Neil Young è uno di quegli artisti che non ha bisogno di presentazioni per le generazioni più anziane, ma che ne richiede una per quelle più giovani come la Gen-Z: è un’icona del rock, attraversando una carriera di più di 50 anni. Ha fatto di tutto: dalle ballate acustiche fino a creare, secondo molti, le basi del grunge grazie ai suoi album con i Crazy Horse, ha fatto attivismo politico (ancora oggi, nonostante l’età, è un convinto sostenitore del Partito Democratico, partecipando a molti rallies), una cosa è certa: ha scritto alcune delle canzoni più intense, sincere e memorabili nella storia del rock. Ecco 4 canzoni di Neil Young da ascoltare se volete iniziare a capire chi è davvero Neil Young.
Heart of Gold (1972)
Probabilmente la sua canzone più famosa, tratta dall’album Harvest. È un brano semplice, acustico, ma con una dolcezza malinconica che ha conquistato milioni (500 milioni su Spotify) di ascoltatori. Il testo parla della ricerca dell’autenticità e dell’amore vero.
È anche la canzone che ha fatto famosamente “arrabbiare” Bob Dylan perchè avrebbe voluto scriverla lui: Mi è sempre piaciuto Neil Young, ma ogni volta che ascoltavo ‘Heart of Gold’ mi dava fastidio. Credo che sia rimasta al primo posto in classifica per molto tempo, e io dicevo: ‘Cazzo, quello sono io. Quello sembra me. Se sembra me, allora dovrei essere io.
After the Gold Rush (1970)
Una delle canzoni più surreali di Neil Young. Tratta dall’omonimo album, è un brano suonato quasi interamente al pianoforte, con un’atmosfera sospesa e apocalittica, suonata come se fosse durante la fine del mondo, o magari dopo. Il testo, come molti altri nell’album, è stato interpretato in mille modi: potrebbe parlare di ecologia, di fine del mondo, di visioni apocalittiche, della decadenza americana, della caducità della vita… insomma, scegliete voi. Qualsiasi interpretazione va bene.
Don’t Let It Bring You Down (1970)
Tratta anch’essa da After the Gold Rush, questa canzone è uno degli esempi più puri della malinconia tipica di Neil Young. La voce fragile e alta, la chitarra accordata in modo aperto e il testo apparentemente oscuro creano un’atmosfera unica: grigia, urbana, solitaria. Abbiamo anche un ritornello che può essere interpretato in due modi:“Don’t let it bring you down, it’s only castles burning” potrebbe essere ironico oppure speranzoso. È una canzone che parla di disillusione, ma potrebbe anche parlare di resistenza interiore. Un piccolo inno personale per chi cerca di restare a galla in un mondo che era confuso negli anni ‘70 e ancora più confuso oggi.
Rocking in The Free World (1989)
Qui troviamo l’altra faccia della medaglia di Neil Young: arrabbiato, politicizzato, elettrico. Questo brano è un attacco frontale all’America reaganiana e ai suoi falsi ideali. Un pezzo che suona ancora attuale oggi. È stato adottato da molte campagne politiche nel corso degli anni, ma Young ha sempre ribadito che è una critica, non un inno patriottico: è stata usata famosamente da Trump durante la sua campagna elettorale, non capendo che essenzialmente parla di lui e i suoi sostenitori.
Queste 4 canzoni di Neil Young vi aiuteranno a capire una leggenda del rock che ancora oggi è rilevante.
Fonte immagine: Amazon (cover dell’album After the Gold Rush)