Tutto nacque il primo settembre del 1961. Questa data fu un punto di svolta per tutto il sistema globale, poiché nacque il Movimento degli Stati non Allineati. Il movimento, nacque per quegli Stati che si consideravano non allineati, o contro, le principali potenze mondiali. Questa marginalità ha fatto sì che si potesse creare una terza via, oltre al bipolarismo degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, di rappresentazione della realtà circostante, né liberal-democratica né comunista. Questa è la prima spiegazione sociologica alla creazione dei BRICS.
L’acronimo, che unisce Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, era nato come formula economica, come terzo polo per un nuovo mercato. Tuttavia, recentemente è diventato un vero e proprio progetto geopolitico. I BRICS si stanno allargando soprattutto in Medio Oriente e in Africa del Nord e di fatto stanno cercando di instaurare un’alternativa all’ordine internazionale Occidentale.
Come si può ben vedere dallo sgambetto di Trump all’Europa (dazi al 30% e al tavolo con Putin da solo), il continente europeo sta sempre di più vivendo un ruolo marginale dal punto di vista decisionale e sembra essere sempre più dipendente dalle scelte statunitensi.
L’Europa che arretra e la sfida della periferia
L’Unione Europea rimane, di fatto, una delle prime potenze commerciali mondiali. Ciò che risulta estremamente difficile è trasformare questa influenza economica in influenza politica. In altre parole, l’Europa ha un problema di coesione interna che non le permette di esplicitare la propria potenza all’interno del sistema internazionale.
Un esempio fattuale è la Guerra Russo-Ucraina: inizialmente gli Stati Uniti d’America hanno spinto l’Europa a vendere armi al popolo ucraino, ponendo alcune severe sanzioni alla Russia, con la speranza che Putin avesse pagato le sanzioni ed estinto il debito con il quale sono state comprate le armi.
Ad oggi, non solo la Russia non si è mai degnata di pagare le sanzioni, ma ci sono stati imposti anche dazi ingenti che rappresentano un danno per la nostra economia. In più dal punto di vista politico siamo stati completamente scavalcati dal Racoon. Dunque, è possibile affermare che l’Europa dipende dalle prese di posizioni statunitensi (politiche ed economiche) e ha una forte dipendenza militare dalla NATO.
In tutto questo, l’Italia gioca un ruolo estremamente periferico, incapace di incidere realmente sulla direzione della politica estera europea. La domanda sorge spontanea: “È necessario aprirsi a nuove alleanze? Magari i BRICS?”
I BRICS sono una valida alternativa?
Non bisogna immaginare i BRICS come un blocco che ha interessi unilaterali anzi, spesso e volentieri, gli interessi divergono su molte tematiche. Se c’è un interesse comune, è quello di proporre un modello internazionale alternativo rispetto a quello Occidentale.
Di fatto i BRICS sono anche composti da tutti quei Paesi del Sud del Mondo che, a causa delle azioni occidentali, si impoveriscono sempre di più. I BRICS hanno, dunque, la capacità di attrarre questi Paesi che sono stanchi di vivere in un ordine internazionale ingiusto.
Quali sono le manovre dei BRICS?
- Strumenti finanziari di supporto nei confronti dei Paesi del Sud Globale
- Rafforzamento della cooperazione internazionale Sud-Sud
L’obbiettivo è costruire un nuovo ordine multipolare, con maggiore inclusione. Un’eventuale apertura dell’Italia nei confronti dei BRICS non significa assolutamente una rottura con l’UE, ma piuttosto la creazione di uno spazio con maggiore autonomia. Roma potrebbe trarne vantaggio sia per accesso ad un nuovo mercato energetico e sia per accesso a nuovi mercati emergenti in generale.
Il Mediterraneo come chiave di lettura
Il rischio, dunque, è una schiacciante marginalità europea e una estrema pressione delle potenze globali. Se l’Italia volesse evitare tutto ciò, dovrebbe riscoprire il suo ruolo nel Mediterraneo.
Un’eventuale alleanza tra Italia e BRICS potrebbe rappresentare un punto di svolta: l’Egitto e l’Arabia Saudita giocherebbero un ruolo strategico, dal punto di vista economico e politico, che potrebbe arrecare grandi benefici al contesto italiano.
In più, in contesti come costo dell’energia e infrastrutture (dove l’Italia da tempo non eccelle), il Bel Paese avrebbe più autonomia e fungerebbe da ponte tra Europa e Sud Globale.
Il dilemma è esplicito: rimanere ancorati al contesto Europeo, che a sua volta è estremamente dipendente dagli Stati Uniti, oppure aprirsi a nuove alleanze.
I limiti sono molteplici:
- rischio di frizioni con i partner europei e occidentali;
- isolamento politico;
- isolamento economico.
La vera sfida è il tentativo di creare una politica estera più autonoma, capace di saper trasformare l’attuale marginalità europea in una nuova centralità globale.
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