Fabio Celenza, tra musica e comicità: FAFFIGA X-FILES

Fabio Celenza: FAFFIGA X-FILES

Fabio Celenza ha regalato agli spettatori accorsi alla Casa del Jazz di Roma oltre un’ora di spettacolo, atto conclusivo del “FAFFIGA X-FILES” tour.

Diventato noto al grande pubblico per via della sua collaborazione con il programma di La7 Propaganda Live, Fabio Celenza è tornato in tour con il suo nuovo spettacolo “FAFFIGA X-FILES”. Si tratta del seguito del celebrato “Faffiga Experience”, portato in giro per l’Italia nel 2024. Il 24 luglio il comico abruzzese si è esibito sul palco della Casa del Jazz a Roma, come parte della rassegna estiva I Concerti nel Parco 2025.

Una location tutt’altro che casuale, poiché Celenza, laureato al Conservatorio di Pescara, si esibisce accompagnato da una band di tutto rispetto: Pasquale Strizzi (Marcus Miller, Sergio Cammariere, Ghemon) alle tastiere, Emanuele Triglia (Joan Thiele, Mannarino) al basso, Federico Romeo (Domenico Florio, Ainé) alla batteria e Myriam Conte (Faso, Tony Hadley) ai cori. Con loro, ovviamente, lo stesso comico, che sul palco si presenta in kimono e con la sua Fender Stratocaster. 

La comicità musicata di Fabio Celenza

Il rapporto tra musica e comicità è affare antico: dai Monty Python e la straordinaria abilità compositiva di Eric Idle, agli Spinal Tap, passando dai nostri Lillo e Greg con i Latte e i Suoi Derivati, fino alle attuali e apprezzatissime sortite di Valerio Lundini con i Vazzanikki. Ciò che distingue le performance di Celenza, che come detto ha un retroterra accademico sulle spalle, è la peculiare commistione che presenta all’interno dei suoi show.

Se il punto di partenza è la tecnica del doppiaggio o voice-over, con cui il nativo di Vasto reinterpreta le immagini di personaggi famosi intenti a farsi intervistare, questa è sempre accompagnata da basi musicali che si alternano tra il jazz e il funk (e del resto a un certo punto viene anche chiamato in causa James Brown). Così la magia non sta soltanto nel convincere il pubblico a lasciarsi trasportare da un labiale chiaramente falso, eppure tecnicamente credibile, ma anche nel toccare il lato più emozionale e irrazionale attraverso le note.

Il suonato, talvolta improvvisato in alcune sue sfumature come se si assistesse a una jam session, potrebbe anche esistere in solitaria tale è la qualità espressa dalla band sul palco. Eppure la scena rimane incentrata sul doppiaggio, sempre arricchito ora per contrasto, ora per associazione, e soprattutto dotato di uno specifico ritmo.

Lo spettacolo

L’incipit, tenerissimo, è affidato a un video ritraente il piccolo Fabio mentre i suoi famigliari lo incitano a prodigarsi in diverse espressioni facciali a favore di telecamera, una specie di iniziazione comica. Soltanto poi ci si addentra nel repertorio di Celenza, che non si discosta da quello già proposto sul settimo canale. Su un led si susseguono le immagini di personaggi come Trump, Putin, Kim Jong-un, il Dalai Lama, Mick Jagger, Bill Gates, oltre a due ormai classici quali la riunione del Parlamento Inglese e Giorgia Meloni (immancabile la sua “Ollolanda“). I musicisti, disposti ai due lati del palco, accompagnano ogni scena quasi senza interruzioni, con Celenza che solo ogni tanto ringrazia i presenti tra un pezzo e l’altro.

Il dinamismo, in un’ora e dieci che potrebbe altrimenti soffrire della troppa ripetitività, è dato dalle leggere differenze con cui il doppiaggio può svilupparsi. Celenza interpreta sempre i personaggi dal palco, mentre eventuali controparti sono affidate a una registrazione, ma tra loro si alternano monologhi, conversazioni di gruppo e momenti meta-musicali in cui la musica teoricamente sullo schermo è diversa da quella suonata dal vivo. Questo è ad esempio il caso dei Maneskin, con una loro esibizione rivisitata in chiave pizzica, o di un Eros Ramazzotti d’annata trasformato in un trapper che farebbe invidia a Geolier.

Così, oltre a esplorare tutte le possibilità di un genere apparentemente stantio, viene messa in mostra anche la straordinaria abilità dei musicisti, non secondaria alla verve comica dell’esibizione. Non c’è da stupirsi, quindi, se anche il finale è affidato a un momento prettamente canoro: l’esecuzione di Oggi siamo felici (che nella versione in studio si avvale anche della collaborazione di Cesareo), un modo per regalare agli spettatori un ultimo gioioso sorriso.

Conclusione

La comicità di Fabio Celenza oscilla sempre tra il surreale e una sorta di visione satirica delle grandi personalità e dello showbiz, in cui il concetto di intervista e di autopromozione è ridimensionato dagli argomenti spesso triviali messi in bocca a ciascun individuo nel corso dello spettacolo. La sua abilità musicale aggiunge profondità e allo stesso tempo comunica con la nostra parte più infantile. A giudicare dalle risate del pubblico, il connubio pare fare centro.

Fonte immagine in evidenza: Archivio Personale

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