Il ratto delle Sabine – il racconto tramandato da Tito Livio

Il ratto delle Sabine - il racconto tramandato da Tito Livio

Il ratto delle Sabine è uno tra i racconti più antichi che hanno a che vedere con la millenaria storia di Roma. Andiamo ad approfondire la versione che è stata tramandata sino a noi dallo storico latino Tito Livio.

Un racconto a metà tra storia e leggenda

Secondo la leggenda romana, dopo la fondazione di Roma, Romolo si preoccupò di fortificarla e in breve tempo, secondo lo storico Livio, divenne così potente tanto da poter competere con tutti i popoli vicini. Romolo cominciò a sentire la necessità di stringere alleanze con le popolazioni limitrofe al fine di assicurarsi una mole di donne attraverso cui permettere alla stirpe romana di prolificare. Uno dei primi popoli con cui quello romano venne a contatto fu quello dei sabini: in particolare, i primi approcci tra romani e sabini si ebbero con lo sbarco dei rifugiati troiani sui lidi laziali. Tuttavia questa popolazione, come tante altre che abitavano i territori confinanti, non risposero al suo appello ed è per questo motivo egli decise di raggiungere il suo obiettivo con l’inganno. Decise di istituire i Consualia, giochi solenni a cui invitò a partecipare i popoli che non avevano risposto alla sua sollecitazione. In particolare, i Consualia erano due festività, celebrate il 21 agosto ed il 15 dicembre, per onorare il dio Conso (dio dei granai e degli approvvigionamenti). Durante il gioco, alla vista di un segnale concordato, i soldati romani estrassero le armi e presero in ostaggio esclusivamente le donne nubili, costringendo alla fuga gli uomini sabini, che promisero vendetta. Alcuni raccontano che furono rapite solo trenta fanciulle, lo storico romano Valerio Anziate affermò che il numero di donne rapite dovesse aggirarsi intorno a 527, per il re di Numidia e Mauretania Giuba II furono 683, mentre il filosofo greco Plutarco stima che siano cadute nel tranello costruito ad hoc da Romolo non meno di 800 fanciulle.

Romolo, però, non permise che alcuna violenza venisse perpetrata sulle donne, anzi offrì loro pieni diritti, oltre ad agevolazioni e privilegi, per convincerle a trattenersi a Roma. Egli stesso trovò moglie tra queste fanciulle: il nome della prescelta era Ersilia. Ovviamente i popoli imbrogliati chiesero di riavere indietro le loro donne, ma Romolo non accettò. Scoppiò, quindi, una guerra che vide Roma uscirne vittoriosa, il che le permise di ampliare i propri confini territoriali. L’ultimo popolo a resistere agli attacchi fu proprio quello dei sabini, che fu in grado prima di conquistare il Campidoglio e poi di combattere una strenua battaglia contro i romani presso il lago Curzio. Ma la leggenda ci narra che, nel bel mezzo della battaglia, le donne rapite si gettarono tra i due eserciti al fine di mitigare lo scontro che era scaturito dall’ira vendicativa dei sabini. Questo gesto diede i frutti sperati: entrambi gli schieramenti si placarono e decisero di stipulare un trattato di pace, con il quale si concretizzò l’unione tra i due popoli.

Il “Ratto delle Sabine” dipinto di Pietro da Cortona

Il primo ad aver trasposto l’episodio del ratto delle Sabine su una tela è stato il pittore ed architetto italiano Pietro da Cortona. Il suo dipinto, che risale ad un periodo compreso tra il 1629 ed il 1630, è conservato nei musei Capitolini, a Roma. In primo piano è possibile scorgere una coppia di personaggi, un uomo e una donna, con quest’ultima che cerca disperatamente di fuggire dalle grinfie dell’uomo che la tiene in ostaggio. Tutt’intorno la scena si ripete con altre coppie, composte da donne sabine che cercano di divincolarsi dalla morsa degli uomini romani.

Pare che nella realizzazione del quadro Pietro da Cortona si sia lasciato influenzare dalla scultura “Ratto di Proserpina di Gian Lorenzo Bernini, dove tuttavia prevalevano una maggiore dinamicità ad agitazione, che nel dipinto di Pietro da Cortona lasciano spazio alla paura e al desiderio di fuggire.

Fonte immagine: Wikipedia

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