Il bombardamento di Nagasaki: analisi storica

Il bombardamento di Nagasaki: analisi storica

Dopo aver esaminato a fondo le implicazioni sociali, etiche e politiche dell’olocausto nucleare sul Giappone del 1945, sorge spontanea una domanda: perché il bombardamento di Nagasaki viene menzionato così di rado rispetto a quello di Hiroshima? Senza dubbio, l’essere stata la seconda città colpita dall’atomica ha contribuito a relegarla in una posizione più marginale nella memoria collettiva. Sebbene l’atto resti inaccettabile e disumano, anche il numero delle vittime – quasi la metà rispetto a quando il Little Boy venne sganciato sul ponte Aioi (相生橋, aioi bashi, scelto come bersaglio data l’inusuale forma a T facilmente riconoscibile anche dall’alto) – ha influito sulla percezione storica, sia nazionale che straniera. La scala più ampia della devastazione della città del Tōhoku e il profondo legame instauratosi tra gli hibakusha (被爆者, i sopravvissuti all’esplosione atomica) e la loro città natale hanno, in parte, eclissato il dramma della non lontana “sorella del Kyūshū”, la cui storia merita un’indagine più approfondita.

L’esordio del bombardamento

Dopo il successo della missione e il rientro sulle isole Marianne dei tre aeromobili coinvolti nell’operazione del 6 agosto – l’Enola Gay, il Necessary Evil e il Great Artiste – il presidente Truman rilasciò un annuncio ufficiale, confermando l’uso della bomba atomica sul Giappone. Concluse il proprio discorso con un nuovo ultimatum rivolto agli abitanti dell’arcipelago, dopo quello del 26 luglio pronunciato a Potsdam e ignorato dalle milizie giapponesi: «Se adesso non accetteranno i nostri termini, potrebbero doversi preparare a una pioggia di rovina dal cielo, come non se ne sono mai visti su questa terra. L’attacco aereo sarà seguito dalle forze di terra e mare in numeri e potere che non hanno mai visto e con le capacità combattive di cui sono già ben consapevoli».

L’8 agosto, il gabinetto giapponese si riunì per discutere la possibilità della resa. Il ministro degli Esteri, Tōgō Shigenori (東郷茂徳, 1882-1950), suggerì di accettare i termini della Dichiarazione di Potsdam. Tuttavia, il primo ministro Suzuki Kantarō (鈴木貫太郎, 1868-1948) proclamò che la guerra sarebbe continuata, cercando anche di ottenere il sostegno dell’URSS. Da lì a poco, però, il ministro degli Esteri sovietico, Vjačeslav Michajlovič Molotov (Вячеслав Михайлович Молотов, 1890-1986), annunciò che l’URSS sarebbe entrata formalmente in guerra contro il Giappone a partire dal 9 agosto.

A causa dell’assenza di segnali positivi dal governo giapponese, si decise di colpire un’altra città con la maledizione della bomba atomica. Il bombardamento di Nagasaki è stato voluto dal fato, poiché l’obiettivo primario era Kokura – oggi centro della moderna città di Kitakyūshū. Il deterioramento delle condizioni metereologiche e il denso fumo scuro presente nell’area, tuttavia, impedirono al capitano Kermit K. Behan di individuare chiaramente il bersaglio. L’ordine prevedeva di sganciare l’ordigno affidandosi esclusivamente alla mira visiva, senza l’ausilio dei poco precisi radar; a quel punto i B-29 si trovarono costretti a dirigersi verso il secondo obbiettivo: Nagasaki.

La condanna di Nagasaki

Vi è un’ironia amara nel bombardamento di Nagasaki e nella grazia garantita a Kokura, poiché un’altra fonte di salvezza fu il fumo generato da un raid aereo con bombe incendiarie sulla vicina città di Yahata (assorbita nella città di Kitakyūshū in seguito alla sua costituzione, il 1 aprile 1963), combinato alle esalazioni degli stabilimenti siderurgici della Yahata Steel Works. Nagasaki rappresentava uno dei più importanti centri industriali dell’Impero giapponese e ospitava, tra le altre, anche due sedi della Mitsubishi, responsabili della produzione dei temibili siluri a lungo raggio Type 93. Nel frattempo, mentre le condizioni metereologiche stavano continuando a peggiorare anche a Nagasaki, il Consiglio supremo di guerra si riuniva a Tōkyō per discutere nuovamente la possibilità di arrendersi alle forze alleate. Dopo aver individuato un piccolo varco tra le nuvole, a poco più di tre chilometri a nord dal bersaglio, l’ordigno nucleare venne sganciato. Trascorsi 43 secondi, i sensori barometrici interni alla bomba al plutonio avviarono il processo di fissione.

La conformazione geografica di Nagasaki, annidata in una valle e circondata da montagne, attenuò in parte la distruzione rispetto a quanto accaduto a Hiroshima, sviluppata su un’area prevalentemente pianeggiante e colpita nel cuore del suo centro residenziale. Di conseguenza, nonostante il Fat Man possedesse un potenziale distruttivo quasi doppio rispetto al Little Boy, i danni risultarono inferiori rispetto a quelli che si sarebbero verificati se la bomba fosse stata sganciata direttamente sul centro residenziale della città portuale del Kyūshū.

Fonte immagine: Wikipedia – autore: 663highland

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A proposito di Christian Landolfi

Studente al III anno di Lingue e Culture Comparate (inglese e giapponese) presso "L'Orientale" di Napoli e al I anno di magistrale in Chitarra Jazz presso il Conservatorio "Martucci" di Salerno. Mi nutro di cultura orientale in tutte le sue forme sin da quando ero piccino e, grazie alla mia passione per i viaggi, ho visitato numerose volte Thailandia e Giappone, oltre a una bella fetta di Europa e la totalità del Regno Unito. "Mangia, vivi, viaggia!"

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