De/Frammentazione ovvero una storia di impossibilità, Piccolo Bellini | Recensione

De/Frammentazione ovvero una storia di impossibilità, Piccolo Bellini | Recensione

Recensione di De/Frammentazione ovvero una storia di impossibilità, spettacolo di Fabio Pisano, regia di Michele Segreto, con Francesca Borriero, Michele Magni, Roberto Marinelli, andato in scena al Teatro Piccolo Bellini, il 14 novembre.

Nel sistema binario l’alternanza di zero e uno genera una stringa di comando, corrisponde ad un’operazione. Ogni bit dipende dall’altro, da solo quel minuscolo corpo cibernetico non ha senso, è privo di significato. Allo stesso modo, gli esseri umani, inviluppati in una società sterile e apatica, bramano con disperazione una qualsivoglia forma di completamento, un tassello che sia in grado di realizzare il loro puzzle di incompiutezza. Di lenire ferite, abrasioni e abbagli. Dei tragicomici risultati e delle infinite sequenze d’errore che questa ricerca genera ci parla, col suo inconfondibile stile, Fabio Pisano, con un testo deflagrante, ottimamente messo in scena da Michele Segreto.

La frammentazione di un dramma borghese contemporaneo

Novelli sposi, Uno e Moglie, si trovano già intrappolati in una crisi che sembra insuperabile. Avere un figlio è la egoistica soluzione che trovano, ma questa scelta si scontra con la sterilità, fino ad allora mai confessata, dell’uomo. Uno, allora, propone alla donna una bizzarra via d’uscita per scongiurare l’inevitabile rottura. La proposta è tanto audace quanto destabilizzante: coinvolgere il suo migliore amico, Zero, affinché sia lui a supplire alla sua incapacità biologica. Una soluzione estrema, che getta ulteriore scompiglio in una situazione già delicata e che, inizialmente, suscita in Moglie un naturale sentimento di repulsione. Il disgusto, però, cede lentamente il passo a un’intrigante e libidinosa accettazione. Questo equilibrio precario, costruito su un desiderio inaspettato, si complica ulteriormente quando suo marito, assalito da dubbi, manifesta il suo ripensamento.

De/Frammentazione, ovvero una storia di impossibilità, non è un semplice dramma borghese contemporaneo. Lo spettacolo convoglia, in un centro di gravità tutt’altro che permanente, lo spaccato frammentario di tre vite e delle loro interazioni mai davvero autentiche, intrecciandole con un’asincronia che, di volta in volta, sottolinea l’assurdità della situazione e dei personaggi coinvolti.

A tenere unite le fila sulla scena, e a dettare i tempi dell’azione e della narrazione, è un deus ex machina: il didascalia, un ruolo che gli attori ricoprono a turno. Tutto il resto è affidato all’espressività e al talento di Francesca Borriero, Michele Magni e Roberto Marinelli. Nonostante siano volutamente ingabbiati in una drammaturgia che descrive già i silenzi, le emozioni e i pensieri dei personaggi, gli attori riescono nell’ardua missione di caratterizzarli. È la loro interpretazione a colmare, di fatto, il vuoto scavato delle frammentazioni.
Il contesto temporale delle scene, definito solo da vaghe indicazioni su schermo, contribuisce al senso di smarrimento. La scenografia, prevedibilmente minimale, è glabra: un tavolo e delle sedie accompagnano una rappresentazione che si conclude in maniera coerente con gli intenti iniziali, ovvero con una collettiva insoddisfazione. Non consapevoli di sé né dell’altro, Uno, Moglie e Zero, figure quasi sveviane, si troveranno sconfitti dalla loro inettitudine. Come è giusto che sia. Questa non è una favola a lieto fine, ma l’esempio di una sistematica catena di errori che condurrà i protagonisti al dramma dell’impossibilità. Tra noi e i bit, in questo senso, non c’è una reale differenza: siamo codipendenti agli altri. E lo spazio di incomunicabilità che si annida nei rapporti che tendiamo a costruire non genera che solitudine, dolore e repressione.

Uno spettacolo fuori dagli schemi

Vincitore del Premio Fersen per la Drammaturgia 2019, De/Frammentazione ovvero una storia di impossibilità è uno spettacolo tutt’altro che canonico. Fabio Pisano, con l’arguta sensibilità che contraddistingue la sua penna, si muove nel solco delle riflessioni teoriche di Péter Szondi sul dramma moderno e di Hans-Thies Lehmann sul teatro post-drammatico, spingendosi oltre i confini della rappresentazione tradizionale. Richiamando anche le idee di Dario Tomasello sulla drammaturgia italiana contemporanea, l’autore ha costruito un’opera che decompone e ricompone due degli aspetti cruciali dell’esperienza umana: l’amicizia e il matrimonio. E lo fa in maniera volutamente imperfetta, talvolta grottesca, senza mai edulcorarli, come a voler preparare gli spettatori a nuovi interrogativi. A chiedersi quale posto ricoprano invece loro in questa realtà di frustranti non detti che di epico non ha proprio nulla.

Quando dici, poi non puoi più tornare indietro. Non siamo pagine. Siamo uomini.

Fonte immagine per la recensione di De/Frammentazione ovvero una storia di impossibilità: ufficio stampa

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A proposito di Marcello Affuso

Direttore di Eroica Fenice | Docente di italiano e latino | Autore di "A un passo da te" (Linee infinite), "Tramonti di cartone" (GM Press), "Cortocircuito", "Cavallucci e cotton fioc" e "Ribut" (Guida editore)

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