Paterson (film): la poesia e la vita

Paterson: la poesia e la vita

Paterson è il film che ha reso noto al grande pubblico Jim Jarmusch, Leone d’Oro per il miglior film alla Mostra del Cinema di Venezia 2025 con Father, Mother, Sister, Brother. Un film fatto di poesia, che richiede allo spettatore uno sforzo di sensibilità.

Chi non si è sentito piccolo e inconsapevole quando David Foster Wallace in Questa è l’acqua ha spiegato a tutti che, in mezzo al traffico o in fila al supermercato, esiste la possibilità di non lasciarsi trascinare acriticamente dalla noia e dal nervosismo? Chi aveva mai pensato che esiste la possibilità di imparare a pensare, imparare cosa e come pensare, per rimanere svegli e coscienti nel mondo adulto?

Paterson, il protagonista del film di Jim Jarmusch, è uno che sta imparando a pensare. Non per capire che cosa fare della sua vita, come guadagnare di più, se mettere su famiglia o se mettere su una carriera; sta imparando a pensare a chi vuole essere.

Paterson di Jim Jarmusch

La storia inizia in medias res e racconta sette giorni della vita di Paterson, autista di autobus, e della sua compagna. Una pellicola del 2016 ora riproposta da Rai Play e riscoperta all’indomani del Leone d’Oro consegnato a Jarmusch per Father Mother Sister Brother alla 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Paterson è anche il nome della cittadina del New Jersey in cui il film è ambientato, una omonimia tutta giustificata dal continuo rimando tra mondo esterno e mondo interno. Il paesaggio grigio e monotono come proiezione della vita abitudinaria e sopita del protagonista. Petrarca in questo ha fatto scuola.

La sua compagna si chiama Laura, come la Laura del poeta. Ha sogni ingombranti e rumorosi e di questo vive. Lui, invece, vive della poesia che riesce a rubare alla realtà. E mentre la moglie affolla la sua esistenza di sogni e di avventure, senza troppo pensare, lui pensa senza troppo agire, raccogliendo le tracce dei sogni altrui, strappando alla quotidianità le parole più belle. Come le conversazioni in autobus, incastonate tra una lamentela e l’altra di un collega che, al contrario, non ha imparato a pensare.

La più stimolante è quelle di due ragazzi – i due protagonisti, di nuovo insieme, di Moonrise Kingdom – che si confrontano sulla vita dell’anarchico italiano Gaetano Bresci e si chiedono se gli anarchici abbiano ancora ragion d’essere.

La poesia come essenza del film

Ed è la poesia la vera sostanza di cui è fatto questo film, una poesia sonnecchiante e un po’ raggrinzita dalla routine, di cui il protagonista non smette mai di prendersi cura durante le sue giornate, in ogni più insignificante gesto, nel modo in cui sceglie di guardare il mondo, di amare, di percepire.

Anche la perdita del taccuino segreto per Paterson non è che un’occasione da cogliere per una nuova pagina bianca resa possibile dalla decostruzione del sé di sempre e dall’incontro con il mondo orientale che tanto ha da insegnare agli occidentali che ancora credono che essere corrisponda a fare.

Un semplice autista di autobus. No, un poeta. E non un poeta dal talento straordinario o un piccolo prodigio della provincia: Paterson è esattamente un altro mondo di leggere gli eventi della vita, simile a quello suggerito da Wallace. È un modus vivendi non risolto, ma spesso risolutivo per uscire dallo stato di mediocrità in cui si rischia di restare impantanati. È una parola scelta meglio in mezzo al superfluo del mondo, scelta con garbo, sensibilità e profondità.

Un film discreto per spettatori che hanno voglia di capire

Garbata e profonda come la fotografia firmata dallo statunitense Frederick Elmes, che non edulcora ma esalta la bellezza e la complessità dello sguardo del protagonista. Adam Driver e Golshifteh Farahani si conoscono a memoria, eppure si riscoprono a ogni passo, assecondando le trasformazioni l’uno dell’altro e con l’obiettivo, sempre, di conciliare i loro sogni e i loro mondi, diversi, complessi, ma intimi.

Lo spettatore deve metterci del suo per collegare gli spunti che il regista semina qua e là, con discrezione, e cogliere l’essenza del film. La trama narrativa è ripetitiva e sfibrata, come le poesie del protagonista, e non vuole convincere; si limita piuttosto a suggerire. Sta a chi guarda cogliere dove si nasconde la “maglia rotta nella rete”. Proprio come fa Paterson mentre guarda il mondo che gli scorre intorno.

 

Immagine in evidenza: locandina del film

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