Acqua in bottiglia: il lato oscuro di un’industria lucrativa

Acqua in bottiglia

L’Italia è la prima in Europa per il consumo di acqua in bottiglia

Un dato sicuramente non positivo né confortante per vari motivi. Con circa 188 litri pro capite all’anno, l’Italia detiene un primato europeo che solleva importanti questioni ambientali e sanitarie. Uno dei fattori principali è l’ammontare di plastica che ogni giorno viene prodotta e venduta sotto forma di acqua in bottiglia che, inevitabilmente, si ritrova in un modo o nell’altro ad inquinare. L’altro motivo ha invece a che fare con la plastica in sé e quanto essa possa essere nociva per la nostra salute. 

Aspetto a confronto Acqua in bottiglia vs acqua del rubinetto
Costo L’acqua in bottiglia può costare fino a 1.000 volte di più di quella del rubinetto
Impatto ambientale La produzione, il trasporto e lo smaltimento delle bottiglie generano plastica e CO2
Sicurezza e controlli L’acqua del rubinetto in Italia è tra le più controllate, con analisi giornaliere
Rischi per la salute Le bottiglie possono rilasciare microplastiche nell’acqua, soprattutto se esposte al calore

Perché continuiamo ad usare così tanta acqua in bottiglia?

Innanzitutto, le persone hanno cominciato a bere l’acqua in bottiglia negli anni dell’industrializzazione, quando le acque erano inquinate a causa delle industrie che rilasciavano residui tossici. Era il metodo migliore per non ammalarsi, ma non comodo, poiché le bottiglie erano di vetro. Successivamente, fino agli anni ‘70, la maggior parte delle persone beveva l’acqua del rubinetto, perché gratuita, sicura e facilmente reperibile.

Il ruolo delle grandi industrie e del marketing

La situazione cambia completamente negli anni ‘70, quando la famiglia DuPont realizza la prima bottiglia di plastica (PET), e da lì la sua produzione non si è più fermata. Anzi, potenti campagne di marketing hanno instillato nel pubblico il dubbio sulla qualità dell’acqua pubblica, promuovendo quella in bottiglia come più “pura” o “unica”. Questo accade per aziende come Fiji, che vende la sua acqua a prezzi esorbitanti. Si capisce che dietro tutto questo c’è sempre il guadagno. Aziende come CocaCola e Nestlé sono tra le prime al mondo per l’utilizzo di plastica, un’accusa formalizzata da report annuali come quello di Break Free From Plastic, che ha più volte indicato The Coca-Cola Company come il principale inquinatore da plastica a livello globale.

L’alternativa sicura: l’acqua del rubinetto

Allora perché così poche persone utilizzano l’acqua del rubinetto? Quasi sicuramente, la risposta è “a causa della disinformazione”. In Italia, infatti, l’acqua del rubinetto è sicura e controllata, come confermato da enti come l’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Gli impianti di depurazione degli acquedotti assicurano l’arrivo di acqua sana nelle nostre case. Basti pensare che se tutti bevessimo l’acqua del rubinetto, ci sarebbe meno inquinamento, sia quello causato dalle bottiglie, sia quello causato dal loro trasporto, diminuendo drasticamente le emissioni di CO2.

I rischi per la salute: le microplastiche

L’inquinamento terrestre causato dalle bottiglie di plastica è un problema enorme. Inoltre, vari studi condotti sull’acqua in bottiglia hanno dimostrato che la maggioranza dei marchi vende acqua che contiene microplastiche, nocive per la nostra salute. Il rischio aumenta se la bottiglia rimane esposta al sole: il calore può accelerare il rilascio di queste particelle, contaminando l’acqua.

Come ridurre il consumo di plastica

Come si può ovviare all’utilizzo dell’acqua in bottiglia? Negli ultimi anni, campagne di sensibilizzazione sull’inquinamento e i suoi effetti hanno incitato all’utilizzo di alternative sostenibili, come le borracce riutilizzabili. Scegliere l’acqua del rubinetto non è solo un gesto per l’ambiente, ma anche un vantaggio per il portafoglio e, potenzialmente, per la nostra salute.

Fonte immagine in evidenza: Pixabay

Articolo aggiornato il: 13/09/2025

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A proposito di Lucrezia Stefania Scoppetta

Ciao! Sono Lucrezia, ho 21 anni. Frequento l’università “L’Orientale” di Napoli, dove studio lingua e letteratura inglese, giapponese, e portoghese.

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