Lucio Leone: presentazione de "La Ferita"

Lucio Leone: presentazione de "La Ferita"

Il 29 novembre presso la Libreria Iocisto al Vomero si è tenuta la presentazione del libro di Lucio Leone: La Ferita, Alessandro Polidoro Editore. A discutere sui temi portanti di questo nuovo frutto dello scrittore sono stati i due autori Federica Flocco e Eduardo Savarese.

“La Ferita ha avuto una genesi complessa”

Così esordisce Lucio Leone visibilmente emozionato e desideroso di parlare del suo libro appena uscito, che sembra avere significato per lui non soltanto un lungo periodo di scrittura ma anche e soprattutto un viaggio interiore, quasi catartico. E sono proprio queste le aspettative che pone nel presentarci il libro: un percorso di immersione nel dolore altrui per scoprire il nostro ed esorcizzarlo.

Lucio Leone scrive un romanzo che domanda

Sui toni di un noir, si articola la storia di un uomo che di professione incide i corpi dei suoi pazienti suicidi per immergersi nelle loro coscienze e far sì che il gesto estremo non si compia. Ma ad un certo punto la situazione degenera: dopo l’ennesimo tentativo scopre una verità oscura sul suo passato. Si parla della morte, della depressione, della grande domanda che tutti ci poniamo davanti alla manifestazione di un qualcosa su cui la volontà umana non ha potere decisionale: “Perché?”. Sono pagine fatte di “domande di cui avere coscienza”, sostiene Federica Flacco, nelle quali l’intento dello scrittore non è quello di cercare delle risposte ma quello di fare sorgere dubbi nel lettore. È la coscienza di ciascuno di noi ad essere interrogata nel suo rapporto con ciò che identifichiamo come un male – con una percezione Occidentale a ben dire di Eduardo Savaresequando, invece, è il mistero arcano che più ci riguarda tutti: la morte e ciò che spesso spinge l’essere umano ad essa per motivazioni non impossibili da intuire ma complesse.

Si abbraccia, allora, il senso di colpa per spalmarlo con la misericordia che non è tanto da identificare con il verbo “compatire” quanto con quello di “accogliere ed elaborare la ferita”, afferma Savarese ponendo il focus su una certa spiritualità che pare permeare il romanzo. Ma Lucio Leone sostiene che questo avvicinamento al dolore ha una matrice prima psicologica e poi, tutto sommato come conseguenza, spirituale: l’uomo è l’unico essere nell’intero cosmo ad avere una coscienza critica; incidere una ferita in un corpo diverso dal proprio consentendogli di fare suo un dolore sconosciuto, pertanto, diventa un espediente attraverso cui il cosmo stesso si interroga e si fa autocritica per rigenerarsi. Simbolo di questa capacità umana e cosmica allo stesso tempo è l’albero, messo non a caso a decorare la copertina, che raffigura un movimento dal basso verso l’alto secondo cui si arriva alle radici per nutrirle di dubbi. Essi non hanno una connotazione negativa nella percezione dell’autore, anzi, si fanno portavoce di un’esigenza di entrare in contatto col prossimo, di unirsi, che ancora una volta si manifesta contemporaneamente come una volontà umana e universale.

Il romanzo conta un centinaio di pagine, è breve ma si presenta denso di temi non scontati, difficili da sbrogliare. Per alleviare quella nebbia cupa che altrimenti si sarebbe condensata durante la lettura, l’autore giustifica e ci spiega il suo ricorso ad un certo simbolismo, che nel suo surrealismo riconduce il lettore ad una patina quasi favolistica. Le premesse sono interessanti, la presentazione è stata esaustiva e ha sicuramente stimolato la nostra curiosità!

A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson nasce il 26 Marzo 1998 a Napoli. Nel 2017 consegue il diploma di maturità presso il liceo classico statale Adolfo Pansini (NA) e nel 2021 si laurea alla facoltà di Lettere Moderne presso la Federico II (NA). Specializzanda alla facoltà di "Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e teoria" sempre presso l'università Federico II a Napoli, nutre una forte passione per l'arte in ogni sua forma, soprattutto per il teatro ed il cinema. Infatti, studia per otto anni alla "Palestra dell'attore" del Teatro Diana e successivamente si diletta in varie esperienze teatrali e comparse su alcuni set importanti. Fin da piccola carta e penna sono i suoi strumenti preferiti per potere parlare al mondo ed osservarlo. L'importanza della cultura è da sempre il suo focus principale: sostiene che la cultura sia ciò che ci salva e che soprattutto l'arte ci ricorda che siamo essere umani.

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