Takiji Kobayashi è stato uno scrittore della prima metà del XX secolo, noto per essere stato una delle figure principali della letteratura proletaria giapponese. Egli è ricordato non solo per le sue opere emblematiche di questo filone letterario, ma anche per la sua denuncia nei confronti delle condizioni delle classi lavorative più basse, per il suo radicale impegno politico, ma che ha portato alla sua morte, torturato dalla polizia, a soli 29 anni.
La giovinezza e la formazione di Takiji Kobayashi
Egli nasce nel 1903 a Odate, nella prefettura di Akita, in una famiglia in condizioni economiche non particolarmente favorevoli. All’età di quattro anni, su suggerimento dello zio, uomo d’affari, si trasferisce con tutta la famiglia a Otaru, nell’Hokkaido, dove trascorre quindi tutta l’infanzia. Nonostante la vita difficile che la famiglia conduce, egli riceve da suo zio un sostegno per pagare le tasse universitarie, a patto di lavorare nella sua fabbrica. Riesce così a laurearsi nell’attuale Otaru University of Commerce (Università Commerciale di Otaru).
La spiccata passione letteraria
Allo stesso tempo, Takiji Kobayashi si appassiona fin dalla giovane età alla letteratura: si racconta gli piacesse leggere soprattutto opere degli autori della Scuola di Shirakaba (letteralmente “betulla bianca“), nello specifico di Naoya Shiga, col quale mantiene sempre una certa corrispondenza, idealizzando il suo tipo di narrativa realista e umanitarista. In più, il giovane invia suoi saggi a riviste letterarie e prende parte al comitato editoriale della rivista della scuola.
L’impegno politico e i primi scritti di denuncia
In questo stesso periodo, Kobayashi si unisce al movimento operaio, data la sua situazione economica non particolarmente florida e la vicinanza che sente alle istanze di malcontento generale propugnate dalla società dell’epoca, a causa delle difficoltà del periodo: ci troviamo infatti nell’Era Taisho, un momento in cui emergono valori democratici e a favore dei diritti del popolo, il Giappone emerge al fianco delle potenze occidentali, ma si verificano anche problemi interni che intaccano la serenità dei cittadini, come il Grande terremoto del Kanto del 1923, che crea un dissesto economico ingente, o l’emersione del Partito comunista, da subito dichiarato illegale e del quale lo stesso Kobayashi entra a far parte nel 1931.
Il 15 marzo 1928: la cruda testimonianza di Takiji Kobayashi
Dopo la laurea nel 1924 egli trova lavoro presso la filiale locale della Banca Hokkaido Takushoku, una grande opportunità per un uomo con il suo background e una garanzia di un futuro agiato. Ma nonostante il suo impiego da banchiere, Takiji Kobayashi resta vicino alle classi sociali inferiori. Il 15 marzo 1928 si verifica quello che viene comunemente chiamato incidente del 15 marzo, ovvero l’arresto in massa in tutto il Giappone di persone che si credeva fossero associate a organizzazioni di tipo socialista e comunista. Da qui egli scrive il racconto Il 15 marzo 1928, basato proprio su questo episodio, dopo aver assistito alle torture inflitte dalla polizia, e lo pubblica sulla rivista letteraria Senki. Ma questo sarà anche una delle cause scatenanti del suo successivo arresto e omicidio.
Kanikousen: il capolavoro che consacra Takiji Kobayashi
Ma una delle sue opere più significative è sicuramente Kanikousen (Il peschereccio di granchi), pubblicato nel 1929 sempre su Senki. Questo lavoro consacra Takiji Kobayashi ad emblema della letteratura proletaria, destando grande scalpore. Riceve infatti anche un adattamento teatrale, andato in scena nello stesso anno all’Imperial Garden Theater col titolo A nord di 50 gradi di latitudine nord. La storia ha diversi protagonisti, tutti quanti facenti parte di gruppi di oppressi, come contadini impiegati come pescatori nella speranza di riottenere le loro terre, giovani operai nelle fabbriche abbandonati dalle proprie famiglie… si tratta quindi di un’opera intrisa di un certo pessimismo, molto discussa dalla critica dell’epoca, ma che porta anche Kobayashi a essere posto sotto sorveglianza dalla polizia.
Gli ultimi anni: l’attivismo clandestino e i problemi col governo
Sempre nel 1929 pubblica il saggio Fuzaijinushi (Il proprietario terriero assente), che causa il suo licenziamento dalla banca. Nel 1930 si trasferisce a Tokyo, dove si immerge ancora di più nell’attività politica: viene eletto segretario della Lega degli scrittori proletari giapponesi, ma entra anche in maggior conflitto con le forze dell’ordine. Il 23 maggio viene arrestato con l’accusa di aver finanziato il Partito Comunista, ma viene rilasciato. In più, Kanikousen è per lui motivo di ulteriori problemi con lo Stato: ci troviamo infatti agli arbori di quello che sarà il periodo del governo militarista giapponese, caratterizzato da una grande repressione del dissenso e della libertà dei cittadini, nonché da una forte censura. Dopo un ulteriore processo e periodo di prigonia, Kobayashi viene rilasciato e si nasconde presso le terme di Nanasawa, nella prefettura di Kanagawa. Come già detto, nel 1931 entra ufficialmente a far parte del Partito Comunista giapponese e si dedica ad attività clandestine.
L’arresto, la tortura e la morte: un martire per i diritti dei più deboli
Il 20 febbraio 1933 si reca ad Akasaka, dove ha appuntamento con un membro del partito, che si rivela però una spia della polizia e lo arresta. Viene sottoposto a un interrogatorio, accompagnato però da terribili torture, che proseguono ininterrottamente fino a provocarne la morte, all’età di soli 29 anni. La Tokkou dichiara che il decesso è avvenuto per infarto, ma nel momento in cui il corpo viene restituito alla famiglia, i segni del supplizio subito da Kobayashi non lasciano spazio ad alcun dubbio. Questa fine così cruenta rende l’autore un vero e proprio martire delle lotte della classe proletaria e una figura apprezzata per aver difeso i diritti dei più deboli.
Fonte immagine: Wiki Commons (fotografo sconosciuto)