Smart working oggi: nuove geografie del lavoro flessibile

smart working oggi

Oggi le nostre “mappe geografiche” sono cambiate. Non parliamo di confini politici o geografici, ma di nuove geografie invisibili: quelle delineate dallo smart working. Dove prima c’erano uffici affollati, grattacieli pieni di luci fino a tarda sera e metropolitane stracolme nell’ora di punta, oggi si intravede scrivanie vuote, open space dimezzati e una nuova parola che ha cambiato le abitudini di milioni di persone: lavoro da remoto.

Lo smart working, in origine, nasceva come tempestiva soluzione dell’emergenza durante il periodo pandemico; oggi, però, è diventata una vera e propria scelta di vita. In molti casi, questo nuovo approccio al lavoro, crea risvolti positivi: la riscoperta di  luoghi dimenticati, di borghi semi-abbandonati o cittadine dove il tempo scorre più lentamente. Non si tratta più di comodità o di migliore gestione del tempo: lo smart working ha generato un tangibile cambiamento culturale, una nuova geografia del lavoro che svuota le grandi città per ridare ossigeno ai piccoli centri.

Il Wi-Fi del bar in piazza

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Wi-Fi, un computer e un bar (Freepik)

Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti. Sempre più professionisti quali programmatori, creativi, consulenti, traduttori, designer etc. prendono consapevolezza del fatto che, in verità, non hanno un reale bisogno di vivere vicino ad un ufficio fisico. Quello che serve concretamente? una connessione veloce e un computer. E quali benefici può comportare una scelta di questo tipo? al posto del traffico mattutino, una passeggiata prima di iniziare il lavoro o per raggiungere uno spazio di coworking; invece della pausa pranzo in mensa, un panino al bar della piazza, che spesso diventa il nuovo “ufficio” con tavolini e Wi-Fi.

Nasce così, la figura del nomade digitale, lavoratore che porta con sé il proprio mestiere ovunque vada. Il nomade digitale non è più costretto ad un luogo fisico fisso, può scegliere il suo posto in base a diverse considerazioni come: la qualità della vita, i costi più bassi di una località, la bellezza dei suoi paesaggi o anche per via di altre esigenze come la vicinanza alla famiglia. L’Italia, con i suoi borghi storici, panorami straordinari e un patrimonio artistico e culturale diffuso in tutto il mondo, è un terreno ideale per questa nuova filosofia del lavoro.

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Spazi per il coworking (Freepik)

Smart working batte Return to office

Gli esperti, al termine dell’emergenza legata al Covid-19, avevano previsto una brusca battuta d’arresto del nomadismo per via del fenomeno post pandemico definito: “Return to Office”. Alcune grandi aziende – come Amazon, Google, Goldman Sachs – avevano, infatti, imposto un ritorno negli uffici parziale o totale. Tuttavia, i numeri dimostrano che molta gente ha cambiato il proprio approccio al lavoro, pur di non rinunciare ai benefici dello smart working, scegliendo la strada del freelance (quando possibile) e proseguendo sulla scia del nomadismo. Il numero di nomadi digitali negli Stati Uniti, infatti, nel 2022 è cresciuto del 131% rispetto ai livelli pre-pandemia.

Altrettanti altri lavoratori si stanno orientando verso impieghi che garantiscano un modello ibrido, che permetta loro di alternare ore da remoto a quelle in ufficio. Diverse aziende hanno considerato di non poter trascurare questa necessità dei dipendenti optando, pertanto, per nuove strategie organizzative, coscienti del fatto che imporre un Return to Office totale comporterebbe il dover rinunciare a talenti chiave.

Borghi che rinascono

Negli ultimi anni molti piccoli centri hanno visto accendere su di loro nuova luce. Dalla Calabria alla Toscana, passando per Umbria e Puglia, sono sempre più i borghi che ospitano comunità di lavoratori digitali. Alcuni comuni hanno fiutato l’opportunità e offerto, pertanto,  incentivi: affitti calmierati, contributi per chi si trasferisce, spazi pubblici riconvertiti in coworking con connessione veloce.

Il risultato? Piazze che tornano a vivere, negozi che riaprono, bar che si riempiono non solo di turisti di passaggio ma di residenti “ibridi”, persone che restano mesi e non giorni. È un turismo lento e produttivo allo stesso tempo.

Ovviamente i rischi non mancano: l’arrivo di nomadi digitali potrebbe far salire i prezzi degli affitti di alcune città, creando tensioni con gli abitanti storici. Alcuni borghi potrebbero scontrarsi con il sovrappopolamento. La sfida è trovare un equilibrio, valorizzando la presenza dei nuovi arrivati senza snaturare le comunità locali.

Città che si svuotano

Ma cosa succede nelle grandi città? Milano, Roma, Torino o Bologna  abituate a vedere folle di pendolari ogni mattina stanno a poco a poco cambiando volto. Gli uffici si svuotano, molte aziende riducono gli spazi fisici e i quartieri business perdono parte della loro vitalità quotidiana.

Con meno lavoratori in sede, interi ecosistemi vanno in crisi: bar che vivevano di colazioni lampo, ristoranti che offrivano menù a prezzo fisso, cartolerie che vendevano quaderni e penne agli impiegati. Alcune attività si reinventano, altre sono costrette a chiudere. Le città si trovano così davanti a una sfida: trasformare gli spazi che stanno perdendo la loro funzione originaria. Ecco spiegato il boom di coworking, quegli uffici condivisi, spazi ibridi che uniscono lavoro e tempo libero.

C’è da dire che indubbiamente, le metropoli non spariranno per questo;  rimangono centri vitali per tanto altro come eventi, cultura e connessioni. Di certo c’è però che stanno perdendo il monopolio del lavoro intellettuale.

… e chi invece sceglie lo smart working all’estero?

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Lavorare fronte mare  (Freepik)

Vi è un’altra faccia della medaglia: molti nomadi digitali italiani non restano in Italia, ma scelgono di trasferirsi all’estero.  Messico, Thailandia, Australia, Indonesia , Colombia , Vietnam, Spagna e Portogallo. Queste sono tutte mete estremamente gettonate oggi: offrono costi della vita più bassi, comunità digitali già consolidate e politiche fiscali spesso più vantaggiose.

Per i giovani professionisti, la scelta è semplice: perché pagare un affitto milanese da mille euro al mese quando, con la stessa cifra, si può vivere in riva all’oceano?

Il rischio è evidente: alcune località italiane riescono comunque a vivere grazie al turismo degli stranieri attratti dalla bellezza del nostro Paese, ma sono poi gli stessi italiani che continuano ad andarsene, alimentando lo spopolamento dall’interno. È una fuga di talenti che non riguarda solo i cervelli altamente qualificati, ma un’intera generazione di lavoratori flessibili che potrebbero arricchire il tessuto sociale dei nostri territori.

Quello che stiamo vivendo è l’inizio di quella che potremmo descrivere come una “geografia liquida del lavoro”. Non più centralizzata nelle metropoli, ma distribuita, flessibile, diffusa. È un’occasione unica per l’Italia: se saprà coglierla, potrà trasformare il problema dello spopolamento in una risorsa. Ma per renderla tale servono, inevitabilmente, infrastrutture adeguate: connessioni veloci, trasporti efficienti, servizi sanitari e scolastici che rendano davvero abitabili i piccoli centri. Servono anche politiche fiscali e abitative che non penalizzino chi sceglie di restare. Perché se non si investe, l’Italia rischia di diventare solo una tappa turistica per gli stranieri, mentre i giovani italiani continueranno a cercare altrove la loro piazza soleggiata con Wi-Fi.

Alla fine, il lavoro da remoto non riguarda solo dove mettiamo il computer, ma il nostro modo di vivere. C’è chi sceglie un borgo sul mare per rallentare i ritmi, chi una città d’arte per respirare cultura, chi una località montana per stare più vicino alla natura. Non è solo questione di comfort: è un tentativo di ribilanciare la propria vita nel tempo e nello spazio per trarne benessere.Forse tra qualche anno ci ricorderemo di questo periodo come dell’inizio di una nuova epoca lavorativa meno legata agli orari rigidi e più orientata alla qualità della vita. Nel frattempo, la scena quotidiana in parte è già cambiata. Il caffè di mattina non si beve più di corsa davanti ad una macchinetta in ufficio, ma seduti al sole in una piazza silenziosa, con il portatile sul tavolino e una connessione che ci collega al mondo intero.

Fonte immagini nell’articolo: “Smart working oggi: nuove geografie del lavoro flessibile” – Freepik

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