Migliori film di Michelangelo Antonioni: 4 titoli da vedere

Migliori film di Michelangelo Antonioni: 4 titoli da vedere

I film di Michelangelo Antonioni sono iconici del cinema moderno italiano, sebbene non siano sempre conosciuti. Antonioni è un regista italiano nato nel 1912 a Ferrara. Ha segnato il cinema italiano (e internazionale) con il suo linguaggio modernista e originale. Alcune delle sue opere sono delle vere e proprie perle del cinema, come il Deserto Rosso con Monica Vitti, e ogni appassionato del cinema italiano del XX secolo dovrebbe conoscerne alcune.

(I film non sono numerati dal più bello al meno bello, o viceversa)

I più bei film di Michelangelo Antonioni

1. La Notte (1961)

Film di Michelangelo Antonioni
Poster de La Notte 

«La vita sarebbe sopportabile se non ci fossero i piaceri.» (Giovanni Pontano)

La notte è un film romantico dai toni drammatici, o forse è meglio dire che il tono nostalgico e drammatico prevale su quello romantico. Parla di una relazione tra coniugi dell’alta borghesia di Milano, Giovanni Pontano, uno scrittore influente interpretato da Marcello Mastroianni, e Lidia, interpretata da Jeanne Moreau. La forza della coppia, che è già cigolante, è cosparsa da un senso di tedio e viene messa in dubbio da seconda figura femminile, Valentina, interpretata dalla magnifica Monica Vitti.

Marcello Mastroianni e Monica Vitti sono scelte che spesso tornano nei film di Antonioni; in particolare la seconda, che aveva un posto speciale nel cuore del regista ed è presente in molti dei film che ha girato.

Nel film c’è molta malinconia, elemento che viene rinforzato dall’uso della lente in bianco e nero. Il tema dell’incomunicabilità tra i due coniugi è forte: tra di essi è palpabile la frizione e il sottile disgusto, che a volte viene nascosto da effusioni affettive di parole e gesti ma i due non sono in grado di farsi capire l’un l’altra.

2. L’Avventura (1960)

Poster de L’avventura

«A chi servono le cose belle, Claudia, quanto durano? Una volta avevano i secoli davanti, oggi al massimo dieci, venti anni, e poi.» (Sandro)

Ne L’avventura di Antonioni si parla del viaggio su un’isola da parte di Anna e Claudia (Monica Vitti), due amiche. Sull’isola vi è il partner di Anna, Sandro. Il colpo di scena avviene quando Anna scompare all’improvviso, non si trova più e viene organizzata una spedizione per cercarla.

L’assenza di Anna non impedirà a Sandro e Claudia di far nascere tra di loro un’intesa, che poi sfocerà in un coinvolgimento amoroso. L’amore tra i due, però, è consapevole e intriso di senso di colpa.

Anche in questo film si esplora la relazione coniugale da un punto di vista intimo, nelle sue sottigliezze e nelle paure meno visibili della vita di tutti i giorni. Riceviamo il contorcimento interiore dei personaggi, come se fossimo costantemente sul filo del rasoio per le loro anime in pena.

3. L’Eclisse (1966)

Poster de L’eclisse

«Chissà perché si fanno tante domande? Io credo che non bisogna conoscersi per volersi bene. E poi, forse, non bisogna volersi bene.» (Vittoria)

L’amore qua viene esplorato nella relazione tra Piero (Alain Delon) e Vittoria (Monica Vitti). Vittoria è un’abile traduttrice, Piero è un broker, un lavoratore in borsa. I due si incontrano dopo che Vittoria si è lasciata con un precedente, un certo Riccardo.

La relazione all’inizio sembra appassionata, ma emergono subito i segni di chiare difficoltà future. Come accadeva ne L’avventura, i due amati non riescono a funzionare come vorrebbero: incomprensioni, escandescenze, silenzi. La loro relazione viene messa ancora di più alla prova con l’arrivo di un’eclissi; da questo avvenimento sarebbe stato scelto il titolo del film.

L’eclissi non è solo un’immagine nel cielo che viene mostrata. Non viene menzionata, finché non giunge alla fine del film come una seconda (o terza) protagonista: interi minuti vengono occupati dalle immagini di strade che si vedono private della loro luce, senza la presenza di persone, senza la presenza di battute. Qua, l’eclissi, esprime perfettamente il senso di incomunicabilità tra i personaggi, tipico del regista.

4. Blow-up (1966)

Poster di Blow-up

«Non è colpa mia se non c’è pace. C’è chi fa il torero, il deputato. Io faccio il fotografo… » (Thomas)

Il film tratta di un fotografo, Thomas, intrepretato da David Hemmings. La frase messa in evidenza esprime bene l’approccio del fotografo alla vita: è un artista che vive immerso nel divertimento, la marijuana e la noia per la vita in generale. 

“Blow up” significa “esplosione”: potrebbe far riferimento proprio al click della fotocamera, oppure alla sensazione che Thomas ha avuto quando ha ripreso, per sbaglio, un avvenimento di morte. Quando questo è accaduto si trovava in un parco pubblico, sul far della sera, a scattare foto casuali. È da questo snodo narrativo che il film prende ritmo e tensione.

Il tema del film è la realtà e l’impossibilità per noi essere umani di “ingrandire” (come in una fotografia) la nostra visione sul mondo e capirlo. Anzi, ogni volta che cerchiamo di approfondire sui suoi dettagli, facendo “zoom in”,  riceviamo un’immagine ancora più sfocata. Possiamo vedere questo fenomeno riflesso nella vicenda che coinvolge la vita di Thomas in Blow-up.

Cosa rende i film di Michelangelo Antonioni così speciali

A rendere i film di Antonioni così apprezzabili e struggenti è in primo luogo il tema dell’alienazione: tutte le coppie prese in considerazione nei film citati sono fatte da individui soli e incapaci di comunicare con l’un l’altro; sembra inoltre che non siano capaci di comunicare in primo luogo con se stessi.

L’incomunicabilità e l’alienazione sono temi comuni del vivere umano (almeno quello odierno e recente): questo spinge lo spettatore che si interfaccia con la visione di Antonioni a porsi domande e guardarsi dentro. È anche probabile che ci sia una critica verso questa incapacità di comunicare sinceramente, soprattutto verso l’alta borghesia e i suoi codici di comportamento non scritti.

Lo stato d’animo complesso è riflesso nella disposizione attenta dell’architettura e degli oggetti, delle composizioni geometriche nella lente; naturalmente, anche nei colori. Il vuoto spaziale (come quello ne L’eclissi) diventa vuoto interiore.

 

Fonte Immagine in Evidenza: Wikicommons

 

 

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