Nauryz, cos’è davvero? È una rinascita che attraversa secoli e steppe, radicata nella terra e nel tempo. Si tratta di una festa che viene celebrata il 21 marzo, che coincide con l’equinozio di primavera. Un vero e proprio capodanno che segna l’inizio dell’anno nuovo secondo antiche tradizioni persiane, turche e nomadi.
In Kazakistan, così come in altri Paesi dell’Asia Centrale (Kirghizistan, Uzbekistan, Turkmenistan), Nauryz non è solo una ricorrenza folkloristica. È un momento in cui il passato nomade rivive. Durante questa occasione, infatti, si ristabilisce una memoria collettiva legata al ciclo delle stagioni, alla natura, al rinnovamento spirituale e sociale.
Nauryz, cos’è e quando si festeggia?
Come già anticipato, Nauryz si celebra ogni anno il 21 marzo, in coincidenza con l’equinozio di primavera, quando il giorno e la notte tornano in equilibrio. La parola stessa, che deriva dal persiano Nowruz (“nuovo giorno”), indica un inizio, un risveglio della vita dopo l’inverno. Un momento in cui si rinnovano la natura, il legame tra le persone, la memoria del passato. È una festa con una carica simbolica fortissima.
Le celebrazioni possono durare più giorni, spesso dal 21 al 23 marzo, con eventi pubblici, preparazioni rituali e momenti comunitari in cui si rimettono in ordine le relazioni e si condividono gesti di cura e di abbondanza. In Kazakistan è anche un periodo di festività nazionale, con scuole e uffici chiusi, e città trasformate in spazi simbolici: si allestiscono yurte tradizionali, si suonano strumenti a corda come la dombra o il qobyz; si organizzano danze popolari e competizioni sportive tradizionali come il kokpar (una sorta di rugby a cavallo con una carcassa di capra) e in più, si cucina per tutti.
Le famiglie preparano grandi quantità di cibo da condividere con amici, vicini e anche sconosciuti. Durante questa festività, infatti, regna il principio dell’ospitalità e della solidarietà. Si cucina insieme e si offre da mangiare ai più poveri. In molte regioni si compiono anche gesti simbolici di purificazione, come il lavarsi all’alba in fiumi e sorgenti (per iniziare “puliti” il nuovo anno) o il piantare nuovi alberi e fiori. Questi riti sono diffusi soprattutto nelle aree rurali e montane del Kazakistan meridionale e sud-orientale, dove la tradizione nomade è rimasta più viva e meno contaminata dalla modernizzazione sovietica.

Cosa si fa durante il Nauryz?
Tra gli elementi più riconoscibili del Nauryz c’è la preparazione rituale del cibo, in particolare del nauryz köje, una zuppa simbolica composta tradizionalmente da sette ingredienti (carne, latte, farina, grano, cipolla, acqua e sale) che rappresentano rispettivamente abbondanza, forza, purezza, fertilità e armonia. La scelta del numero sette richiama l’equilibrio cosmico e l’idea di completezza. Prepararla e condividerla pubblicamente è un gesto carico di significato: un atto di comunione e apertura verso l’altro.
Durante i giorni di festa, in città e nei villaggi si allestiscono le yurte tradizionali, le tipiche tende circolari dei popoli nomadi, trasformate per l’occasione in luoghi di celebrazione. Vengono infatti adornate con tappeti, tessuti colorati, oggetti rituali, diventando spazi in cui si mangia, si suona, si racconta, si socializza. Le famiglie indossano abiti tradizionali ricamati a mano, tramandati o confezionati per l’occasione, e i bambini partecipano a giochi popolari come il tiro alla fune o il salto con la sacca, che rinsaldano i legami comunitari.
Le tende bianche spuntano come fiori tra le piazze grigie. Le yurte sembrano galleggiare sull’asfalto. Dentro, odore di latte caldo, voci basse. La musica accompagna ogni momento: ovunque si sentono risuonare le note della dombra, lo strumento nazionale kazako, che dà voce ai kui, brani strumentali trasmessi oralmente, legati principalmente alla spiritualità e alla narrazione epica. In molti villaggi vengono ancora recitate poesie orali e leggende sulle origini del Nauryz, mantenendo viva una tradizione narrativa che unisce passato e presente. Nel frattempo, i giovani giocano alla lotta, urlano, cadono, si rialzano ridendo.
A tutto questo si affiancano i riti di purificazione, che preparano spiritualmente all’inizio dell’anno: molte persone si dedicano alla pulizia profonda della casa, alla riconciliazione con familiari e vicini, alla donazione ai più poveri. È un momento per “rimettere in ordine il mondo”, non solo nelle cose, ma nei rapporti e nel cuore. Un nuovo inizio, in cui ciascuno è chiamato a fare spazio, dentro e fuori di sé.

Le origini del Nauryz: tra Persia e steppa
Il Nauryz affonda le sue radici nell’antico capodanno persiano zoroastriano, celebrato sin dai tempi dell’Impero achemenide come simbolo del rinnovamento cosmico e dell’equilibrio tra luce e oscurità. Con il passare dei secoli, poi, la festività si è diffusa a nord e a est, assumendo forme differenti a seconda dei contesti culturali e ambientali, e adattandosi in particolare alle culture turco-nomadi dell’Asia Centrale.
Per i kazaki, popolo tradizionalmente dedito alla pastorizia e alla vita in movimento, il Nauryz segnava un momento cruciale del calendario naturale: il ritorno della transumanza primaverile, che significava la ripresa del pascolo dopo l’inverno e l’uscita dalle zimovka (le dimore invernali dove le famiglie si rifugiavano nei mesi più freddi). Era il momento in cui si aprivano le tende, si tornava a viaggiare, si riallacciavano i rapporti con altre comunità e si ritornava alla vita, in un certo senso. La festa rappresentava dunque un passaggio vitale, non solo simbolico, ma profondamente pratico, scandito dai ritmi della terra e degli animali.
Con l’arrivo del potere sovietico, tuttavia, il Nauryz subì una lunga fase di oscuramento. Per decenni fu vietato, ignorato, o relegato alla sfera privata, perché considerato una manifestazione sospetta di nazionalismo etnico e ovviamente identità pre-sovietica. La sua dimensione collettiva fu sostituita da celebrazioni ufficiali laiche e omologanti. In molte città si perse la memoria rituale e simbolica legata alla festa.

Nauryz oggi: tra identità, folklore e propaganda
Solo dopo il crollo dell’Unione Sovietica e l’indipendenza del Kazakistan nel 1991, il Nauryz è tornato ad essere ufficialmente riconosciuto e celebrato dallo Stato come elemento fondante dell’identità nazionale. Le autorità kazake lo hanno rilanciato come festa popolare e patriottica, investendo in eventi pubblici, restauri di tradizioni e costruzione di una memoria collettiva che guarda al passato precoloniale per rafforzare l’unità del Paese.
Oggi, dunque, il Nauryz rappresenta non solo un’eredità culturale sopravvissuta, ma anche un simbolo politico di autonomia e rinascita, una festa capace di raccontare il percorso di un popolo che ha saputo ritrovare sé stesso anche dopo un lungo silenzio imposto. Questa trasformazione, tuttavia, ha suscitato critiche da parte di intellettuali e artisti come Assem Assaniyaz, che già nel 2024 contestava un approccio al Nauryz troppo spettacolare e poco sostanzioso. Essi vedono nel Nauryz un’occasione mancata per ripensare le radici culturali e spirituali del Paese. Come sottolineato dal giornale locale The Astana Times, infatti, il rischio è che la festa diventi una vetrina dell’identità nazionale ufficiale, costruita dall’alto, e perda la sua dimensione comunitaria e autonoma, specialmente nei contesti rurali e nei quartieri periferici.

Nauryz, Novruz, Nevruz: una festa, tanti nomi
Anche se in Kazakistan si chiama Nauryz, la festa ha nomi diversi in base alla lingua e al contesto culturale. In Iran e in gran parte del mondo persiano si conosce come Nowruz (o Noruz), mentre in Turchia e in alcune zone dell’Asia si chiama Nevruz. In Azerbaigian si dice Novruz, e in tagico Navruz. Tutte le varianti derivano dalla stessa radice persiana (now = nuovo, ruz = giorno), ma nel tempo si sono adattate alle specificità linguistiche, religiose e simboliche di ogni popolo.
In Asia Centrale, il termine Nauryz ha assunto un significato tutto suo, legato in particolare alla memoria nomade, al ciclo delle stagioni, alla rinascita comunitaria ed è quindi diventato elemento identitario per nazioni che hanno cercato di riscoprire le proprie radici dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Nauryz, cos’è? Conclusione
Il Nauryz, quindi, non è solo il capodanno di un popolo, ma un modo antico e silenzioso di stare al mondo. Una pausa rituale che ricorda che tutto può rinascere. Dietro gesti semplici, come una tenda montata in piazza o un piatto condiviso con uno sconosciuto, sembra esserci l’idea rivoluzionaria che il tempo possa essere rimesso in ordine, che si possa ricominciare senza dimenticare. Perché il Nauryz, alla fine, è questo: non un evento da celebrare, ma un principio da ritrovare.
Fonte immagine in evidenza: Wikipedia (Stomac)