È finalmente online il secondo numero di Aura, rivista trimestrale di saggistica umanistica, ideata da Nicola De Rosa con la collaborazione di Sara Gemma.
Aura è un opificio orizzontale di scrittura saggistica, in cui gli autori trovano uno spazio per dar voce al proprio interesse in campo letterario e filosofico e si confrontano con compagni di viaggio, ampliando la loro conoscenza degli strumenti della forma-saggio.
Aura dà voce a entità come le opere d’arte e i prodotti culturali, che più rischiano la malaugurata riduzione a “cose” di consumo della bulimica società digitale. Aura è un momento di sospensione, di rischiaramento che precede la creazione artistica, ma anche di scardinamento delle certezze circostanti che spesso portano ad una realtà fissa e senza dialettica.
In omaggio a questa seconda pubblicazione, abbiamo incontrato gli artefici del progetto di Aura: Nicola De Rosa, laureato in Discipline musicali presso il Conservatorio di Musica “San Pietro a Majella” di Napoli e ora iscritto alla facoltà di Lettere moderne della “Federico II”, e Sara Gemma, attualmente impegnata nella magistrale in Filologia moderna presso l’Ateneo federiciano e da poco ritornata da un soggiorno semestrale presso l’Université de Lorraine di Nancy.
Perché Aura?
L’aura è una categoria benjaminiana, diciamo che è la componente spirituale dell’opera d’arte. Oggi, nell’epoca della riproducibilità digitale, ci si chiede se l’aura possa animare ancora l’opera d’arte, se si sia dissolta in altre forme, o se abbia abbandonato il campo artistico, della poiesis del per sempre.
Come e quando nasce il progetto?
Aura è nata da una constatazione: la scrittura saggistica appare trascurata nell’ambito della didattica accademica europea, in cui oggi si scrive o troppo e male o troppo poco. Concretamente, poi, Aura si è realizzata nei mesi in cui, in stato pandemico, il mondo si è praticamente disconnesso dalla realtà per dedicarsi completamente alla virtualità. Sorgeva spontaneo il bisogno di un punto centripeto, la necessità di un riferimento solido all’interno di quella virtualità il più delle volte centrifuga e senza punti di concentrazione.
A seguito di questa premessa, come guardate al digitale?
L’ambizione di Aura è di porsi nei confronti del digitale con uno sguardo eretico: guardare a una rete di comunicazione che ci appare immateriale, leggera e veloce, comprendendone invece il carico di opportunità e di rischio, affinché venga utilizzata per veicolare dal suo interno un’idea a lei contraria: che la complessità del reale e quindi anche delle manifestazioni artistiche richiedono ben più di un click, che la conoscenza può essere divulgata attraverso il mezzo digitale, ma non delegata a esso, fino ad arrivare a un circolo vizioso che ha come fine la de-responsabilizzazione dell’individuo stesso.
Perché scegliere il saggio come genere di divulgazione?
Il saggio fa interagire il lettore con l’io dell’autore, col suo bagaglio di conoscenze e di insicurezze. Quando l’autore fornisce delle coordinate testuali in una semplice nota a piè di pagina, è come se il lettore entrasse nella sua officina, rivivendo il momento di selezione, ricerca ed elaborazione di tutti i testi che risorgono all’interno di quello finale. Si è allo stesso tempo lettori, filologi e ricercatori: in questo, il saggio è una biblioteca. Esso non restituisce l’infallibilità del suo oggetto, la conclusione dimostrativa, e assiomaticamente vera, anzi è capace di scardinare l’idea di concetto preimpostato. Parafrasando Lukacs, il saggio è la forma letteraria che più si sforza e lotta per tendere alla verità. Per la sua restituzione di un significato non oggettivato – Roland Barthes direbbe di una significanza – il saggio somiglia un po’ alla musica.
Su questo secondo numero?
Il secondo numero di Aura concretizza l’obiettivo prefissatoci di dar vita a un opificio orizzontale di scrittura saggistica, in cui convivano i saggi di studiosi di varia estrazione. Ci sono ben otto saggi, il primo dei quali è di Francesco de Cristofaro, professore di Letterature comparate alla “Federico II”, mentre gli altri sono di giovani laureati dello stesso Ateneo, ma anche de “L’Orientale” e di “Tor Vergata”. Si parla di letteratura, di traduzione, di teatro, di cinema, di musica.
Con l’intento di creare una rete non gerarchizzata di scambi di sapere, gli studiosi di Aura puntano a coinvolgere nel loro progetto personalità sempre più varie che abbiano voglia di immergersi nel mare aperto del sapere umanistico attraverso la forma-saggio.
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