Dopo la devastazione della Prima Guerra Mondiale, il mondo dell’arte europea e italiana visse una profonda trasformazione. Il periodo del Ritorno all’Ordine nacque proprio in questo contesto: un tentativo di riportare equilibrio e stabilità dopo gli eccessi sperimentali delle avanguardie. Non si trattava di un semplice recupero della classicità, ma di un modo per combinare la tradizione con nuove forme espressive, dando vita a un’arte contemporanea ma radicata nella storia.
Artisti come Carlo Carrà, dopo aver abbandonato il Futurismo, si avvicinarono alla pittura metafisica e riscoprirono la tradizione italiana, ispirandosi a Giotto e Paolo Uccello. Questa fusione tra modernità e classicità rappresenta perfettamente lo spirito del Ritorno all’Ordine, dove la figura umana e la composizione ordinata diventano strumenti per esprimere equilibrio e armonia in tempi incerti. Carrà, insieme a Mario Sironi e altri, cercava di creare un’arte capace di riflettere il mondo reale, ma allo stesso tempo di offrire una forma di sicurezza e stabilità.
Il Ritorno all’Ordine nella pittura italiana
Opere come “La Maternità” di Gino Severini (1916) mostrano già questo cambio di rotta: l’artista, che fino a quel momento esplorava Futurismo e Cubismo, sceglie temi più tradizionali come la maternità, ma con una visione laica e moderna. La pittura torna a essere figurativa, con un approccio che privilegia chiarezza e ordine compositivo, ma senza rinunciare alle innovazioni del linguaggio moderno. Qui emerge l’idea di un’arte più meditativa e riflessiva, lontana dall’euforia dinamica dei futuristi.
Anche Mario Sironi diventa un protagonista centrale: dipinti come “Paesaggio Urbano” (1922) e “L’Allieva” (1924) combinano monumentalità classica e geometrie moderne, raccontando le città e le persone con una stilizzazione che trasmette solidità e introspezione. Sironi predilige figure statiche, corpi scultorei e spazi architettonici rigidi, evocando un senso di stabilità e controllo. Questa attenzione al rigore formale e alla monumentalità è una delle caratteristiche principali del Ritorno all’Ordine italiano.

Un altro esempio è Felice Casorati, che in opere come “Meriggio” (1923) e “Dopo l’orgia” (1928) rilegge la classicità rinascimentale in chiave moderna, creando composizioni sospese e contemplative. Nei suoi lavori, la luce morbida e uniforme conferisce calma e introspezione, mentre i personaggi diventano simboli di solitudine, riflessione e resilienza, valori centrali in un’epoca segnata dalla guerra e dalle tensioni sociali.
Il Ritorno all’Ordine e l’influenza del regime
In Italia, il Ritorno all’Ordine si sviluppa nello stesso periodo della nascita del Fascismo, che influenzò l’arte con una forte attenzione alla monumentalità e alla propaganda. Alcuni artisti, come Mario Sironi, parteciparono a opere pubbliche, mosaici e edifici monumentali, mentre altri come Carlo Levi o la Scuola Romana seguirono percorsi più indipendenti e critici, concentrandosi su intimità, fragilità e denuncia sociale.
Un ruolo particolare lo ebbe l’Istituto Luce, fondato nel 1924, che documentava parate, cerimonie e eventi pubblici, diffondendo immagini e film che consolidavano l’immaginario del regime fascista. Attraverso questa macchina di comunicazione, il regime cercava di legare arte e politica, trasformando artisti e opere in strumenti di propaganda. Tuttavia, molte correnti artistiche riuscirono a mantenere autonomia espressiva, come dimostrano le opere di Carlo Levi in Lucania, che raffigurano la vita quotidiana e le difficoltà delle persone comuni, lontane dalla retorica ufficiale.

Il Ritorno all’Ordine tra classicismo e modernità
Il movimento non significava rigidità: piuttosto, rappresentava la volontà di creare un equilibrio tra tradizione e innovazione. Carrà, Severini, Sironi e Casorati dimostrano come sia possibile reinterpretare la classicità con uno sguardo contemporaneo, affrontando temi sociali, urbani e familiari. Opere come “Michelino” di Carlo Levi (1936) e i ritratti della Scuola Romana mostrano la capacità di raccontare la realtà attraverso un linguaggio che unisce monumentalità, semplicità e profondità emotiva.

Conclusioni
Il Ritorno all’Ordine non fu solo un movimento artistico, ma una risposta alla crisi del Novecento, capace di conciliare sperimentazione e stabilità, modernità e tradizione. Attraverso pittura, mosaici e architettura, gli artisti di questo periodo crearono un’arte che parlava della condizione umana, delle città, delle famiglie e della società, offrendo una prospettiva equilibrata in tempi di grande incertezza.
Fonte immagine: depositphotos

