Arte camp: come si collega alla comunità LGBTQIA+

arte camp

Ormai da anni, la comunità LGBTQIA+ rappresenta tutti coloro che esulano dal binarismo di genere e dall’eteronormatività.  Ciò ha fatto in modo che le tematiche inerenti alla categoria si diffondessero anche nell’arte, in cui, tra l’altro, sono sempre state presenti, anche se restando in sordina. In particolare un tipo di arte ancora poco noto, strettamente legato a questa cultura è l’arte camp. Ma cos’è il camp?

Cos’è il camp

Va detto in primis che ci sono molte teorie su quale sia il concetto di arte camp, ma sarà Susan Sontag, negli anni Sessanta, una delle prime a fare chiarezza sulla questione, nel suo saggio Notes on Camp. Nell’opera si parla dell’arte camp come di una celebrazione e rivalutazione dell’eccesso, dell’artificio, e soprattutto di come nel camp sia essenziale il concetto di parodia, un’estremizzazione di quella che è la cosiddetta normalità. L’autrice definisce il camp “a solvent of morality”, un solvente della moralità, e proprio questo allontanamento dalla morale tradizionale è il centro della questione, poiché era proprio questa stessa morale che rifiutava le persone che non rispettavano i generi socialmente costituiti e le metteva ai margini. Ma il camp, come dice sempre Sontag, annullava la morale stessa, creando una realtà dove tutti potessero sentirsi inclusi, dove tramite lo scherzo e la leggerezza si poteva rappresentare una categoria da sempre esclusa. Sontag parla di persone gay e non della comunità LBTQIA+, perché essa, come definizione, è molto più recente, ma in ogni caso questo discorso si adegua perfettamente ai nuovi concetti di genere e orientamento, che in realtà il camp ha sempre rappresentato anche senza usarne la definizione.

Esempi di arte camp

Il camp può indicare quindi nell’arte tutto ciò che è eccesso, artefatto, soprattutto riguardo la mascolinità e la femminilità, come l’estremizzazione di caratteristiche tradizionalmente appartenenti ai due generi, o al contrario si sofferma anche su ciò che supera la dualità di genere e non è più né maschile né femminile. Ecco perché un ottimo esempio di arte camp è senza dubbio il musical cult The Rocky Horror Picture Show, che si prende gioco delle imposizioni sociali sul genere, costituendo un microcosmo in cui tutte le regole sociali sono sovvertite e in cui il protagonista, Frank – N- furter, il sovrano di questa realtà, contiene nel suo aspetto il maschile e il femminile. Un altro principio del camp, tra l’altro, è quello di giocare anche con i generi dell’arte, servendosi del kitsch, ossia di ciò che è volutamente artificioso e sopra le righe. In effetti il musical inizialmente venne stroncato dalla critica proprio per questo suo stile, e verrà rivalutato solo successivamente. Un altro perfetto esempio di espressione artistica camp sono le drag queen, appunto uomini, di solito gay, che si esibiscono travestiti da donne, ma non donne realistiche, al contrario, donne con caratteristiche femminili estremizzate. La cultura camp quindi reinterpreta l’arte canonica per mettere in primo piano chi è sempre stato costretto a rimanere ai margini, e ora che la società è cambiata ci sarà molto più possibilità di aver a che fare con questa corrente artistica.

Fonte immagine di copertina: Public Domain Pictures

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A proposito di Teresa Errichiello

Nata nel 1995, laureata in Lettere moderne e Discipline della musica e dello spettacolo , grande appassionata di scrittura, arte, cinema ma soprattutto serie tv.

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