La sfida di questa sera tra Napoli e Pisa rappresenta la prima ghiotta occasione per gli uomini di Antonio Conte di “mettere il musetto davanti”. Un’abitudine a primeggiare che la società azzurra si è costruita passo dopo passo – e non senza fatica – negli anni, e che oggi la vede regina, anziché pretendente al trono.
La genetica di un popolo che vive di passione
Un inno alla perseveranza riecheggia eternamente nelle idee e nei cuori di un tenace collettivo, spinto dal sostegno carnale, viscerale, di un popolo devoto a una sola maglia e a una città: Napoli.
Teatro di meraviglie e di passione, Napoli con le sue immagini racconta tratti peculiari di una cultura unica, quella partenopea. Costumi e tradizioni che trovano vita anche nel calcio. Un’autentica religione. La devozione dei tifosi napoletani è espressa dal costante sostegno alla squadra e nell’adorazione verso il mito che ha reso Napoli grande nel mondo: Diego Armando Maradona, il D10S in grado di condurre il club azzurro due volte sul tetto d’Italia.
La seconda giovinezza del Napoli
A distanza di 33 anni dall’ultima sopracitata volta, il Napoli ha ritrovato la vetta del campionato italiano. Una meta che ha consegnato alla città campana il 3° tricolore della sua storia. Gli “uomini forti” della gestione Spalletti hanno compiuto un autentico capolavoro sportivo, candidandosi Campioni d’Italia con cinque giornate d’anticipo. La mano del tecnico di Certaldo si è rivelata determinante sin da subito: un lavoro di valorizzazione della rosa, di elementi inespressi come Lobotka su tutti, e di gestione dei talenti. Il trionfo inaspettato agli albori della stagione, si è così tramutato in un’autentica epopea il 4 maggio 2023. Il tramonto a tinte azzurre è lo scenario perfetto di un percorso cominciato senza troppe pretese nell’agosto del 2022, nel segno delle stelle Kvaratskhelia (astro nascente) e Osimhen. Il che rende la vista davvero mozzafiato.
Per il replay l’esigente piazza azzurra ha dovuto attendere 750 giorni. Di mezzo una battuta d’arresto preoccupante messa prontamente alle spalle dalla cura Conte, allenatore in grado di rigenerare un Napoli ridimensionato dalla deludente annata precedentemente trascorsa. Il 4° scudetto porta senza alcun dubbio la sua firma, e quella del presidente De Laurentiis, personaggio divisivo, fautore del lungimirante progetto partenopeo. Un ciclo di crescita della durata di 21 primavere, che porterà – a detta sua – entro i prossimi quattro anni alla costruzione di un centro sportivo e di un nuovo stadio. Il tempo del Rinascimento napoletano è in atto. Un discorso che abbraccia non solo l’ambito sportivo, ma più in generale la ripresa di un’intera città e di un popolo che ha patito i pregiudizi di chi non ha mai saputo coglierne la vera essenza.
Nuova stagione, nuove prospettive
La permanenza di Antonio Conte è stato il primo vero “acquisto” messo a segno da Aurelio De Laurentiis, forse il più rilevante. Un segnale forte, accompagnato dai nuovi arrivi: De Bruyne, Beukema, Lang, Gutierrez, Marianucci, Milinkovic-Savic, Lucca, Elmas e Hojlund. Nuovi alunni di una classe modello. L’approdo dell’apri-fila De Bruyne certifica l’appeal sempre più crescente della società di Castel Volturno; il plot twist, in pieno stile cinematografico, targato Hojlund conferma lo voglia da parte del patron di casa Napoli di consolidare lo status di big del calcio europeo. Uno sforzo economico da evidenziare, realizzato in seguito all’infortunio rimediato in preseason dal perno d’attacco “contiano” Lukaku.

Le prime giornate hanno dato indicazioni chiare delle idee tattiche di Conte che ha dovuto “regolare” la convivenza McTominay-De Bruyne – un grattacapo che molti tecnici di Serie A vorrebbero affrontare quotidianamente -. L’occupazione dello spazio sarà un tema importante nel corso dell’annata sportiva, con De Bruyne costruttore di gioco in fase di possesso e McTominay incursore: una soluzione offensiva costante in area di rigore. In non possesso, è infatti il belga a essere più avanzato rispetto a McTominay, con meno compiti di interdizione che, dunque, spettano agli altri centrocampisti schierati. L’incarico reiterato di Lobotka, prezioso nell’infilarsi tra i due centrali di difesa per fornire più soluzioni in impostazione, è una scelta che continua a pagare. Dispendioso il lavoro della punta (Hojlund o Lucca, in attesa di Lukaku), riferimento offensivo a cui spetta il compito di reggere il baricentro e far salire la squadra favorendo l’inserimento delle mezzali. Il jolly Politano nelle vesti di quinto (adattato), nella fase di attesa, rappresenta una pedina preziosa per abnegazione e sacrificio nelle idee tattiche dell’allenatore salentino.
Verso Napoli-Pisa: obiettivo primato
La recente sconfitta rimediata all’Ethiad di Manchester, casa del City, ha lasciato “l’amaro in bocca” – parola di Conte -, per via dell’imprevista espulsione di capitan Di Lorenzo, ma non vanifica quanto di buono visto finora dalla formazione azzurra. Non resta dunque che focalizzare l’attenzione sul prossimo scoglio da aggirare.
Dopo aver fatto bottino pieno nelle prime tre giornate di campionato, infatti, sul tragitto del Napoli sta per imbattersi il neopromosso Pisa di Alberto Gilardino, ancora a secco di vittorie. Nei 26 precedenti ufficiali tra le due squadre, il numero di vittorie partenopee corrisponde a 14, a fronte di 5 affermazioni toscane e 7 pareggi. L’ultima sfida tra Napoli e Pisa nel capoluogo campano risale all’agosto 2007, in Coppa Italia: 3-1 ai tempi supplementari in favore degli azzurri grazie alla tripletta del Pocho Lavezzi, dopo il vantaggio ospite firmato da Kutuzov. Un ipotetico successo al “Maradona” garantirebbe il primato in solitaria e un +2 sulla Juventus, attualmente prima in classifica. Questo Conte lo sa bene: ogni passo falso può costare caro. Ed è pronto a vendere cara la pelle pur di entrare ancora una volta nella leggenda.
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