L’eternità e un giorno (1998), diretto dal regista greco Theodoros Angelopoulos e vincitore della Palma d’Oro a Cannes, è considerato uno dei vertici del cinema europeo contemporaneo. Un viaggio sospeso tra vita e morte, tra memoria e presente. Eterno e fugace qui si rincorrono a vicenda, come due ombre che non si raggiungono mai, disegnando il ritmo segreto della vita. Attraverso la figura di Alexandre, scrittore malato alla sua ultima giornata, Angelopoulos riflette sul senso dell’esistenza e sulla possibilità che un solo istante possa racchiudere un’intera vita (come suggerisce il titolo della pellicola). Piani-sequenza contemplativi e atmosfere rarefatte costruiscono un tempo sospeso, in cui realtà e memoria si confondono, e così ogni gesto diventa eterno. Anche grazie alla musica struggente di Eleni Karaindrou, il film si pone come un’esperienza, un invito a fermarsi e a contemplare il tempo. L’eternità e un giorno, recensione:
L’eternità e un giorno, recensione: la trama
Alexandre è un celebre scrittore ormai piegato dalla malattia, consapevole che il tempo gli scivola via e che le sue giornate si riducono a poche ore. In quella che appare come la sua ultima giornata, si muove come un viaggiatore dentro la propria memoria. Così, inizia a rivedere luoghi che un tempo gli appartenevano, figure amate e perdute. In generale, frammenti di vita che riaffiorano come echi lontani.
In questo cammino sospeso tra addio e rivelazione, incontra un giovane migrante albanese, fragile e solo, e lo accoglie come un compagno inatteso. Quel legame improvviso diventa lo specchio di una speranza che sembrava spenta. Negli occhi del bambino, infatti, Alexandre ritrova l’innocenza; la possibilità di un futuro che non gli appartiene più ma che continua a vivere altrove. Così il film si trasforma in un viaggio verso la fine che è anche un nuovo inizio. Un addio carico di dolcezza, dove il giorno che resta diventa l’eternità di un’esistenza intera. Di seguito, il trailer del film:
L’eternità e un giorno, recensione: regia ipnotica e stile scultoreo
Theodoros Angelopoulos costruisce un’opera contemplativa. I piani-sequenza lunghi e i movimenti di macchina lenti, quasi coreografici, finiscono per avvolgere lo spettatore in una danza ipnotica. Ogni inquadratura sembra durare oltre il necessario, come se volesse costringerci a fermarci e a guardare più a fondo, oltre la superficie. Un invito a scorgere nelle pieghe del silenzio la verità che sfugge alla velocità del mondo contemporaneo. La fotografia di Giorgos Arvanitis è essenziale e poetica. Regnano luci soffuse e i paesaggi sono spesso avvolti dalla nebbia. Anche gli interni malinconici riflettono lo stato d’animo del protagonista.
Il tempo si dilata fino a diventare materia tangibile, ed è così che la narrazione, più che procedere, resta sospesa. Non importa davvero “cosa accade” in questo film, ma “come accade” e quale traccia lascia dentro chi guarda. La regia si muove quindi sul confine sottile tra realismo e sogno, rendendo concreto il contrasto tra il peso del presente e l’evanescenza della memoria. Viene generata una dimensione atemporale in cui i vivi dialogano con i morti e la vita stessa sembra trascolorare nell’eternità.
I morti sono le persone amate e perdute che Alexandre porta con sé: su tutte, la moglie defunta; in generale, le figure del passato. Angelopoulos fa sì che questi personaggi non appartengano a un tempo separato, ma siano presenze vive nello spazio della narrazione. La memoria diventa così reale e il passato continua a esistere nel presente. La grandezza di Angelopoulos in L’eternità e un giorno sta nella sua capacità di scolpire il tempo, rendendo il cinema un rito di contemplazione e non solo puro intrattenimento.
L’eternità e un giorno, recensione: il tempo, la memoria e la fine
Il film affronta il rapporto con il tempo, la memoria e la fine e la vicenda personale di Alexandre viene trasformata in una meditazione universale. Ogni incontro diventa il frammento di un mosaico che cerca di trattenere ciò che inevitabilmente sfugge. Alexandre ripercorre i propri affetti e rivive soprattutto il legame con la moglie defunta, una presenza che aleggia come un fantasma dolce e incolmabile, insieme alle parole mai scritte, alle opere lasciate incompiute, ai sogni lasciati a metà. Si tratta di tutto quel materiale umano che un’esistenza non riesce a contenere ma che continua a vivere nella memoria.
L’incontro con il bambino migrante introduce un controcanto inatteso. Il contrasto è stupendo: la fragilità di chi non ha ancora trovato un posto nel mondo si intreccia con l’ultimo sguardo di chi sta per lasciarlo. La fine imminente del protagonista si contrappone così alla possibilità di un nuovo inizio, alla speranza che la vita possa continuare altrove, in altri occhi, in un futuro che non gli appartiene ma che egli contribuisce a illuminare.
L’eternità del titolo si incarna nel presente, non è un concetto astratto. Si intreccia con l’istante, in particolare con quel giorno che da solo diventa il simbolo di un’intera esistenza. Angelopoulos suggerisce che tutto il senso della vita possa concentrarsi in un unico momento di consapevolezza, in quell’attimo epifanico in cui memoria e presente si sovrappongono e la fine si trasforma in rivelazione.

Perché vederlo oggi
L’eternità e un giorno è un film che parla al presente con una forza intatta. In un’epoca dominata dalla velocità, dai racconti brevi e consumabili, Angelopoulos ci costringe a rallentare e a fare esperienza del tempo nella sua densità. Guardarlo oggi significa confrontarsi con le domande essenziali: cosa resta di noi quando tutto finisce? Quale traccia lasciano i nostri gesti, le nostre parole, i nostri legami?
La sua lentezza sembra essere un esercizio di resistenza contro la superficialità del vivere quotidiano. È cinema che di certo non offre risposte facili, ma che è in grado di spalancare spazi di pensiero e di emozione. Per questo L’eternità e un giorno continua a essere attuale, perché ci ricorda che anche un singolo istante, se vissuto con consapevolezza, può racchiudere l’infinito.
Dove vederlo
L’eternità e un giorno non è sempre facile da reperire, come molti dei film di Theodoros Angelopoulos. In Italia è stato distribuito in DVD da diversi editori e, a tratti, reso disponibile in streaming su piattaforme dedicate al cinema d’autore come MUBI, Cineteca di Bologna/Il Cinema Ritrovato o su alcuni cataloghi on demand. Non di rado viene riproposto anche in rassegne e festival dedicati al cinema europeo. Chi desidera vederlo oggi può quindi cercarlo in formato fisico o tenere d’occhio i servizi di streaming che periodicamente inseriscono le opere del regista greco.
Fonte immagine in evidenza: Amazon Prime Video