La riforma della prescrizione è in vigore: cosa è cambiato

La riforma della prescrizione è in vigore: cosa è cambiato

La riforma della prescrizione è un tema al centro di un lungo e acceso dibattito politico e giuridico in Italia. Le recenti modifiche, prima con la legge “Spazza-corrotti” e poi con la riforma Cartabia, hanno profondamente cambiato il suo funzionamento. Vediamo cos’era, cos’è e cosa sarà la prescrizione penale.

Cos’è la prescrizione e a cosa serve

La prescrizione del reato ha come unico presupposto il decorso del tempo: trascorso un certo periodo fissato dalla legge, e diverso a seconda del tipo di reato, il reato si estingue e non viene più punito. A scanso di indignazioni, fanno eccezione i reati puniti con la pena dell’ergastolo, che sono imprescrittibili, come definito dall’articolo 157 del Codice Penale. Dal punto di vista dello Stato, la prescrizione interviene quando si è affievolito l’interesse a perseguire un reato commesso in un tempo lontano. Si aggiunge la difficoltà di reperire prove attendibili a distanza di molti anni. Per l’imputato, invece, è una garanzia contro l’eccessiva durata del processo, tutelata dalla Costituzione, che comporta costi psicologici ed economici considerevoli anche in caso di assoluzione.

La riforma Bonafede: lo stop dopo il primo grado

La riforma, fortemente voluta dall’allora Ministro della Giustizia Bonafede ed entrata in vigore il 1° gennaio 2020, è l’approdo della battaglia storica del Movimento 5 Stelle contro i tempi lunghi dei processi. Contenuta nella legge “Spazza-corrotti”, applicabile ai reati commessi da quella data, prevedeva il blocco assoluto del corso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, sia essa di condanna o di assoluzione. Nelle intenzioni dei promotori, questa misura doveva garantire la certezza della pena, impedendo che imputati colpevoli sfruttassero la lunghezza dei processi per ottenere l’estinzione del reato.

Chi osteggiava la riforma sosteneva che il processo successivo al primo grado rischiava di diventare potenzialmente eterno, violando la garanzia della ragionevole durata del processo. Lo scenario più temuto era quello di un’assoluzione in primo grado seguita da un appello del pubblico ministero, che avrebbe lasciato l’imputato “sotto processo” per un tempo indefinito.

Fase del procedimento Stato della prescrizione (dopo la riforma Bonafede)
Dalla commissione del reato alla sentenza di primo grado Il tempo per la prescrizione decorre normalmente.
Dopo la sentenza di primo grado (condanna o assoluzione) Il corso della prescrizione era permanentemente bloccato.

La riforma Cartabia: un nuovo cambiamento

Per superare le criticità della riforma Bonafede, è intervenuta una successiva modifica legislativa, la cosiddetta riforma Cartabia. Pur mantenendo il principio che la prescrizione non decorra nei giudizi di impugnazione, ha reintrodotto dei limiti temporali. La nuova disciplina prevede una “improcedibilità” dell’azione penale se il processo d’appello non si conclude entro due anni e quello di Cassazione entro un anno. Questi termini possono essere prorogati in casi di particolare complessità. In sostanza, si è passati da un blocco potenzialmente infinito a una “prescrizione processuale” con tempi massimi per i gradi successivi al primo.

Un dibattito sempre aperto tra garanzie e certezza della pena

A questo punto si manifestano le diverse visioni: le riforme, pur approvate dal Parlamento, portano con sé limiti e rischi. Il giudice emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese aveva espresso preoccupazione per una norma che, nella sua versione originale, rischiava di violare “principi costituzionali e di buon senso”. D’altro lato, secondo dati pubblicati dall’AGI all’epoca, una riforma dirompente come quella iniziale avrebbe coinvolto meno del 3% dei processi. Il confronto con l’Europa mostra che anche in Spagna, Germania e Francia la prescrizione si sospende a processo iniziato, ma in quei Paesi i tempi della giustizia sono mediamente molto più brevi rispetto all’Italia. La questione rimane un delicato equilibrio tra il diritto dell’imputato a un processo di ragionevole durata e l’esigenza della collettività di giungere a una sentenza definitiva.

Fonte immagine: https://pixabay.com/it/photos/giustizia-statua-signora-giustizia-2060093/

Articolo aggiornato il: 06/09/2024

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