Alessandro Ciacci è un nuovo volto sulla scena della stand-up comedy in Italia e questo è un fatto. L’altro fatto è che Alessandro Ciacci, riminese classe 1989, è un personaggio, dentro e fuori. Nell’animo e nell’aspetto è unico e inimitabile ed è riuscito a centrare l’obiettivo più difficile al giorno d’oggi nello show business: il raggiungimento di quella certa originalità che lo rende diverso dagli altri. Queste doti lo accompagnano praticamente da tutta una vita e gli hanno permesso di fare breccia sul palco, fino ai più recenti successi come la vittoria a LOL – Talent e la partecipazione a LOL – Chi ride è fuori, dove ha rappresentato una delle novità (tra cui la nuova conduzione di Angelo Pintus e Alessandro Siani) che hanno assicurato successo a un format che rischiava di cadere nella monotonia. Lo abbiamo intervistato per voi.

Partiamo dalle origini, chi è Alessandro Ciacci?
Sono tentato di rispondere alla domanda con le parole di Rodolfo, dalla Bohème di Puccini: “Chi son? Sono un poeta. Che cosa faccio? Scrivo. E come vivo? Vivo.”, ma non me la caverò così facilmente. Anche se poesie ne ho scritte fino ai 18 anni, poi ho avuto il buon gusto di smettere. Sono nato 35 anni fa a Rimini, città con cui ho un rapporto per certi versi simile a quello che ha legato James Joyce a Dublino: problematico, ma imprescindibile. Dopotutto, “nemo propheta in patria” dicono. Sicuramente la mia città ha plasmato parte del mio immaginario, ma mi considero un romagnolo atipico: per indole non amo stare all’ombra dei campanili, al calduccio del focolare avito, ma ho una forte vocazione cosmopolita e una voracità culturale insaziabile. Nei miei primi monologhi comici commentavo il fatto di essere nato “intellettuale” nella città-simbolo del divertimento vacanziero non mancando di riservare qualche strale: per questo motivo, credo non lavorerò mai più a Rimini, ma dopotutto ci vuole il bambino che urli “Il re è nudo!”, o no? Comunque, tutto quello che sono diventato è nato a Rimini, da quando, al primo anno di liceo, ho partecipato ad un laboratorio teatrale. Era il 2003 e da quel giorno non mi sono più fermato.
Oltre che stand – up comedian sei attore, regista teatrale, drammaturgo e scrittore.
Opportunamente prezzolato sgombro anche solai e cantine! Scherzo, da qualche anno ho iniziato a riconoscermi nella figura del “fantasista”, un termine ripescato dalle vecchie compagnie di teatro che indica l’autore brillante e al contempo anche attore comico che sul palco alterna recitazione e battute, testi cantati e numeri di destrezza. Non a caso, Fantasista è anche il titolo del mio nuovo spettacolo in tour da maggio. Comunque sì, mi riconosco una concezione “rinascimentale” del lavoro, una ricerca condotta su più discipline ma tutte in costante dialogo tra loro. Dicevamo del laboratorio teatrale: visto che nel frattempo era nata una vera e propria passione, quasi una febbre, dopo la maturità sono andato a Bologna dove ho frequentato una Scuola di Teatro e mi sono diplomato come Attore di Prosa. Per qualche anno mi sono mantenuto come regista e insegnante di vocalità, poi nel 2013 ho deciso di fondare una mia compagnia di cui sarei stato Capocomico. Il primo spettacolo che ho adattato, diretto e interpretato è stato “La Mandragola”, il capolavoro comico di Machiavelli. La comicità è arrivata qualche anno dopo, quasi per sfizio! Ho partecipato ad un festival di scrittura nonsense che ho vinto e lì ho capito che il mio materiale comico poteva avere del potenziale. Ho scritto e portato in scena. The gag is on the table, uno sketch-show sulla falsariga del “Flying Circus” dei miei amati Monty Python, e ho fatto circolare testi tra gli addetti ai lavori. A qualche comico professionista sono piaciuti al punto da ingaggiarmi come autore. Nel 2016 ho provato a fare anche io il grande salto, partecipando ad un open mic di stand-up comedy con il mio primo monologo. Il resto, come si suol dire, è storia. La scrittura narrativa invece è arrivata più o meno in questo periodo, ma ribolliva da tempo. È il tipo di scrittura in cui sono davvero libero di esprimermi al meglio, senza tener conto di esigenze sceniche o risate. Ho pubblicato una raccolta di racconti e qualche testo per riviste online e mi piacerebbe dedicarmici molto di più, ma chi ha tempo?
Nonostante la tua giovane età e la grande esperienza, non esiti a metterti in gioco. Ci parli della vittoria a LOL Talent e di LOL 5?
Come nelle migliori storie la proposta di partecipare a LOL Talent è arrivata in un momento di difficoltà: l’ambiente della stand – up negli ultimi anni è cambiato molto e non necessariamente in meglio. Ho iniziato sempre più (come tanti altri comici) a subirne i limiti e le nuove logiche che lo regolano. Avevo bisogno di un cambiamento, un passaggio di stato ed ecco il messaggio che mi proponeva il provino. Ho accettato dopo non poche perplessità perché, in primis, la mia comicità non ha proprio dei tempi televisivi: lavora per accumulo, congerie e per digressioni. Tuttavia l’occasione era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire, così ho deciso di buttarmi e tentare la sorte. I giorni del Talent sono stati tanto assurdi quanto bellissimi! Tra noi concorrenti il clima era di grande spensieratezza e sono nate bellissime amicizie, nonostante la tensione legata alle puntate e le lunghe ore di registrazione. Credo che il mio asso nella manica siano stati non tanto i monologhi quanto le tante serate di gavetta portate a casa con il coltello tra i denti in locali “pittoreschi” per usare un eufemismo: sopravvissuto a quelle, il Teatro Brancaccio non mi ha fatto troppa paura. Quello che posso dire è che non mi aspettavo di vincere! I commenti dei giudici nella prima puntata sono già stati una ricompensa e invece… La vittoria è stata un momento indimenticabile, ho pianto di gioia: è un’emozione che non si può descrivere. Riguardo a LOL 5, ad un certo punto, durante la registrazione, ho realizzato di essere davvero seduto accanto a Enrico Brignano, mentre Raul Cremona stava facendo il suo leggendario Mago Oronzo e ho pensato: “Sto sognando? È possibile che stia succedendo davvero?”. Ebbene sì! Ovviamente di tutto il cast, io ero quello che più rispondeva alla domanda “Ma questo chi è?”, dunque la mia sfida era riuscire a ritagliarmi il giusto spazio per proporre la mia comicità al meglio. Il lato positivo era che dentro a LOL avevo solo da guadagnarci e, al netto di tutto, sono più che soddisfatto di com’è andata. È stata un’esperienza che rifarei mille volte, anzi ne approfitto per chiedere ufficialmente ad Amazon di tenermi in considerazione per un’eventuale altro special natalizio.
A proposito di regole e limiti, tempo fa hai espresso un’opinione piuttosto diretta sulla stand-up comedy di adesso. Cosa consigli quindi ad un giovane emergente che vuole far ridere il pubblico oggi?
Come ho detto l’ambiente della stand – up negli ultimi anni è mutato molto. Mi verrebbe da dire, con una piccola provocazione, che il problema non è tanto la stand – up in sé, quanto i comici dell’ambiente underground in cui mi sono mosso io fino a qualche tempo fa. I temi sono molteplici e la questione è complessa: il merito sembra non essere più il grande discrimen per cui i comici vengono ingaggiati, piuttosto il numero di follower sembra essere più importante! Oltre a quello, sembra che avere santi in Paradiso, affiliazioni, sia più importante che avere materiale divertente e che funziona sul palco. Non per me: il mio modo di intendere il lavoro si basa invece sulle ore di scrittura, di cesello, e su quelle di palco, per affinare tecnica e ascolto del pubblico. Un altro problema è che i comici sempre di più sottovalutano il pubblico e la sua capacità di raziocinio, la sua intelligenza, e la loro proposta comica […] si appiattisce, regredisce a livello “compagnuccio di classe divertente durante la gita scolastica”. Io fondo i miei monologhi anche su un uso complesso della grammatica, sui lemmi ricercati, digressioni e citazioni perché stimo gli spettatori e li reputo all’altezza: non voglio semplicemente far ridere ma saziarli adeguatamente. C’è poi, là fuori, una oggettiva saturazione: spesso, in alcuni open mic ci sono più persone in scaletta che in platea! Il rischio è che un emergente non riesca a fare la sua naturale evoluzione dai 5 minuti dell’open mic alla mezz’ora e solo dopo congrua gavetta allo spettacolo da un’ora. Questo impedisce di sviluppare una propria voce, l’originalità e la tecnica necessaria per reggere un’ora di spettacolo. Se a questo aggiungiamo che i social sono invasi da reel in cui ognuno si presenta come il nuovo fuoriclasse della comicità, l’unica cosa a cui riesco a pensare è: “Houston abbiamo un problema!” Quindi, a costo di passare per reazionario, il mio consiglio ai giovani emergenti che davvero vivono per questo è: il palco! Le ore di volo. Non si può prescindere dalla gavetta. Quella, unitamente a una visione comica fresca e innovativa (soprattutto comica) a monologhi ben scritti tecnicamente e soprattutto rodati, fa la differenza: il live non può mentire, l’algoritmo sì.

Alessandro Ciacci, un’ultima domanda. Ci sono progetti presenti e futuri che si possono “spoilerare”?
Al momento sto finendo la revisione di “Fantasista”, il mio nuovo one man show, uno spettacolo – coacervo comico concepito come i mitici libri – game degli anni ’80 e ’90. In questo show la struttura è la vera protagonista e sarà il pubblico a determinare lo svolgimento dello spettacolo e addirittura il finale, scegliendo tra bivi che man mano gli sottoporrò. Io per primo non so cosa potrebbe succedere, lo spettacolo potrebbe essere potenzialmente diverso ogni sera! Sto scrivendo questo spettacolo a 4 mani con Alessio Parenti e per riuscire in un autentico spettacolo-game stiamo raccogliendo una quantità di materiale che, come minutaggio, potrebbe riempirci tre spettacoli “canonici”. Il tour inizia a maggio e ne sono molto orgoglioso, ci ho lavorato tanto perché sia all’altezza delle aspettative, in primis delle mie. Chi mi conosceva prima di LOL riscontrerà, credo, una maturità di scrittura davvero soddisfacente. Chi verrà a vedermi dopo avermi scoperto a LOL si prepari ai fuochi d’artificio! Riguardo ai progetti futuri, più che spoilerare, esprimo dei desideri. Ho nuovi racconti di narrativa che scalpitano per essere pubblicati, una commedia teatrale che aspetta solo di essere portata sul palco per divertire gli spettatori e soprattutto non intendo appendere la matita (sì, scrivo solo a matita, portamine 0.7 per l’esattezza) al chiodo senza aver prima scritto un libretto d’opera, per cui compositori e teatri, contate pure su di me!
Si ringrazia Alessandro Ciacci per l’intervista. Immagine in evidenza – Foto di Giovanni Perugi. Foto articolo di Lorenzo Belmonte, per gentile concessione dell’artista.