Il 21 luglio 1542 con la bolla Licet ab inizio promulgata da Paolo III nasce l’Inquisizione romana. Alla radice del provvedimento, che seguiva alcune misure precedenti, vi era la preoccupazione causata dal diffondersi delle eresie di matrice protestante, soprattutto nelle zone di Modena, Lucca e Napoli. L’organo del Sant’Ufficio fu un’istituzione essenzialmente italiana, che esercitò la sua influenza unicamente sulla penisola, isole maggiori escluse, dove vigeva l’Inquisizione spagnola.
Evento Chiave | Anno | Descrizione |
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Bolla Licet ab initio | 1542 | Papa Paolo III istituisce l’Inquisizione romana (Sant’Ufficio). |
Svolta repressiva | 1557 | Con Papa Paolo IV, l’influenza del tribunale cresce a dismisura. |
Apice del terrore | 1566-1572 | Sotto il pontificato di Pio V, l’Inquisizione raggiunge il massimo livello di controllo e violenza. |
Indice dei libri proibiti | 1558 | Promulgato per controllare la diffusione di opere considerate eretiche, inclusa la Bibbia in volgare. |
Bolla Coeli et Terrae | 1586 | Papa Sisto V sancisce la natura criminale di magia, astrologia e negromanzia. |
La nascita e l’affermazione dell’Inquisizione romana
Il periodo che intercorre tra il 1542, anno di nascita dell’Inquisizione romana, e il 1572, anno della scomparsa di Pio V, fu il momento di massima espansione dell’influenza romana, durante il quale si alternarono vicende sanguinose, violenti interventi e la nascita di diversi apparati burocratici di controllo.
Negli anni immediatamente successivi alla sua nascita, l’imposizione dell’Inquisizione romana non ebbe conseguenze di particolare rilievo. L’affermazione del potere romano fu inizialmente contrastata dal peso delle istituzioni locali e dalla complessità di alcune situazioni, dove le proteste dei cittadini resero impossibile la nomina di inquisitori scelti, come nei regni di Milano e Napoli.
La svolta arrivò nel 1557, dopo l’inizio del Concilio di Trento e soprattutto in seguito alla nomina di Paolo IV. L’influenza dell’inquisizione crebbe a dismisura e il tribunale iniziò a trovare un’organizzazione ben precisa. Si configurò un organismo centralizzato, basato sulla collaborazione tra i cardinali del Sant’Ufficio e i responsabili della lotta antiereticale locale. Due processi fondamentali aprirono la strada alla sua affermazione: il ben documentato processo Morone, che ci consegnò una mappa di come funzionasse il potere del Sant’Ufficio, e il processo al cardinale Pole, il cui allontanamento sancì la sconfitta definitiva delle posizioni ereticali anche all’interno dell’organizzazione ecclesiastica.
La svolta sanguinosa sotto Pio V
Con il pontificato del cardinale Ghislieri (Pio V), l’Inquisizione romana giunse al suo apice in quanto a controllo e violenza. Vi furono in questi anni una serie di eventi drammatici come la strage dei Valdesi in Calabria o la vicenda del fiorentino Pietro Carnesecchi. A questi interventi si affiancarono misure coercitive estreme, come mandare a morte anche chi non era recidivo. Fu ampliato persino il campo di intervento, includendo tra i casi di persecuzione anche i bestemmiatori, gli omosessuali, i simoniaci, i greci ortodossi e gli ebrei (emblematico è l’episodio dei roghi di Talmud).
L’Indice dei libri proibiti
Inizialmente nato come una soluzione temporanea, l’Indice si trasformò in un provvedimento consuetudinario. Promulgato nel 1558 in una versione rigida e definitiva, l’Indice romano comprendeva un migliaio di opere vietate e contestava soprattutto la Bibbia in volgare, affermando ancora una volta il ruolo di mediatore della Chiesa nelle pratiche devozionali.
La caccia alle streghe e l’ossessione per la stregoneria
Dopo aver spento l’eresia, negli ultimi anni del Cinquecento si diffuse, soprattutto in Europa, una vera e propria ossessione per la stregoneria diabolica e per il Saba. Ne è un esempio la Bolla Coeli et Terrae di Sisto V del 1586, con la quale il pontefice sanciva la natura criminale della magia, l’astrologia e la negromanzia. A differenza di altre inquisizioni, per quanto riguarda i tribunali italiani, vi furono poste delle precise limitazioni, come il non luogo a procedere per terzi imputati di crimini di natura diabolica, per evitare di trasformare singoli processi in epidemie di caccia alle streghe.
La campagna di persecuzione, portata avanti soprattutto da frati domenicani, portò alla condanna a morte centinaia di persone, essenzialmente donne, a testimonianza di come l’Inquisizione romana fu un’organizzazione guidata da sentimenti profondamente misogini.
Il bilancio: i veri numeri delle vittime dell’Inquisizione
Bisogna tener presente che l’Inquisizione romana fu un organo nato essenzialmente per riportare sulla retta via i fedeli che erano caduti preda di pensieri eretici. Il vero fine che muoveva l’Inquisizione era quello di rieducare all’ortodossia, in maniera tale da poter preservare l’integrità dello Stato Pontificio, il suo potere e la sua influenza.
Per questo motivo, solo una piccola parte dei processi, soprattutto contro i più ostinati, si concludevano con una sentenza di morte. Si stima, attraverso i pochi documenti accessibili, che dei quasi settantacinquemila processi intentati per eresia, solo il 2% circa si concludesse con una condanna a morte, una media molto inferiore a quella dei tribunali ordinari. Seppur in maniera ridotta rispetto ad altri tipi di inquisizioni, l’operato dell’Inquisizione romana fu qualcosa di tragico e profondamente coercitivo, che influenzò la penisola italiana grandemente a livello culturale, relegandola all’isolamento e a un terribile stato di arretratezza.
L’articolo è stato aggiornato in data 24 agosto 2025.