Così come accade nella nostra capitale, anche a Madrid il cuore dei tifosi è diviso tra due squadre. Da un lato ci sono i sempre più internazionali blancos, dall’altra il cuore pulsante dei colchoneros. In questo articolo scoprirete la storia di questi ultimi, la storia dell’Atlético Madrid.
Fondazione
Domenica 26 aprile 1903, un gruppo di studenti tifosi dell’Athletic Club de Bilbao residenti a Madrid, in estasi per la vittoria contro il Real (all’epoca chiamato Madrid Foot-Ball Club), decisero di creare una succursale della società bilbaina nel cuore pulsante del paese. Nei quattro anni successivi, nonostante la diversa direzione, rimane semplicemente una squadra affiliata del club basco, fino a quando, nel febbraio del 1907, ottiene il via libera per iscriversi nel registro delle società, diventando, a tutti gli effetti, una squadra totalmente svincolata dal Bilbao, mantenendo, comunque, ottimi rapporti col suo “Adamo”.
Dal blanquiazul al rojiblanco
Le prime divise dell’Atlético Madrid (così come quelle del Bilbao) non furono sempre di colore bianco e rosso. Inizialmente, infatti, le divise delle squadre di calcio venivano prese dai negozi delle squadre inglesi e quelle che venivano utilizzate dalle due squadre spagnole appartenevano al Blackburn Rovers. Negli ultimi mesi del 1909 il giocatore dell’allora Athletic Club de Madrid, Juan Elorduy, fece un viaggio in terra britannica per poter acquistare altre maglie dai Rovers, ma non fu capace di reperirle. Fu così che il centrocampista basco decise di acquistare le maglie bianco-rosse a strisce del Southampton e nel 1911 furono utilizzate per la prima volta dalle due squadre.
L’evoluzione dello stemma
Parte integrante della storia dell’Atlético Madrid passa attraverso l’evoluzione dello stemma. Dal 1907 al 1922 il logo dei colchoneros muta tre volte, ma comunque rimanendo fedele ai cambiamenti effettuati dal Bilbao. Il primo, bianco e azzurro con le lettere A e C incastonate tra loro, cambia nel 1911, quando viene optata una bandiera bianca e rossa che avvolge un pallone di cuoio. Nel 1917 sia l’Athletic che l’Atlético passano ad una versione molto simile a quella attuale del club di Madrid, ovvero uno stemma a scudo diviso a metà, con, da un lato, le strisce bianche e rosse, dall’altro l’immagine rappresentativa della città racchiusa da una cornice blu a stelle. Solo nel 1922 il Bilbao decide di togliere l’azzurro e creare uno stemma simile a quello attuale (a sfondo bianco).
Dopo la difficile decade degli anni ’30, scandita dalla Guerra Civile Spagnola, l’Atlético prende accordi con l’aviazione militare, cambiando il proprio stemma due volte nell’arco di otto anni (dal 1939 al 1947), inserendo le tipiche ali di ferro del corpo militare. Nel 1947 lo stemma ritornerà simile a quello adottato in precedenza, rendendo lo scudo più squadrato. L’ultimo vero e proprio cambio viene effettuato nel 2017, anno in cui la società sente la necessità di effettuare un rebranding, abbracciando i canoni del minimalismo, ma senza modificarne troppo il contenuto. La tifoseria dell’Atlético, però, non d’accordo con la scelta, inizia una vera e propria lotta per ritornare al vecchio stemma, quello a cui si erano affezionati e con cui erano cresciute le varie generazioni di tifosi. La società, dopo sei anni di proteste a suon di “el escudo no se toca” (lo stemma non si tocca) decide di ritornare sui propri passi, dimostrando la forza d’unione e di contatto con la propria tifoseria.
Le due leggende dell’Atlético
Per parlare o anche solo pensare alla storia dell’Atlético Madrid, non si possono non nominare i due volti leggendari che hanno reso i rojiblancos uno dei perni fondamentali del calcio spagnolo. Il primo, senza dubbio, è Luis Aragonés, approdato nelle file dei colchoneros nel 1964. In dieci stagioni, il genio di Hortaleza, colleziona 265 presenze e 123 gol, portando al club tre campionati e due coppe spagnole. Ritornerà da allenatore per tre volte all’Atlético, portandolo alla vittoria di un campionato ed altre tre coppe di Spagna, oltre che, nel 2002, salvare la squadra da un momento difficile che lo vedeva militante nella seconda divisione. La seconda leggenda, più recente, è l’ex centrocampista argentino ed allenatore Diego Pablo Simeone. Anche lui centrocampista, anche lui vincitore di un campionato ed una coppa di Spagna da giocatore, è ritornato a Madrid come allenatore nel 2011 e non si è mosso dalla panchina del Calderón (adesso Metropolitano). Alla guida dei colchoneros si è aggiudicato, oltre due campionati ed una coppa spagnola, due UEFA Europa League ed due Supercoppe europee, una delle quali, giocata proprio contro gli acerrimi rivali del Real.
Coraggio e cuore
Parlando della storia dell’Atlético Madrid risulta quasi doveroso fare un plauso ai valori che hanno portato il club ad essere considerato uno dei migliori d’Europa. Non si parla di trofei, né di gloria, ma di spirito di coesione e di lotta. Tutti coloro che si presentano al Metropolitano sanno che, oltre sfidare la banda del Cholo Simeone, dovranno vedersela anche con la tifoseria, sempre calda, sempre pronta a spingere la propria squadra anche nei momenti difficili. Durante i novanta minuti non mancheranno mai le bandiere e le sciarpe che svolazzano al vento con i cori a supporto degli undici uomini in campo che vestono con orgoglio, cuore e coraggio la maglia bianco-rossa. Questo legame così forte ed intrinseco è dovuto dal rapporto ai limiti dell’idilliaco tra tifosi e società, tutti con un solo obiettivo, tutti con una sola voce a ripetere le parole eterne di Aragonés “ganar, ganar, ganar y volver a ganar” (vincere, vincere, vincere e vincere di nuovo).
Fonte immagine: Wikimedia Commons, Gvlowatch