Nel Medioevo le spezie erano ingredienti molto amati in cucina perché arricchivano i piatti di aromi e sapori lontani, capaci di trasportare i commensali in mondi esotici e misteriosi. Erano considerate un tesoro prezioso, tanto da essere custodite con cura nelle spezierie dei monasteri o nei forzieri dei nobili. Le spezie che conosciamo oggi, come il pepe nero, la curcuma o lo zenzero, non erano le uniche ad arricchire i banchetti medievali. Ce ne erano molte altre, provenienti da terre lontane, che ai giorni nostri sono per lo più sconosciute ma che, all’epoca, costituivano un simbolo di raffinatezza. Scopriamo insieme cinque spezie dimenticate, capaci di raccontarci i sapori autentici della cucina medievale.
Le spezie dimenticate che profumavano i banchetti medievali
1. Santoreggia: l’erba che dava carattere ai piatti

La santoreggia era molto apprezzata e diffusa in Europa grazie al suo intenso profumo e alle proprietà aromatiche che la rendevano preziosa in cucina. Nell’antichità le si attribuivano virtù afrodisiache: si credeva infatti che potesse liberare dagli inibitori e accendere il desiderio, tanto negli uomini quanto nelle donne. Non a caso era conosciuta come «erba del satiro», richiamando la figura mitologica metà uomo e metà capra, simbolo di passione e di insaziabile appetito sessuale. Per questo motivo, la semina e la coltivazione della santoreggia erano vietate all’interno dei monasteri. Il suo sapore, leggermente pepato con un retrogusto affumicato, la rendeva perfetta per condire legumi e pietanze rustiche. A livello medico, era considerata ottima come rimedio naturale contro le infezioni alle vie urinarie, confermandone l’aura di pianta tanto misteriosa quanto affascinante.
2. Grani del paradiso: i piccoli semi dal gusto esotico

Nel Medioevo i grani del paradiso arrivavano in Europa attraverso il deserto del Sahara. Venivano largamente utilizzati per aromatizzare birra e vino, conferendo alle bevande note speziate e pungenti che oggi ci sembrerebbero insolite. Oltre al loro impiego nelle bevande, i grani del paradiso servivano anche a sostituire il pepe nero nei periodi in cui quest’ultimo raggiungeva prezzi proibitivi, rappresentando così una risorsa preziosa nelle cucine medievali. Oggi questa spezia è poco utilizzata nelle cucine europee, ma resta un ingrediente fondamentale nella tradizione culinaria africana, dove viene utilizzata per insaporire piatti di carne, stufati e bevande tradizionali. Questi semi, inoltre, possiedono numerose proprietà benefiche: aiutano la digestione, stimolano il metabolismo e sono considerati un valido supporto per il benessere generale.
3. Assafetida: l’aroma più sorprendente tra le spezie dimenticate

Il nome potrebbe sembrare poco invitante, ma l’assafetida, nota anche come «finocchio fetido» o «sterco del diavolo», è senza dubbio una delle spezie dimenticate più curiose e particolari. Il nome deriva dal suo caratteristico odore pungente e sgradevole. Questa spezia, ottenuta dalla resina della radice della pianta, è oggi molto utilizzata nella cucina indiana, soprattutto in ricette a base di verdure e riso. Il suo aroma, intenso e penetrante, ricorda l’aglio ma con un tocco speziato simile al pepe nero, capace di trasformare anche le preparazioni più semplici in piatti dal gusto sorprendente. In epoca medievale, l’assafetida veniva apprezzata non solo per il sapore, ma anche per le sue proprietà terapeutiche: favorisce la digestione, ha effetti disinfettanti e sostiene la salute intestinale, risultando un rimedio naturale contro numerosi disturbi gastrointestinali.
4. Pimpinella: l’erba aromatica che conquistava i palati

La pimpinella è una pianta aromatica perenne conosciuta fin dall’antichità, apprezzata sia in cucina che per le sue proprietà medicinali. Il suo nome scientifico, Sanguisorba minor, deriva dalle notevoli virtù antiemorragiche attribuite alla pianta.
Il suo sapore è delicato ma caratteristico, ricordando quello delle noci, con un leggero retrogusto fresco che richiama il cetriolo, conferendo ai piatti un aroma sottile e originale. Le foglie fresche possono essere usate per preparare insalate e per aromatizzare salse, minestre, vino e aceto.
La pimpinella rappresenta un perfetto esempio di come, nel Medioevo, le erbe aromatiche fossero allo stesso tempo ingredienti culinari e rimedi naturali.
5. Galanga: il piccolo tesoro delle spezie dimenticate

Terminiamo questo viaggio tra le spezie dimenticate con la galanga, appartenente alla stessa famiglia dello zenzero. Arrivò dall’Oriente in Europa già nel VI secolo, ma non riuscì a imporsi con lo stesso successo in Italia. Il suo aroma caldo e speziato la rendeva un ingrediente prezioso in cucina e in medicina. Secondo la tradizione, la galanga serviva anche a deodorare l’alito e veniva spesso combinata in miscele con altre spezie. Era inoltre l’ingrediente principale per la preparazione di un liquore molto apprezzato nel Medioevo, l’Ippocrasso, utilizzato nei banchetti e nelle occasioni speciali. La celebre monaca e naturalista Ildegarda di Bingen le attribuì numerose proprietà curative, definendola la «spezia della vita» in grado di alleviare disturbi gastrici, problemi cardiaci e febbri.
Con il passare del tempo, l’uso della galanga in Europa diminuì gradualmente, fino a cadere quasi completamente in disuso. Tuttavia, la spezia continua a essere un elemento fondamentale nella cucina e nella medicina tradizionale del sud-est asiatico.
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