“La morte a Venezia” è un’opera dello scrittore tedesco Thomas Mann. Si tratta di una novella di cinque atti e per la sua piena comprensione è fondamentale un’infarinatura del pensiero del filosofo Friedrich Nietzsche. Andremo a vedere perché ne “La morte a Venezia” parliamo spesso dei concetti di dionisiaco e apollineo.
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L’influenza di Nietzsche: apollineo e dionisiaco
“La morte a Venezia” risente molto della riflessione sulla tragedia esposta da Nietzsche nella sua opera fondamentale, La nascita della tragedia dallo spirito della musica. In questa riflessione il filosofo afferma che nella tragedia classica attica si ha una sintesi perfetta tra l’impulso apollineo (simboleggiato da Apollo, dio della forma, della misura, della razionalità e della parola) e l’impulso dionisiaco (simboleggiato da Dioniso, dio dell’ebbrezza, dell’irrazionalità, del caos e della musica). Questa coppia di opposti trova l’equilibrio perfetto nella tragedia. L’opera di Nietzsche è consultabile integralmente su archivi digitali come Project Gutenberg.
La novella di Mann presenta già prime somiglianze strutturali con la tragedia classica: ha cinque capitoli così come sono cinque gli atti della tragedia. La trama è semplice: lo scrittore Gustav von Aschenbach, a seguito di un blocco creativo, decide di andare in vacanza a Venezia. Qui rimane ammaliato dalla bellezza di un giovane ragazzo polacco, Tadzio. A fare da sfondo a quest’avventura introspettiva c’è lo scoppio di un’epidemia di colera in città.
Aschenbach: la lotta tra Apollo e Dioniso
Il protagonista de “la morte a Venezia”, Gustav von Aschenbach, incarna l’uomo apollineo. È uno scrittore dedito a un’arte formale e controllata, che ha sacrificato la sua vita per una produzione artistica disciplinata. La sua trasformazione è il cuore della novella.
Elemento | Dimensione apollinea (inizio) | Dimensione dionisiaca (fine) |
---|---|---|
Arte e vita | Controllo, disciplina, sacrificio, servizio alla forma. | Perdita di controllo, abbandono, ricerca del caos e della passione. |
Approccio alle emozioni | Repressione, razionalizzazione del desiderio di fuggire. | Ebbrezza, pigrizia, abbandono totale all’istinto. |
Percezione di Tadzio | Come una statua greca, un ideale di bellezza plastica e perfetta. | Come una fonte di turbamento, passione e caos interiore. |
Il ruolo di Tadzio e di Venezia come simboli
Aschenbach conosce solamente l’apollineo e quando gli si presenta un’emozione di tipo dionisiaca (il desiderio di viaggiare) cerca di avere un approccio razionale. Gli incontri che fa, però, sembrano avere un effetto insolito su di lui, inducendo sensazioni a lui sconosciute. Ne “la morte a Venezia” abbiamo poi Tadzio, che viene presentato come elemento apollineo: è un ideale di bellezza classico, paragonato allo Spinario. Tuttavia, Tadzio diventa per Aschenbach anche un catalizzatore dionisiaco: provoca ebbrezza, lo inebria e apre il protagonista a una nuova dimensione che gli era sconosciuta.
Anche l’ambientazione è fondamentale. Venezia stessa è un simbolo dionisiaco: una città decadente, malata di colera, dai vicoli labirintici e dall’atmosfera umida e sensuale. È il palcoscenico perfetto per la dissoluzione dell’ordine apollineo di Aschenbach.
La dissoluzione finale: il trionfo del dionisiaco
La novella, quindi, racconta la graduale dissoluzione di Aschenbach e il trionfo dell’impulso dionisiaco su quello apollineo. “La morte a Venezia”, il cui testo integrale è consultabile su piattaforme come Liber Liber, è un’opera che va letta con estrema attenzione, cogliendo sia i vari leitmotive sia i riferimenti mitologici. La discesa di Aschenbach nel caos interiore rappresenta una potente allegoria della fragilità dell’ordine razionale di fronte alle forze primordiali e irrazionali della vita.
Fonte immagine: Wikipedia
Articolo aggiornato il: 15/09/2025