Casti quel che Costi: intervista a Michelangelo Gregori | NiC

Casti quel che Costi, di Michelangelo Gregori | NiC

Casti quel che Costi, di Michelangelo Gregori: un gioco di parole ma non solo!

Casti quel che Costi, di Michelangelo Gregori, è uno dei cortometraggi che verrà presentato alla rassegna dei film indipendenti NiC – Napoli in Cinema del gruppo AVAMAT, prevista dal 20 settembre 2024 in varie location campane. Il programma prevede una serie di corti che stabiliscono un approccio “pop” al cinema, con storie e idee d’avanguardia, creando momenti di scambio e condivisione tra i cineasti e il pubblico.

In particolare, questo corto verrà proiettato il 27 settembre a Benevento presso il Cinema Teatro S. Marco. Racconta di un artista chiamato a raccontare la storia di Giovanni Battista Casti, noto librettista e poeta, per i trecento anni della sua nascita. Da qui si prende l’occasione per discutere, nonché ragionare, con una certa ironica satira sull’importanza del recupero della memoria, sui motivi per i quali determinati autori sembrano essere riposti nel dimenticatoio e, soprattutto, sui modi per attuare tale operazione in particolare a favore delle nuove generazioni. Ma ecco che il regista ce ne parla nell’intervista!

L’intervista

Come nasce Casti quel che Costi? Ci racconti un po’ la sua genesi!

Il corto nasce come perfetta continuazione del mio ultimo lavoro filmico, il documentario su satira e religione “una risata ci salverà” e volendo ricordare la figura del protagonista cioè Giovanni Battista Casti, quando mi è stato proposto, ho trovato logico continuare sul quella falsa riga, inventandomi quello che può essere considerato a metà tra il mockumentary e il documentario reale ma con tutti i crismi della commedia cinematografica breve anche perché ho avuto la piena libertà di poter sperimentare e divertirmi: su un personaggio del genere era il minimo dover ampliare la parte umoristica.

Dal corto su Casti, emerge chiaramente il concetto della “memoria” legata al ruolo dell’arte, ovvero l’importanza di “ricordare”. Dunque, può provare a darci una definizione di “memoria” nell’arte? Soprattutto: in relazione a ciò, perché, secondo lei, è necessario ricordare?

In maniera del tutto egoistica ed egocentrica, chi fa questo mestiere brama spesso di essere ricordato di lasciare un segno anche se a volte lo maschera condendolo l’umiltà, e per questo ricordare (in questo caso) arte ed artisti nel tempo, quando stanno quasi per cadere nell’oblio o rimangono distrattamente rinchiusi nel nome di una piccola strada è assolutamente un atto dovuto, soprattutto se si tratta di artisti che rivisti oggi capisci che hanno nelle loro opere attraversato indenni centinaia di anni. Dunque, è importantissimo “ricordare” perché ci dà la possibilità di conoscere e sapere che molto spesso a mio avviso, la storia è ripetitiva quindi se ci ricordiamo di cose, avvenimenti e persone possiamo sempre imparare qualcosa di nuovo.

E il recupero di un autore come Casti quale funzione e quale potere ha al giorno d’oggi? Nella sinossi si legge anche dell’intenzione di una certa satira attuale.

Ricordare, ma diciamolo pure farlo scoprire o riscoprire una figura letteraria come quella di Casti è una fortuna in termini di visione della vita attraverso l’umorismo ma soprattutto la satira. Casti ci ha donato tra le tantissime perle: “Gli animali parlanti” un poema che sbeffeggiava, vizi, virtù degli uomini e della politica, le “novelle galanti” sono paragonabili a quello che possiamo leggere tuffandoci su Boccaccio o Verlaine (e non lo dico io), quindi abbiamo la possibilità di vedere il mondo satiricamente e la satira è quello strumento che ci può far capire meglio quali siano le contraddizioni in quello che oramai consideriamo convenzioni sociali. Non è scontato ma per ragionare come faceva lui, trecento anni fa occorreva quello che oggi chiamiamo pensare fuori dagli schemi. È un autore che seppur si burlava di tutto e di tutti, anche pesantemente è riuscito a divincolarsi tra le forti censure, e per fare questo ci vuole un grande intelletto. 

Eppure, la storia o anche il tempo non sono stati così clementi con il Casti, rimandati all’ombra di altri nomi – tra gli altri, viene menzionato anche Puccini – attualmente molto più celebri. Il suo discorso espresso nel corto come risponde a questa gerarchia artistica e/o letteraria?

Ci sono moltissimi autori dimenticati, lui è uno di questi, anche se fortunatamente ho notato che anche on line negli ultimi 10 anni si trovano almeno 3 tesi di laurea in importanti Università legate alla sua figura e ai suoi scritti; io nel corto utilizzo però questa dicotomia tra il tricentenario di Casti e il centenario di Puccini per sbeffeggiare un certo modo di fare le cose, e cioè ricordarsi degli autori solo in queste commemorazioni e non pensando alla validità delle opere ma cercando di banchettare con esse. Comunque ci sono molti autori che vengono tralasciati, se pensiamo che suo contemporaneo era Parini…e come dico nel corto, lo studiamo a scuola invece Casti no, dobbiamo anche chiederci chi è che sceglie ma soprattutto è necessario avere voglia di cercare e ricercare, fatti, idee persone anche se dimenticate da una parte dell’intellighenzia.

Il discorso su Casti si lega anche ad un altro problema molto più pratico, ma non per questo meno esistente e importante: l’arte spesso “non dà da mangiare”, ma l’uomo ne ha bisogno e, allora, è molto più facile allestire una performance su titoli e nomi conosciuti. Secondo lei, se pensa che ci possa essere un modo, come si può rovesciare questo paradigma? Come portare avanti questa battaglia artistica, al netto del fatto che l’arte è molto di più e non solo quella di cui oggi si stra-parla con argomentazioni e spettacoli obsoleti?

Su questa magnifica domanda potremmo iniziare un discorso infinito. Secondo il mio modesto parere il problema è che l’arte non è che non dia da mangiare, è che mangiano sempre gli stessi e come le iene e gli avvoltoi, tutti gli altri che fanno questo mestiere devono sempre cercare di spartirsi gli avanzi. Di contro o di continuo è difficilissimo sentir dire a qualcuno che si occupa di arte e di spettacolo: “non mi sento all’altezza” oppure “questa idea forse non è buona ci vorrebbe qualcuno più indicato di me” quindi aggiungendoci che per una cattiva rotta che il mondo sta prendendo in cui tutto deve essere mainstream e fruibile a tutti,  si corre il rischio di trattare il senso artistico solamente verso il gioco monetario e quindi non si crea più nulla di innovativo o i progetti vogliono essere talmente innovativi e stravolti da essere imbarazzanti.

A proposito dell’inattualità non tanto dei contenuti quanto delle modalità con cui questi contenuti vengono proposti, nel corto su Casti si pone il problema del “recuperare” la “memoria” per i giovani con una chiara satira al fatto che questo viene spesso frainteso o con la mancanza di un dialogo in effetti aggiornato su una platea sicuramente diversa rispetto a secoli, ma volendo anche anni, fa, o con uno snaturare e in molti casi svilire l’importanza alla base di quest’operazione. Pertanto, secondo lei come attuare questo “recupero” per i giovani? Come avvicinare, o meglio, ri-avvicinare questi ultimi all’arte?

Se io mi mettessi a parlare oggi con un sedicenne o un ventiseienne, ne ho 43, credo che avremmo grossi problemi a rapportarci, ma è giusto che sia così, ci sono modi nuovi di comunicare. Io però mi occupo di linguaggio cinematografico e teatrale e diciamolo pure in questo caso di intrattenimento; quindi, secondo me bisogna fare come si è fatto sempre con i giovani, bisogna cercare di non annoiare e di stupirli e soprattutto di non considerarli solo dei potenziali acquirenti come per il marketing. Farli emozionare come per ogni fascia di età, quello che non ti aspetti è anche alla base della comicità, bisogna essere veloci stringenti, la soglia di attenzione si è abbassata tantissimo. Mi piace pensare che uscire fuori dagli standard sia un modo per poter parlare ai giovani, senza trattarli da idioti o da generazione svogliata, ma sono io il primo che deve studiare come farlo e farlo bene, poi il messaggio può anche non arrivare ma uno ci prova a rendere la storia per quella che è, cioè interessante, ma lo devi fare destrutturandola e cercando di dare le chiavi di questa destrutturazione anche ai giovani così da invogliarli a saperne di più.

Fonte immagine: Ufficio Stampa

A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson nasce il 26 Marzo 1998 a Napoli. Nel 2017 consegue il diploma di maturità presso il liceo classico statale Adolfo Pansini (NA) e nel 2021 si laurea alla facoltà di Lettere Moderne presso la Federico II (NA). Specializzanda alla facoltà di "Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e teoria" sempre presso l'università Federico II a Napoli, nutre una forte passione per l'arte in ogni sua forma, soprattutto per il teatro ed il cinema. Infatti, studia per otto anni alla "Palestra dell'attore" del Teatro Diana e successivamente si diletta in varie esperienze teatrali e comparse su alcuni set importanti. Fin da piccola carta e penna sono i suoi strumenti preferiti per potere parlare al mondo ed osservarlo. L'importanza della cultura è da sempre il suo focus principale: sostiene che la cultura sia ciò che ci salva e che soprattutto l'arte ci ricorda che siamo essere umani.

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