Giovanni Borromeo, primario dell’Ospedale Fatebenefratelli di Roma durante la Seconda Guerra Mondiale, decise di inventare una malattia altamente contagiosa, chiamata Morbo di K. Il suo scopo era quello di ideare un virus talmente infettivo da far desistere i nazifascisti dal continuare le loro persecuzioni nei confronti degli ebrei. Ripercorriamo insieme la sua storia, un esempio di coraggio, altruismo e di straordinaria intelligenza.
Giovanni Borromeo: biografia di un eroe silenzioso
Giovanni Borromeo nacque a Roma nel 1898 da una famiglia di medici. Seguendo le orme familiari, si laureò in medicina e chirurgia, iniziando a lavorare in diversi ospedali della capitale.
La vita di Giovanni Borromeo prima del 1943
Visse la sua giovinezza sotto la dittatura fascista di Benito Mussolini, ma si rifiutò categoricamente di prendere la tessera del partito, una decisione che ostacolerà non poco la sua carriera. Nel 1933, dopo aver sposato Maria Adelaide Mangani, venne nominato primario dell’ospedale Fatebenefratelli di Roma.
L’ospedale Fatebenefratelli: un rifugio per gli ebrei
Sotto la sua guida l’antico nosocomio diventò una delle istituzioni mediche più rinomate e importanti della capitale. Con lui collaborò anche il medico ebreo Vittorio Emanuele Sacerdoti, che riuscì a mantenere il posto presso l’ospedale grazie a dei documenti falsificati. Dopo l’occupazione tedesca di Roma nel 1943 egli, assieme a Borromeo, aiutò moltissime persone ebree a sfuggire dalle persecuzioni nazifasciste, facendole ricoverare con false diagnosi presso il Fatebenefratelli. Questo ospedale, situato sull’Isola Tiberina, divenne un vero e proprio rifugio per gli ebrei perseguitati.
Il rastrellamento di Roma e l’invenzione del Morbo di K
Il 16 ottobre del 1943 a Roma iniziò quello che è passato alla storia come Il Rastrellamento di Roma, una delle retate più pesanti delle truppe nazifasciste contro la comunità ebraica romana.
16 ottobre 1943: il rastrellamento del ghetto di Roma
Il rastrellamento iniziò tra le 5:30 e le 14:30 e avvenne nei pressi di via del Portico d’Ottavia. Oltre 1000 persone, tra uomini, donne e bambini, furono deportate nei campi di sterminio. Alcune persone riuscirono a sfuggire alle SS e a trovare riparo proprio presso il Fatebenefratelli, dove il primario Borromeo decise di ricoverarli con una specifica diagnosi: tutti i pazienti ebrei erano affetti dal Morbo di K.
Morbo di K: come una malattia immaginaria sconfisse la barbarie nazista
Giovanni Borromeo, lavorando come medico, conosceva benissimo i punti deboli dei nazifascisti: essi, spaventati dall’idea di contrarre la tubercolosi, rifiutavano di arrestare qualsiasi persona affetta da quel male.
Vittorio Emanuele Sacerdoti e Adriano Ossicini: gli alleati di Borromeo
Borromeo, insieme all’allora giovane medico Vittorio Emanuele Sacerdoti e al medico antifascista Adriano Ossicini, ebbe così un’illuminazione: l’invenzione di un’infezione – non solo pericolosa tanto quanto la tubercolosi ma addirittura più infettiva – poteva essere un modo estremamente intelligente per tentare di salvare quante più persone possibili; nacque così il fantomatico Morbo di K, una malattia causata da un virus altamente contagioso. Il nome era ispirato alle iniziali degli ufficiali nazisti Albert Kesselring e Herbert Kappler, responsabili tra l’altro dell’occupazione di Roma e dell’organizzazione del rastrellamento. Il 16 ottobre del 1943 le truppe nazifasciste arrivarono anche all’ospedale Fatebenefratelli e decisero di ispezionare il padiglione dov’erano ricoverati la maggior parte degli ebrei. A fermarli fu Borromeo che, grazie alla sua conoscenza del tedesco, riuscì a spiegare alle truppe la pericolosità della malattia da lui inventata, salvando moltissime persone dalla deportazione.
Giovanni Borromeo: un Giusto tra le Nazioni
Dopo molti anni dalla fine della guerra e dopo le testimonianze dei pazienti salvati da Borromeo, nel 2004, lo Yad Vashem (Ente nazionale per la Memoria della Shoah) ha riconosciuto come Giusto tra le Nazioni Giovanni Borromeo per l’aiuto prestato a cinque membri della famiglia Almagià, Ajò e Tedesco.
Il coraggio di Giovanni Borromeo: la testimonianza di Gina Almagià
Tra le testimonianze più importanti, quella di Gina Almagià, che ha raccontato come Borromeo e i suoi collaboratori abbiano rischiato la loro vita per salvare quella di tanti ebrei innocenti. Nel 2019, inoltre, è stato realizzato un film sulla vicenda intitolato proprio Sindrome di K, che ripercorre dettagliatamente la straordinaria storia di Borromeo e dei suoi colleghi Sacerdoti e Ossicini; una vicenda intrisa di coraggio, amore e altruismo, che merita di essere conosciuta e ricordata.
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