avuto la sensazione di una forte responsabilità e di maggiore consapevolezza sul mio obiettivo. Mi sento di raccogliere la sua eredità sulle battaglie da portare avanti nel bene e nel male, attraverso il suo insegnamento porto avanti la mia battaglia, ovvero la violenza di genere e gli abusi.

Il suo nuovo album, “MUTA”, sembra segnare un cambiamento importante, non solo dal punto di vista musicale, ma anche nel messaggio che porta con sé. Cosa l’ha spinta verso questa trasformazione? E cosa dobbiamo aspettarci da questo lavoro rispetto al suo primo disco?

Muta è la applicazione della mutazione volontaria del pensiero in azione, lei tace e contemporaneamente si trasforma in una guerriera. “Io Muto e lo faccio Muta”. E l’unica cosa che dovrete aspettarvi è ciò che non vi aspettate, un non sense.

Le sue canzoni affrontano temi molto forti, come la violenza di genere, e brani come “Sula – ti dissi no” hanno un impatto emotivo potente. Quanto è difficile trasformare dolore e ingiustizia in musica? E quanto è importante per lei che la sua arte diventi uno strumento di denuncia e sensibilizzazione?

Ho sempre affrontato e trasformato dolore ed ingiustizia in musica perché è l’unico modo in cui so farlo e non mi viene difficile, anzi… mi risulterebbe più complicato cantare di leggerezza e superficialità. Per questo ne faccio strumento di denuncia; la musica è tra i mezzi più potenti per far luce su questioni sociali e usarla per sensibilizzare il pubblico è da considerarsi fondamentale. In questi casi l’arte diventa una forma di impegno civile, una piattaforma per continuare a dar voce a chi non ne ha. La denuncia attraverso l’arte non solo accresce la consapevolezza, ma può anche stimolare il cambiamento e ispirare azioni concrete e coraggiose.

Ha scelto di cantare in siciliano, una lingua che porta con sé un’identità e una storia profonde, ottenendo anche riconoscimenti come la candidatura alle Targhe Tenco. Cosa significa per lei esprimersi attraverso il dialetto? È un modo per sentirsi più vicina alle radici della sua terra o anche una forma di resistenza culturale?

Esprimersi in dialetto può avere diverse sfaccettature e significati, a seconda delle intenzioni personali. Per me è sentirmi a mio agio, il dialetto rispecchia la mia anima, ma è anche un atto di affermazione della propria unicità culturale, in un contesto contemporaneo.

Nel comunicato si parla di collaborazioni importanti per questo album. Può svelarci qualche dettaglio? Ci sono stati incontri o esperienze particolari che hanno influenzato la scrittura e la produzione di “MUTA”?

Si è vero, nel comunicato si parla effettivamente di collaborazioni significative per l’album. Gli artisti coinvolti stanno contribuendo con il loro incredibile talento e la loro meravigliosa visione, dando una spinta importante alla creazione musicale. Tuttavia non fornirò molti dettagli specifici su chi siano questi artisti, lasciando spazio alla curiosità di chi mi segue. Per quanto riguarda incontri ed esperienze, ci sono stati dei momenti di forte riflessione e di scambio che hanno avuto un forte impatto sul processo creativo. Questi momenti hanno permesso di esplorare nuove sonorità ed approfondire temi emotivi che sono diventati centrali nell’album.

Fonte immagine: Ufficio stampa

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