“Sull’orlo della gioia” di Nadia Chiaverini, edito da Terra d’ulivi, è un libro che sfida la linearità tradizionale della lettura e propone un percorso poetico dove i confini si intrecciano e le polarità convivono, in un sottile equilibrio tra ordine e caos. La stessa autrice, nella nota introduttiva, parla di una gestazione complessa: non tanto per la scrittura dei singoli testi, quanto per la loro organizzazione. Qui il lettore percepisce subito come il senso dell’ordine non sia mera disposizione, ma un processo creativo che diventa ponte tra realtà e possibile, tra quotidiano e trascendenza.
L’energia toscana della poetessa emerge immediatamente: occhi marroni vivaci che scrutano con intensità, un sorriso capace di trasmettere forza e leggerezza insieme, ricci biondi che incoronano pensieri luminosi e proteggono immagini rassicuranti e coraggiose. Chiaverini appare come presenza dentro le cose che racconta, immersa nei dettagli concreti e nello stesso tempo proiettata verso l’infinito.
Il libro si divide in due sezioni principali, che possono essere lette capovolgendo la prospettiva, come se fossero due libri in uno: “Il tempo della melagrana” e “Sull’orlo della gioia”. L’idea del sotto-sopra e del capovolgimento simbolizza la capacità della poesia di Chiaverini di restituire al lettore un’esperienza dinamica e non convenzionale, dove ogni verso richiede una partecipazione attiva e una tensione fra lettura e immaginazione.
Poesia dalla sezione “Il tempo della melagrana”
“Non posso più mentire a me stessa/ la rabbia repressa scorre/ dalla ferita aperta/ Ho inseguito l’orma del lupo:/lui non vuole cambiare/ma io voglio essere felice/alleviare la mente/trasfigurare il quotidiano/ ancorarmi all’infinito/spandere raggi di gioia/ rinunciare alla certezza/ ascoltando la voce nascosta/”
Questa poesia rivela l’uso sapiente di immagini fortemente simboliche: la ferita aperta e l’orma del lupo evocano un dolore ancestrale, una forza istintiva da affrontare, mentre l’ancoraggio all’infinito e i raggi di gioia indicano resilienza e aspirazione alla luce. Il linguaggio è immediato ma lirico, oscillando tra concretezza corporea e dimensione spirituale. L’assenza del punto finale enfatizza il flusso continuo del pensiero, come se la voce interiore della poetessa non potesse arrestarsi, in un processo di apertura e trascendenza. Le figure retoriche dominanti sono la metafora (“ferita aperta”, “orma del lupo”) e l’iperbole (“spandere raggi di gioia”), mentre il ritmo spezzato dei versi crea un effetto musicale che riflette l’oscillazione tra tensione emotiva e desiderio di pace.
Poesia dalla sezione “Sull’orlo della gioia”
“Tolgo l’ancora. Salpa la vertigine/ scivola il soffitto/rapito dalla giostra/ emana fluido un sapore di luce/ e d’ombra che ingenuo sprofonda/tra le lenzuola/intreccio di gioiosa brama/nel vento teso del crepuscolo/il fremito/”
In questa poesia il linguaggio diventa più etereo e sensoriale. Le immagini poetiche fondono percezioni fisiche e spirituali: l’ancora che si solleva e la vertigine che salpa suggeriscono un movimento liberatorio, mentre “sapore di luce e d’ombra” crea una sinestesia vibrante e quasi tattile. Le metafore sono intense e immaginifiche, e l’uso dei verbi attivi (scivola, rapito, sprofonda) conferisce dinamismo e musicalità al verso. Anche qui l’assenza del punto finale mantiene la poesia in uno stato di sospensione, dove il senso si apre all’esperienza del lettore. Il tono evoca stupore e abbandono, in perfetta continuità con il concetto del libro come spazio sospeso e non lineare.
Chiaverini utilizza una forma libera, senza schema metrico rigido, dove la musicalità nasce dal ritmo interno dei versi, dall’alternanza di pause e accelerazioni e dall’uso di enjambement e ripetizioni. Il linguaggio figurato e le metafore, unite a un controllo attento della disposizione dei versi, rendono ogni poesia una stanza nella quale il lettore può entrare e respirare. Le poesie non si limitano a raccontare emozioni, ma costruiscono un “sistema poetico”, un labirinto accentrato che riflette la complessità della mente e della sensibilità dell’autrice. Il libro è anche uno specchio della modernità e della sfida interiore: si muove tra contrasti, tra il quotidiano e il sublime, tra rabbia e gioia, tra luce e ombra. La poetessa mostra come la scrittura possa diventare strumento di conoscenza di sé, di resilienza emotiva e spirituale, e come l’ordine nelle poesie non sia solo estetica, ma metodo per orientarsi nel caos della vita.
In conclusione, “Sull’orlo della gioia” è un’opera che cattura l’energia della sua autrice, la forza della sua presenza, e il potere della poesia di trasformare l’esperienza quotidiana in un percorso di luce e introspezione. Nadia Chiaverini non solo scrive versi: li vive, li attraversa, e invita il lettore a seguirla, con fiducia e meraviglia, dentro la complessità del sentire umano.
(di Yuleisy Cruz Lezcano)

