Le Avventure di Pinocchio: magnum opus di Collodi

Le avventure di Pinocchio

Il Pinocchio di Collodi: un successo intramontabile. Le Avventure di Pinocchio rappresenta il romanzo riconosciuto come magnum opus del celebre Carlo Lorenzini

Carlo Collodi, che sceglie di utilizzare lo pseudonimo prendendo ispirazione dal paese natale della famiglia materna, inizia la sua carriera letteraria come giornalista: il primo articolo, “L’Arpa”, emerge su “L’Italia Musicale”. 

Nonostante la sua produzione comprenda anche altre raccolte e sebbene la sua carriera sia stata attraversata da quello che viene definito “diluvio di opere”, il nome di Collodi è immediatamente associato a Le Avventure di Pinocchio: opera che, dal punto di vista editoriale, ha alle spalle una storia complessa.  Collodi inizia a scrivere Storia di un burattino nel 1881,  pubblicata a puntate sulla rivista  “Il Giornale per Bambini” e, solo nel 1883 si ha la prima edizione in volume, presso l’editore Paggi.

Il titolo definitivo dell’opera è, infatti, Le Avventure di Pinocchio sottotitolate Storia di un burattino.  Il romanzo, di cui ognuno conosce la trama,  ha goduto, nel corso del tempo, di differenti chiavi di lettura: sia per quanto riguarda i significati generali, la struttura compositiva e contenutistica, sia per la scelta di alcuni personaggi, per il ruolo da loro ricoperto. Per riportare un esempio, è sufficiente ricordare che l’opera è stata analizzata da un punto di vista religioso pur se Collodi, di intenti teologici, ne aveva ben pochi.

La figura del Serpente che il burattino incontra quando sente d’esser pronto a cambiar vita ha aperto differenti snodi critici: il cardinale Biffi vi legge una rappresentazione della figura di Satana; c’è un’altra parte della critica che analizza l’incontro, sicuramente non inserito in virtù di un mero intermezzo comico, come una figura che simboleggia un momento di regressione e che «atterrisce» perché determinante per un percorso iniziatico di maturazione ancora lontano. Si hanno, dunque, molteplici proposte d’analisi per tutto il corpus dei 36 capitoli del romanzo: questo accade per la figura di Maestro Ciliegia, per Geppetto, per il Grillo Parlante, per il Gatto e la Volpe, per la Fata, per Mangiafuoco e per molti altri animali, personaggi  e situazioni che si incontrano nel corso delle pagine toscane. Apre un dibattito complesso anche la quaestio sull’origine di Pinocchio: pezzo di legno di catasta misterioso. Motivo che testimonia la scrittura dell’autore che abbraccia differenti tradizioni letterarie: da quelle più antiche (Ovidio con Le Metamorfosi)  a quelle a lui più vicine (Basile con Lo cunto de li cunti). 

In aggiunta, analizzando l’opera in un’ottica generale e non per singole azioni e figure,  va sottolineato che l’autore è indubbiamente influenzato dal contesto sociale e culturale che lo circonda: il suo testo si ritrova al centro tra un romanzo d’impostazione veristico-rusticana e tra la tradizione normativa dell’opera pedagogica di Croce. Il Pinocchio di Collodi, l’inimitabile burattino-bambino, sicuramente ha in sé elementi legati alla tradizione della Commedia dell’Arte, con la figura giocosa di Stenterello: personaggio toscano per eccellenza. Trae insegnamento dalle fiabe francesi che aveva ampiamente letto e tradotto per la “Biblioteca Scolastica” nel 1876, andando però ad operare una riconfigurazione, trasformando le vicende d’oltralpe in pezzi di racconti toscani. Collodi modifica vari aspetti, a a partire dall’impronta linguistica: l’autore italiano sceglie di non riportare le moralités francesi operando una copia ma sceglie di adattarle al proprio contesto culturale e sociale: utilizza le massime che, in maniera sintetica e chiara, insegnano comunque qualcosa. 

Per concludere, si può riflettere su quanto l’opera di Collodi sia amata, ancora oggi, dal pubblico. Questo avviene anche perché Le avventure di Pinocchio è un romanzo caratterizzato da eccezionale riproducibilità tecnica: basti pensare a quanto il Pinocchio di Collodi riesca ad affacciarsi su differenti territori artistici: il fumetto di Jacovitti del 1964, la produzione teatrale di C. Bene, la  serie televisiva di Comencini, la produzione cinematografica di Benigni o a quella recente di Garrone. Si tratta di un’opera che ben si adatta ai differenti media artistici, ci si riferisce anche alla produzione di Balletto del Teatro San Carlo di Napoli e alla recente rappresentazione presso le Officine Vigliena a San Giovanni a Teduccio (NA). 

Fonte immagine: Pixabay 

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