Ispanismi e francesismi nella parlata napoletana | Parrocchia Santa Maria della Rotonda

Parrocchia Santa Maria della Rotonda

Giovedì 24 gennaio la Parrocchia Santa Maria della Rotonda al Vomero ha ospitato la conferenza sugli ispanismi e i francesismi nella parlata napoletana. L’evento, tra ilarità e curiosità, ha coinvolto noi di Eroica Fenice e tanti appassionati in argomentazioni e acquisizioni intorno alla parlata e la scrittura napoletana, a cura del professore e giornalista Umberto Franzese, affiancato dall’architetto Franco Lista, saggista, scrittore e dialettofono napoletano.

Durante l’incontro, mediato dalla brillante Laura Bufano, sono state svelate delle vere e proprie chicche popolari e lette alcune poesie di Enzo De Simone, Eduardo De Filippo e Nazario Bruno dal simpatico Tullio del Matto.

L’appuntamento è terminato con un momento dedicato alla canzone napoletana nel mondo: i Panamagroup, duo partenopeo composto da Lorenzo e Marcello, canta “E Spingule francese” e conclude con “Maruzzella”, coinvolgendo il pubblico in una sentita partecipazione.

Il percorso tortuoso della lingua napoletana. Il convegno alla Parrocchia Santa Maria della Rotonda

Il napoletano, lingua ormai trimillenaria, ha conservato per lungo tempo il greco dorico, smantellato man mano dal latino popolare. Tante le influenze lessicali grazie ai contatti diretti con altre popolazioni, come i normanni, svevi, austriaci, angioini, e contatti indiretti con Longobardi e Arabi.

Umberto Franzese nei suoi libri ha tentato di decodificare la lingua napoletana, comprendere quali siano state le influenze più ingenti del napoletano attraverso vari convegni in sedi istituzionali, ma anche in scuole medie e superiori. Con l’unificazione del regno delle due Sicilie nel 1442 la nostra parlata sostituì il latino, resistendo per lungo tempo anche dopo l’unità d’Italia e l’avvento della monarchia sabauda. Il napoletano è stato riconosciuto come patrimonio dell’Unesco, è la seconda lingua parlata su tutto il territorio nazionale ed è famosa in tutto il mondo grazie alla canzone napoletana.

Il 22 gennaio un comunicato del Consiglio regionale della Campania approva la legge sulla salvaguardia a valorizzazione del patrimonio linguistico napoletano, su iniziativa del consigliere Emilio Borrelli e Luciano Passariello. Questa legge rappresenta un elemento identitario, che contribuirà a conservare una memoria storica tra i giovani di una vera e propria lingua, dotata di una grammatica e di una propria musicalità. Un percorso tortuoso, iniziato nel 2006 e che ha visto protagonisti vari studiosi della lingua, come Nicola De Blasi e Carlo Iandolo.

Franco Lista, architetto e scrittore, prima di introdurre le argomentazioni sul tema, confessa con orgoglio di essere “dialettofono puro” e di tradurre all’occorrenza in italiano ciò che in realtà pensa in napoletano. Franco sottolinea non solo l’importanza della lingua madre, ma anche l’assoluta inseparabilità del linguaggio dal pensiero, dello strumento dal contenuto, concetto espresso nel Settecento da Herder, ma in realtà già presente nel Trecento in quello che potrebbe essere considerato il primo linguista campano, San Paolino da Nola, che scrive nelle sue lettere ai padri della chiesa “Il sapore del pensiero si gusta nelle parole”.

Francesismi

Il francese nel Settecento era la lingua ufficiale delle corti, la lingua della diplomazia, la lingua del secolo dei lumi, degli intellettuali. Dopo secoli di dominazione i termini francesi sono stati trasformati e accolti in quella particolare condizione fonetica della lingua napoletana, lingua profondamente vocalica. La presenza dei francesi nella città si è alternata con quella d’altri popoli dominatori, per cui si è avuto un afflusso di francesismi di superstrato che si sono amalgamati con quelli non diretti e con quelli d’altre lingue (soprattutto lo spagnolo), creando sovrapposizioni che ostacolano ancor più l’individuazione sicura della via d’assunzione. Tra i francesismi più comuni: accattare da acheter (comprare), allummare da allumer (accendere), ampressa da empresser (pressare), ammucciare da se musser (nascondersi), appriesso da après (dopo) e tanti altri.

Ispanismi

La penetrazione dei prestiti dalla lingua spagnola nel napoletano è stato un fenomeno che si è evoluto nel corso dei secoli, raggiungendo nel’500 e ‘600 il periodo di maggiore influsso. Tre secoli e mezzo di spagnoli a Napoli non potevano non influenzare e indirizzare tutti i settori della società cittadina, lingua parlata e scritta compresa. Vediamo alcuni esempi di parole che si sono introdotte nel nostro linguaggio: abbuffà (gonfiare) da bofar (soffiare, gonfiare), ammuinà/ammuìna (fare confusione/Fastidi) da Amohinar (infastidire, irritare), arravuglià/Arrevugliato ( Avvolgere/Avvolto ) da arrebujar-arrebucarse ( Avvolgere-Avvolgersi ).

Un incontro, più che una conferenza quello svoltosi alla Parrocchia Santa Maria della Rotonda, che si è trasformata in una lezione interattiva  e che ha saputo avvicinare saperi popolari e accademici, ricordandoci che la lingua modella la mente e ci connette con il mondo, diventandone il suo principale strumento interpretativo. Come diceva Humboldt e ci ricorda Franzese, “La lingua di un popolo è il suo spirito. E il suo spirito è la sua lingua.

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