Ninfa Plebea – la favola in musica | Recensione

Ninfa Plebea- la favola in musica | Recensione

Lo scorso giovedì 10 luglio al teatro Sala Assoli di Napoli è andata in scena la prima dello spettacolo Ninfa Plebea – la favola in musica, con la regia di Rosalba Di Girolamo per Campania Teatro Festival.

Protagonista della pièce ancora, la stessa poliedrica ed eclettica Rosalba Di Girolamo, attrice e architetto, presidente dell’Associazione culturale BabaYaga, che si occupa di teatro e audiovisivo, formazione ed eventi culturali.

Oltre a Rosalba Di Girolamo, sul palco anche Antonello Cossia, Annalisa Madonna (voce), Jennà Romano (musica dal vivo), Luna Fusco, produzione Babayaga Teatro.

L’assistente alla regia è Mattia Tammaro, i costumi e gli oggetti di scena sono curati da Rosa Ferrara, il progetto fotografico è di Nunzia Esposito, la Consulenza al progetto è di Roberta D’Agostino, il direttore tecnico è Carmine Giordano, il direttore di produzione è Flavio Di Fiore, infine, lo spettacolo è patrocinato da: Fondazione Premio Napoli, Comitato centenario Domenico Rea, UIL CAMPANIA.

La storia di Ninfa Plebea – la favola in musica

«La vuoi sentire la storia di Catuccia quando nel bosco incontrò un orco peloso e grosso come una montagna?»

Questo è l’ambivalente e suggestivo incipit dell’ultimo adattamento teatrale Ninfa plebea – favola in musica, dello strabiliante cunto di Rea.

Ninfa Plebea – la favola in musica è liberamente tratta dal romanzo best seller dello scrittore e giornalista di origine partenopea, Domenico Rea, il quale ha ottenuto, grazie ad esso, l’ambito Premio Strega.

La narrazione è ambientata a Nofi (nome di fantasia per indicare in realtà la zona di Nocera inferiore), sita nella periferia napoletana.

Il cuore puro di Miluzza

In questo contesto di profonda miseria e degrado umano si colloca la vicenda personale della giovanissima Miluzza,  situata a livello temporale nel periodo che va dagli anni Trenta ai Cinquanta del Novecento, e, così, altresì la storia della sua umile ma coesa famiglia.

Miluzza è molto molto bella, talmente tanto da trasudare sensualità a ogni respiro e gemito, e tanto anche da far girare la testa agli uomini e, persino, qualche volta, alle donne, suoi compaesani. Sotto la spinta degli insegnamenti lascivi materni, possiede, oltretutto, un rapporto felice quanto naturale con la propria sessualità che, pertanto,  vive con estrema disinvoltura, attraendo così, alla stregua di una vera calamita, una fauna di individui reietti, dalla condotta assai discutibile, che si aggirano nei meandri della sua comunità ipocrita e perbenista.

I significati e le metafore ulteriori di Ninfa Plebea

Proseguendo nel racconto, ad un certo punto, il nonno dirà a Miluzza: «Bisogna sopportare con umiltà il proprio puzzo perché ognuno di noi è come una casarella o un basso: gli occhi ci sono per vedere chi viene  a cercarti, con la bocca si chiama, si parla, si canta, si ama, si bacia, si litiga e si bestemmia, le mammelle sono le sedie del salotto, che è il ventre, e in fondo al corpo, come in fondo al basso, c’è il cesso che puzza proprio perché la gente non se ne vada di capa e si ricordi di essere animale».

Nel suggerire l’importanza di imparare a distinguere le “puzze” dai “profumi”,  Ninfa Plebea rappresenta probabilmente da più angolazioni la traduzione neorealista e più cinica della fiaba tradizionale, ossia, quella in cui gli “orchi” questa volta non hanno necessariamente fattezze mostruose ma sono persone di malaffare e malfidate che vogliono approfittare di una creatura come Miluzza, incantevole e quantomai pura, nonostante il suo vissuto e la sua classe sociale poco abbiente non cospirino a favore della sua credibilità.

Il segreto del candore di Miluzza, tuttavia, forse risiede proprio nella sua capacità ammirevole di amare, aldilà degli schemi e delle categorie, e di oltrepassare altresì ogni orrore perpetrato dalla guerra, il cui complesso scenario va a determinare il panorama in cui si innesta la narrazione.

Ma, probabilmente, Ninfa Plebea è anche un po’ Napoli se lo vogliamo; è Partenope, sirena che, fin dalla sua nascita, dalla sua dolce e amara emersione, non ha fatto altro che unire chiari e scuri, trasparenze e oscurità, mantenendo, comunque, in questo gioco di ombre cinesi, sempre nitida, in ogni caso, la propria identità e anzi caratterizzandola e connotandola sempre maggiormente, via via, in tal senso.

Rosalba Di Girolamo afferma tra le note di regia: «Ninfa Plebea è un romanzo sulla purezza ed è anche un romanzo sull’abuso. Entrambi i temi sono sapientemente nascosti tra le pieghe di un linguaggio crudo e visionario, scuro e coloratissimo, e mai consolante. Insieme ai miei colleghi abbiamo voluto creare una narrazione che procede per quadri musicali e cromatici, che evocano più che descrivere, affrontando un tema tanto delicato con leggerezza e crudezza al tempo stesso, nel desiderio di rendere onore al linguaggio del cunto tanto amato da Rea».

Una esibizione imperdibile

Portentosa e superlativa, come sempre, la performance recitativa di Rosalba De Girolamo, il cui talento artistico non smette davvero mai di sorprendere.

In sala anche la figlia di Domenico Rea, Lucia, che, emozionata e tra le lacrime, descrive come “strepitosa” l’interpretazione del dramma. Idea condivisa anche dal pubblico in sala che ha dedicato un lungo applauso agli attori a fine spettacolo.

Fonte immagine: ufficio stampa

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A proposito di Clelia Moscariello

Clelia Moscariello nasce il 13 aprile nel 1981 a Napoli. Nel 1999 consegue la maturità presso il Liceo Classico Vittorio Emanuele II della stessa città e nel 2008 ottiene la Laurea in Scienze della Comunicazione con il massimo dei voti: 110/110 con lode. Appassionata di musica, cinema, moda, estetica e scrittura creativa, nel 2008 ottiene il diploma di consulente letterario e redattrice di case editrici da qui lavorerà fino a diventare giornalista pubblicista e collabora con le testate Periodico italiano magazine (www.periodicoitalianomagazine.it), Laici (Laici.it), “Il Giornale del ricordo” (www.ilgiornaledelricordo.it), “Il quotidiano nazionale indipendente L’Italiano news” ( https://www.litalianonews.it/), “Pink magazine Italia”, (https://pinkmagazineitalia.it/), "Eroica Fenice" (https://www.eroicafenice.com/)“Leggere: tutti”" (https://leggeretutti.eu/) ed il blog “Border Liber” (https://www.borderliber.it/) . Nel 2010 pubblica con Davide Zedda La Riflessione la prima silloge di poesie e racconti intitolata “L’ultima notte da falena”. Nel 2017 esce la sua seconda raccolta di poesie intitolata “Questa primavera” per Irda Edizioni. A luglio 2018 esce la raccolta di ballate, “Battiti”, per le Mezzelane Casa Editrice. A novembre 2021 esce la sua nuova raccolta di ballate e racconti, intitolata “Io non amo le rose”, pubblicata dalla “Pav Edizioni”. Attualmente, oltre al suo lavoro di giornalista, Clelia Moscariello collabora con diverse agenzie pubblicitarie ed editoriali come copywriter, tra le quali la DotGhost. Dal 2018 si dedica come autrice, blogger e come social manager alla sua pagina social “Psico Baci” riguardante le citazioni letterarie e la fotografia d’autore e al blog ad essa collegato: https://frasifamose.online/. È recente il suo esordio come conduttrice radiofonica presso diverse web radio, tra le quali “Radioattiva” ed “Extraradio”. Di recente, infine, ha conseguito una certificazione di recente in web marketing ed in social media marketing presso la scuola di Milano Digital Coach e collabora con il progetto “Amori.4.0” nel team di professionisti come giornalista e scrittrice, specializzata nelle tematiche di consapevolezza ed empowerment femminile, di mainstreaming di genere, di abbattimento degli stereotipi riguardanti l’educazione e di sensibilizzazione culturale relativa all’essere donna.

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