L’Europa non è in uno dei suoi periodi più floridi. I dibattiti più accesi del nostro secolo sono argomenti come il conflitto in Ucraina, le politiche restrittive di Ungheria e Polonia e la progressiva noncuranza di alcuni diritti civili come l’aborto. Oltre a queste tematiche, ce n’è una che non è pienamente considerata all’interno del dibattito pubblico internazionale: la crisi di democrazia nel Sudest Europa. Di esempi ce ne sono parecchi: primo fra tutti Novi Sad quando, il 1° novembre 2024, un tragico crollo del tetto della stazione ferroviaria fece 16 vittime. Un evento del genere è il tipo di esempio che scatena la crisi di democrazie, poiché alimenta una rabbia collettiva per la corruzione e la negligenza del governo “democratico”.
Quest’ultimo non è un evento isolato, infatti gli esempi sono molteplici: in Grecia, l’anniversario drammatico della tragedia di Tempi (28 febbraio 2025) alimenta sentimenti simili; in Nord Macedonia, il rogo nel locale Pulse a Kočani (marzo 2025) è la rappresentazione pratica di un sistema corrotto; in Turchia si è verificato un evento gravissimo: l’arresto dell’oppositore İmamoğlu è diventato, infatti, simbolo di una crescente centralizzazione del potere politico.
Proteste e resistenza: il coraggio dei giovani
In questi contesti, oltre ai cittadini in generale, i giovani giocano un ruolo fondamentale. Parliamo di studenti, attivisti e universitari.
Per esempio, in Serbia si sta sviluppando una progressiva rivolta pacifica che, lentamente, sta facendo emergere sempre di più il problema della crisi democratica. Di fatto, slogan come “Corruzione uccide” e “15 minuti per 15 vite” alimentano un sentimento positivo, che protegge il ruolo politico della democrazia. È una cosiddetta protesta che viene dal basso (bottom-up) che, con marce da centinaia di migliaia di persone, rappresenta un movimento decentralizzato che è il cuore della “rivolta”.
Un po’ più a nord troviamo la Slovacchia: si è assistito a una reazione popolare massiccia che ha fermato (in parte) le riforme autoritarie di Robert Fico (Presidente del Governo della Repubblica Slovacca); un sostanziale rifiuto del filoputinismo.
Infine, in Georgia piazze e strade diventano dei cosiddetti “laboratori di resistenza civile”. Migliaia di giovani sfidano le forze dell’ordine, nella speranza di fermare il tentativo di ritrovarsi in un contesto filorusso.
Controllo, repressione e il ruolo internazionale
Nel momento in cui avviene una repressione e, quindi, un’erosione dei diritti civili, chi interviene? Per esempio, a Novi Sad, venerdì 5 settembre 2025, la polizia ha tentato di disperdere i manifestanti (la maggior parte studenti) attraverso l’utilizzo di gas lacrimogeni e arresti arbitrari.
Chi agisce sul fronte internazionale? In questo caso l’Unione Europea gioca un ruolo fondamentale ma limitato. In alcuni casi, attraverso organi istituzionalizzati dall’UE stessa, ha potere coercitivo nei confronti degli stati (vedi CEDU); ma, nel momento in cui lo stato non fa parte dell’Unione, sebbene sia parte dell’Europa in quanto continente geografico, non può essere assistito. Infatti, l’Unione Europea è spesso guardata con delusione: nonostante, per esempio, la Serbia sia un paese candidato e l’UE investa molto (oltre il 60% degli IDE in Serbia), Bruxelles resta timida, rimanendo più un osservatore che un attore.
La strada verso il futuro: solidarietà e nuovi equilibri
In questo contesto parlare di “futuro” è difficile, soprattutto in un contesto di crisi di democrazie. Tuttavia, non è privo di possibilità di miglioramento: infatti, esistono organizzazioni nate dalla società civile come CRTA (Serbia) che stanno organizzando proteste su scala nazionale e incoraggiando soluzioni alternative. Ad esempio, una delle loro battaglie più grandi è l’ipotesi di un governo transitorio che garantisca elezioni libere e condizioni eque per tutti, socialmente e politicamente.
Quali sono gli step che garantirebbero un domani migliore?
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Maggior vigilanza internazionale
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Investimenti nella libertà di stampa e nella giustizia
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Solidarietà transnazionale
Se viste in questo senso, le crisi di democrazia nel Sudest Europa non sono solo una piaga che potrebbe danneggiare il sistema europeo, ma un possibile esempio di rinascita civile.
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