All’interno del panorama antropologico e sociale contemporaneo, esistono ben pochi indicatori che riescono a rivelarci qualcosa sulle dinamiche culturali di un popolo, e uno di questi è la relazione che ogni civiltà sviluppa con il consumo di alcol. Riusciamo a distinguere fra due categorizzazioni delle culture del bere, ossia dry culture e wet culture, ma cosa significano realmente? Non rappresentano una semplice categorizzazione del consumo di bevande alcoliche, offrono invece un complesso disegno secondo il quale possiamo comprendere come in ogni Stato si strutturano le relazioni sociali, l’etica lavorativa e i comportamenti umani.
Cosa distingue le culture del bere
La differenza fra wet e dry culture affonda le proprie radici nella religione del popolo in questione, ma anche nel suo territorio e nella sua storia. Le dry culture nascono generalmente in contesti religiosi protestanti, in tradizioni puritane evangeliche che storicamente hanno largamente associato l’assunzione di alcol in ogni sua forma alla degenerazione, dell’amoralità e al peccato. Paesi come il Giappone e la Corea, gli Stati Uniti, ma anche molte regioni del settentrione europeo, hanno sviluppato atteggiamenti restrittivi verso l’assunzione di alcol in setting sociali, preoccupandosi della sua incidenza sulla produttività e l’armonia tra individui. Le wet culture, al contrario, si sono sviluppate in contesti in cui la religione predominante era il cattolicesimo e la geografia territoriale era principalmente mediterranea, terre in cui storicamente l’utilizzo di alcol – tradizionalmente il vino, bianco o rosso che sia – ad uso ricreazionale e vocativo è sempre stato integrato sia nelle pratiche sociali che in quelle rituali. Italia, Grecia e Spagna rappresentano degli esempi lampanti di società dove il consumo moderato, ma comunque ricorrente, di alcol è consentito e normalizzato come una parte integrante dei pasti e degli incontri sociali e familiari.
Il lavoro nelle dry culture
Il comportamento in ambito lavorativo è ciò che realmente marca la differenza fra queste due culture. Nelle dry culture, l’ambiente di lavoro è generalmente considerato puro e sacro, esente dalla distrazione dell’alcol, difatti in questi contesti il consumo di alcol durante gli orari lavorativi è spesso visto come un segno di debolezza psicologica e morale e mancata professionalità – fu teorizzato da Max Weber, che conferma che l’etica protestante del lavoro si manifesta in una separazione più che netta fra vita lavorativa, dove l’alcol non è presente, e vita privata, dove l’alcol è quasi richiesto.
Le politiche aziendali sono sovente rigide ed intransigenti sull’astinenza da alcol, con controlli sistematici e tolleranza zero verso ogni forma di consumo sul posto di lavoro. Quando si hanno degli eventi aziendali, si preferisce una presenza di alcol controllata per evitare possibili eccessi che metterebbero in imbarazzo l’individuo o compromettere l’immagine professionale della compagnia. D’altro canto è affascinante notare che chi fa parte di una dry culture non è che non beva mai, anzi: è proprio a causa del fatto che i ritagli temporali adatti al consumo di alcol sono così limitati, generalmente si tende a toccare alcol al fine di ubriacarsi. È questo il caso dei lavoratori in Giappone, che dopo lavoro bevono fino ad addormentarsi in strada con i loro completi aziendali; è questo il caso dei giovani in Corea, che sono soliti uscire il weekend per fare i loro famosi drinking game e ritrovarsi il giorno dopo con seri casi di hangover – insomma, quelle poche volte che si tocca l’alcol lo si fa con l’intenzione di inebriarsi pesantemente.
Il lavoro nelle wet culture
Le wet culture, al contrario delle dry culture, a causa del loro contesto socio-religioso adottano un approccio più rilassato alla tematica dell’alcol. Mentre le dry culture tendono a privilegiare le interazioni sobrie e pacate, senza troppa emozione o foga, le wet culture privilegiano il rilassamento – è tipico in Francia, ad esempio, far durare una pausa pranzo due ore e fare in modo che includa quasi sempre del vino ad accompagnare le pietanze, in quanto è visto come un aiuto alla comunicazione fluida e al benessere generale, grazie alle sue proprietà inibitrici che, se utilizzate moderatamente, aiutano semplicemente a sciogliere il ghiaccio, in un contesto dove le dimensioni sociali e lavorative si intrecciano. A causa della natura sciolta e permissiva di questo tipo di cultura, non è detto che ogni volta che si tocca alcol, l’individuo sia moralmente costretto ad ubriacarsi, in quanto non vede le bevande alcoliche come anestetizzanti, ma come sostanze ricreative.
Le culture del bere nella contemporaneità
Ad ora siamo in un’era fortemente globalizzata, pertanto i confini fra dry e wet culture si stanno lentamente sfumando, in quanto le generazioni più giovani, che sono continuamente esposti a influenze culturali da ogni dove, stanno pian piano sviluppando approcci più ibridi combinando elementi da entrambe le culture del bere.
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