La ragazza sul divano di Jon Fosse | Recensione

La ragazza sul divano di Jon Fosse

Volge quasi al termine la stagione 2023/2024 del Teatro Mercadante di Napoli, ma prima ospita un altro grande successo del regista-attore Valerio Binasco: La ragazza sul divano di Jon Fosse.

«Un’esattezza quasi proustiana»

Con queste parole viene descritto l’allestimento di Valerio Binasco per La ragazza sul divano di Jon Fosse, in cui la storia familiare di una ragazza, futura pittrice eternamente insoddisfatta che vive il dramma dell’attesa di un padre-marito marinaio lontano e quasi totalmente inesistente nelle tempeste del mare, viene sviluppata su due piani, passato e presente, intersecandosi in uno scambio costante quasi come se fosse la trama di un quadro sull’intima e recondita profondità dell’essere umano.

Non è la prima volta che il regista si interfaccia al drammaturgo proveniente dalla Norvegia. Quest’ultimo, mai tradotto in Italia prima del 2006, inizia a essere riconosciuto nel nostro paese grazie al critico Rodolfo di Giammarco, il quale ne cura un’edizione specifica, Teatro – di Jon Fosse, per la casa editrice Editoria & Spettacolo. Ma Binasco ne viene a conoscenza per una serie di “incidenti” di destino, fortunati con il senno di poi.

Infatti, spiega Binasco nel presentare il suo ultimo lavoro La ragazza sul divano di Jon Fosse: «La prima volta me ne ha parlato Franco Quadri, chiacchieravamo al telefono e un giorno lo chiamo per vederci a Milano e lui mi dice: non posso parlare, sono in Norvegia con un autore che dovresti conoscere, si chiama Jon Fosse. […] Passò non molto tempo, qualche mese forse, e me ne parlò Fausto Paravidino […] e lui mi disse: ho trovato lo scrittore che cerchi, si chiama Jon Fosse. Finalmente il terzo rintocco della campana del destino: sono a Parigi e vado in una libreria teatrale e mi metto a sfogliare libri a caso, finché non mi imbatto in un dialogo trisillabico che mi piace moltissimo, guardo la copertina ed è La notte canta. […] Intanto viene pubblicato in Italia, grazie a Rodolfo Di Giammarco, e io piano piano scopro un autore che chiede agli attori di essere puliti: di guardarsi negli occhi, di non atteggiare la voce, di riflettere tra una parola e un’altra».   

E da quell’incontro si approfondisce un interesse profondo da parte del regista-attore per l’autore scandinavo, nonché una “collaborazione” proficua che negli anni porta Binasco alla realizzazione di vari suoi testi. Questo fino ad arrivare a oggi, con la pièce attuale di La ragazza sul divano di Jon Fosse, di scena al Teatro Mercadante di Napoli dal 7 al 12 maggio, tradotto da Graziella Perin, con la regia di Valerio Binasco e l’interpretazione dello stesso insieme a Isabella Ferrari, Pamela Villoresi, Michele Di Mauro, Giordana Faggiano, Fabrizio Contri e Giulia Chiaramonte.

La ragazza sul divano di Jon Fosse: un affresco sull’umanità

In La ragazza sul divano di Jon Fosse, una donna ormai matura guarda i suoi quadri, quelle che dovrebbero essere le sue creature, l’espressione profonda del proprio io. Forse proprio per questa funzione estremamente intima dell’arte, quella stessa donna non è soddisfatta e ricorda, vive e rivive come un punto ossessivo il suo dramma: si rivede ragazza, seduta sul divano in attesa di essere amata da un padre inesistente perso tra le intemperie, da una madre in perenne conflitto, da una sorella che grida sfrontata la sua sofferenza. E quei quadri hanno l’esatta essenza di questa attesa, sono incompiuti, schizzi di colori in forme irrealizzate.

Valerio Binasco con La ragazza sul divano di Jon Fosse mette in scena il senso di una drammaturgia che per essere compresa va vissuta e, quindi, riportata su quelle tavole di legno. È una dinamica drammaturgica basata sui silenzi, su spazi di un apparente nulla, ma è proprio lì il fulcro: non si tratta di vuoti, bensì di continui scambi di energie emotive inesprimibili altrimenti se non riportate sul palco per essere vissute con anima e corpo. Ne risulta conseguenzialmente un andamento scenico lento, dai tempi e dagli spazi tanto dilatati quanto lo richiede la drammaturgia agli attori, e al regista che li coordina, di essere presenti a sé stessi, a contatto con un’interiorità che non può essere parlata ma che va vista, sentita, vissuta. Binasco vi legge anche un certo humor, tutto sommato anche tipico della sua regia, ma sicuramente si rapporta a una pièce molto meno frizzante e molto più flemmatica, neanche tanto facile. Eppure, è altrettanto interessante notare come questo diventi uno spunto metateatrale per percepire la capacità del teatro di aprirsi alla vita e di essere vita.

Fonte immagine di copertina: Teatro Mercadante di Napoli 

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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