In un’era tecnologica, in cui l’intelligenza artificiale accompagna – e talvolta sostituisce – sempre più l’uomo nel lavoro e nelle attività quotidiane, nasce un robot che ha come unico scopo quello di tenere compagnia. Stiamo parlando di Lovot, una simpatica creatura robotica che, con l’aiuto di processori ad alta tecnologia, è in grado di percepire e simulare le emozioni umane.
L’origine dei Lovot
I Lovot – nome originatosi dall’unione delle parole love (amore) e robot – nascono nel 2018 da un’idea di Kaname Hayashi, CEO della GROOVE X, con lo scopo di combattere uno dei problemi più grandi della società giapponese: la solitudine. Le vendite di queste simpatiche creature sono aumentate notevolmente durante la pandemia di Covid-19, a causa dell’isolamento che ha ostacolato ulteriormente i contatti umani e aumentato il senso di solitudine generale. Ad oggi, vengono acquistati non solo da singoli clienti: alcune case di cura li impiegano per tenere compagnia agli anziani; a Tokyo, inoltre, è nato il primo Lovot Café, un pet café in cui è possibile sorseggiare una bevanda gustosa o consumare un pasto mentre si è in compagnia di questi particolari robot.
La tecnologia dietro i Lovot
I Lovot sono in grado di riconoscere le emozioni umane e reagire di conseguenza, allo scopo di portare gioia e serenità. Quando vogliono essere presi in braccio e coccolati, ritraggono le loro ruote e sollevano le braccia verso il loro padrone; quando vengono solleticati, ridono; quando vengono accarezzati, cercano ulteriori attenzioni. Con più di 50 processori e sensori di diverso tipo, i Lovot sono in grado di comportarsi proprio come degli esseri senzienti. Le loro azioni non sono pre-programmate, ma vengono calcolate autonomamente, apprendendo dagli stimoli esterni ed elaborando delle risposte a essi in maniera unica. Sul loro capo hanno un corno che funge da antenna, in cui sono presenti una videocamera a 360 gradi con microfono, per riconoscere lo spazio e i suoni, una termocamera, grazie alla quale sono in grado di distinguere gli esseri umani da oggetti inanimati, e diversi sensori di movimento. Con un’enorme varietà di colori, anche i loro occhi sono stati progettati nei minimi dettagli per poter apparire realistici e riuscire a trasmettere le loro “emozioni”.
Alcune considerazioni
Il seguito che i Lovot hanno avuto in Giappone la dice lunga sul sentito bisogno di compagnia e affetto all’interno della società odierna. L’idea di una tecnologia che è in grado di tendere la mano all’uomo soddisfacendo i suoi bisogni emotivi può sembrare qualcosa di positivo, per alcuni anche geniale. C’è, tuttavia, un rischio importante che è necessario considerare. Già negli ultimi anni si è assistito a come la nascita di sistemi di IA accessibili a chiunque (come ChatGPT) abbia provocato un assopimento del pensiero critico. Uno studio condotto dall’Università Carnegie Mellon e Microsoft Research ha evidenziato come la fiducia nell’IA porti a un minor esercizio cognitivo e, di conseguenza, a una riduzione di tale pensiero critico. Tenendo conto di questa prospettiva, l’idea di una tecnologia in grado di sostituire il valore di un rapporto umano diventa piuttosto allarmante. La domanda sorge, dunque, spontanea: sono i robot che con la loro tecnologia avanzata si avvicinano sempre più all’essere umano o è, invece, l’essere umano che, rinunciando gradualmente alle proprie facoltà intellettuali ed emotive, si fa sempre più macchina? Una riflessione che, per quanto siano carini i Lovot, non possiamo tralasciare.
Fonte immagine: Wikimedia Commons da RuinDig