Mosche nere di Shannon Burke, paramedici ad Harlem

Mosche nere di Shannon Burke, paramedici ad Harlem

Mosche nere New York in putrefazione (titolo originale: Black Flies) è l’ultimo romanzo di Shannon Burke, tradotto da Seba Pezzani. Edito da Marotta&Cafiero, nell’ambito della collana “Le zanzare”, Mosche nere narra di un’ America violenta e degradata attraverso gli occhi di un giovanissimo paramedico, la cui vita viene completamente travolta da questo lavoro che non è solo un mestiere ma una vera e propria vocazione. 

Shannon Burke è uno scrittore e sceneggiatore americano. Ha lavorato per quattro anni come paramedico a New York. Altri romanzi sono: “Corpi neri” (Isbn edizioni, 2010), “The brothers years” (Random House, 2020), “Into the savage country”(Knopf Doubleday Publishing Group, 2015), “Safelight”(Random House, 2015). 

Mosche nere – la trama

Siamo ad Harlem, nella periferia di New York. Ollie Cross è un ragazzo di vent’anni che decide di trasferirsi a New York dalla sua fidanzata, Clara, dove tenta i test di ammissione a medicina.  Nel frattempo, Ollie inizia a lavorare come paramedico ad Harlem, uno dei quartieri più violenti e degradati della città, abitato soprattutto da “skel”(balordo). Qui conosce la sua squadra di lavoro, in primis il suo partner, Rutkovsky, che diventerà il suo mentore, ma anche Verdis, LaFontaine, Rivett. Nella stazione di Harlem, i paramedici trascorrono gran parte della loro vita: migliaia di pazienti vengono da loro soccorsi con l’ambulanza, persone che poi riceveranno le cure mediche in ospedale in seconda istanza. Ma sono loro che lavorano in prima linea, che si confrontano, a qualsiasi ora del giorno e della notte, con casi “umani”, uomini e donne che vivono nell’illegalità, in una condizione di degrado, abbandonati completamente dalle istituzioni, gran parte delle volte, feriti o moribondi a causa del loro comportamento. Un mondo parallelo composto da uomini, donne, bambini che probabilmente, se sopravvivranno, continueranno a spacciare droga, ad uccidere, a rubare. E quindi, Ollie inizia a chiedersi se è giusto aiutarli o forse sarebbe meglio lasciarli morire, cosi da fare un favore alla società. 

Ollie, un ragazzo semplice e tranquillo, ben presto resterà travolto da tutto questo: assorbito completamente dal suo impiego, con turni settimanali di 80 ore, perde di vista la sua vita e la differenza tra giusto e sbagliato. 

«È difficile spiegare questa transizione a chi non c’è mai passato in mezzo, ma quando non riesci a dormire la tua vita è completamente vuota e vedi la morte così spesso che diventa una banalità e ti senti carico della colpa di essere vivo tra i morti, allora rischi di diventare quel tipo di individuo che è indifferente e immune alle normali sensazioni del mondo di tutti i giorni.»

Mosche nere è un romanzo ben scritto, dalla scrittura fluida e coinvolgente; con intramezzi fotografici e con l’indicazione di una playlist da ascoltare, Mosche nere è un viaggio ad Harlem, nelle strade buie e solitarie di un’ America violenta ma è anche un viaggio sul significato vero di cosa significa essere “umani”. 

«È un modo di proteggersi- questa insensibilità- ma porta con sé un rischio peculiare di questa professione . Quando tutto è senza senso, comprese la vita e la morte delle persone che ti stanno intorno, allora la porta è aperta alla possibilità di essere malvagi, fottutamente malvagi.»

Fonte Immagine: Sito web Marotta&Cafiero

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A proposito di Rita Giordano

Sono laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche e mi occupo di progettazione sociale per il No Profit. Mi definisco curiosa e appassionata verso l’arte in tutte le sue forme: amo scrivere, dipingere ma soprattutto leggere, tanto da andare in astinenza se non leggo per più di un una settimana. Ho collaborato con varie riviste specializzate (Storie, Cevitasumarte, Guerra e Pace, Eco delle città).

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